La protagonista dello spettacolo (prima produzione Magnitudo Nove) Orsetta ha girato l’Italia conquistando il cuore degli spettatori e delle spettatrici, che ritrovano in lei “molte delle nostre idiosincrasie ed ossessioni.” Orsetta, single quarentenne, pressata da madri e amiche preoccupate, decide di realizzare il sogno di una vita: trasferirsi in un cottage in campagna, con marito e figli e dipingere acquerelli. Tra speed date, sedute d’analisi, ex fidanzati e regali inaspettati, dodici quadri scandiscono gli alti e bassi di una ricerca che la porterà a scoprire il valore del suo spazio interiore.
Ci racconti la genesi di questo progetto?
“Un giorno, per un provino, mi chiesero un monologo comico di un minuto. Non avevo nulla di pronto e non avendo il tempo di andarmi a spulciare testi e raccolte, decisi di scrivermelo. Da qualche tempo sentivo la necessità di raccontare qualcosa che mi interessasse davvero, complice una discreta insoddisfazione verso i progetti che mi venivano proposti dall’esterno. È nata così la prima scena dello spettacolo, il colloquio tra Orsetta e l’analista della ASL. Il pezzo ebbe un enorme successo (ed io ottenni la parte), tanto che lo ripresentai in un altro paio di audizioni. Se mi chiedevano l’autore, rispondevo che si trattava di un giovane autore inglese–in Italia hanno grande seguito, qualsiasi cosa scrivano! Nel frattempo, nella mia testa, la storia e il personaggio si andavano arricchendo di particolari, fino a saturarla e a costringermi a mettere tutto nero su bianco. Non era il primo testo che firmavo, ma era il primo che avevo davvero urgenza di mettere in scena. In meno di un mese era pronto. Anche il nome della protagonista mi è stato regalato ad un provino: l’attrice che mi precedeva nella lista si chiamava Orsetta. Mi sembrò perfetto per la mia anti-eroina. Di lì a poco, il progetto venne selezionato per la finale del premio Laura Casadonte. A quel punto la macchina si mise in moto: chiesi a Sonia Barbadoro, carissima amica e straordinario talento comico (e non solo), di curare la regia e insieme abbiamo dato corpo al Cottage tutto per sé.”
Quali sono i punti di forza dello spettacolo? Perché è da vedere?
“All’interno del racconto, apparentemente banale, si nascondono delle profonde verità, nelle quali il pubblico, non solo quello femminile, si identifica. Lo spettacolo racconta una storia molto semplice: al giro di boa dei quarant’anni, se non ha ancora un marito e dei figli, una donna non è considerata davvero realizzata. Orsetta è a quel punto della vita e vuole porvi rimedio. Orsetta è un personaggio senza filtri, si presenta con tutte le proprie debolezze e fragilità. La sua ricerca di realizzazione, la sua paura della solitudine, la sua incapacità di riconoscere la propria ricchezza interiore vengono scandite dal passare dei mesi, dal variare degli ambienti e degli interlocutori in dodici quadri, nei quali la nostra anti-eroina condivide il proprio mondo, canta i suoi sogni e piange partenze, tra risate e commozione. Una commedia pulita, dove riconoscere molte delle nostre idiosincrasie ed ossessioni.”
Cosa significa per te andare in scena a NY?
“Una straordinaria avventura, una chiusura di un cerchio, se vogliamo. Il percorso del Cottage quest’anno tocca il terzo anno di repliche in Italia, abbiamo avuto riscontri e recensioni ben più che gratificanti, sto lavorando al mio prossimo spettacolo; mi piaceva regalare a Orsetta questa esperienza straordinaria. Avendo vissuto e lavorato molti anni a Los Angeles, ho avuto il piacere di andare in scena nella West Coast e nella East Coast; ma stavolta è un progetto tutto mio, una sfida vinta con l’aiuto di persone magnifiche, che mi hanno appoggiata, sostenuta e hanno voluto farne parte insieme a me. Proporre lo spettacolo in inglese è una scelta, concordata assieme a Laura Caparotti e Donatella Codonesu, che rappresenta il compimento di un obiettivo.”
Credi che Orsetta rappresenti le quarantenni di oggi?
“Assolutamente sì. Ma anche le trentenni e le cinquantenni! C’è una Orsetta in ognuno di noi! E la reazione del pubblico in ogni replica lo conferma. Gli spettatori uomini, poi, riconoscono in Orsetta le nevrosi e fragilità delle loro fidanzate o sorelle. Ma, i più coraggiosi ce lo hanno confessato, anche le proprie. Pensiamo a quante persone, a fine replica, vengono a farsi fotografare con me/Orsetta, sul palco, o ci mandano le loro foto accanto alla locandina, riconoscendo un po’di sé nella nostra anti-eroina ed entrando a far parte degli amici di Orsetta presenti sulla pagina dedicata del sito Magnitudo Nove. Una proposta iniziata per gioco e ormai diventata un appuntamento fisso di ogni spettacolo.”
Quale messaggio vuoi trasmettere al pubblico con questo spettacolo?
“Mentre Orsetta veniva a trovarmi in punta di piedi per raccontarmi la sua storia, mi è tornato per le mani il volumetto di Virginia Wolf: a guardare bene, le cose non sono mica tanto cambiate. Quella Stanza tutta per sé, dalla scrittrice tanto auspicata, tante donne di oggi riescono nei fatti a ritagliarsi, ma resta comunque accessibile solo attraverso una porticina lillipuziana, che si apre dalla stanza del cucito, passando per la camera della lavatrice, dietro la cucina, attraversando la camera dei bambini, a lato della stanza matrimoniale, dietro la grande sala da pranzo dominata dall’imponente ritratto di famiglia. Eppure l’altra entrata di quella stanzetta tutta per noi si trova proprio lì dietro, in un magnifico giardino silenzioso pieno di fiori e di gatti dal sorriso radioso. Da qui il nostro titolo, che va a parafrasare in chiave ironica e parossistica quello della Wolf. Orsetta non si rende conto di avere, già all’inizio del nostro racconto, tutto quello che le serve per essere felice e soddisfatta: amici e affetti, una vita ricca, una attività autonoma e di successo, interessi e passioni. A fine percorso però avrà forse imparato l’importanza di amarsi per come si è, ad apprezzare le proprie particolarità, a riconoscere le proprie ricchezze interiori ed esteriori, a saper stare da soli. Perché né un partner, né un figlio, né uno status potranno mai definirci o completarci, ma solo arricchirci.”
Ci racconti un aneddoto sulle prove e/o sulla messa in scena dello spettacolo?
“Con Sonia, avendo entrambe vite piuttosto articolate tra famiglia e lavoro, abbiamo provato un numero esiguo di ore, ma non ci siamo fatte mancare nulla: ogni proposta veniva accuratamente messa in pratica, prima di venire accettata o scartata. Gli elementi fin da subito chiari, in fase di scrittura, sono stati la scansione in quadri, gli interlocutori esterni e la sedia. Tutto il resto è il frutto di improvvisazioni e di proposte nate durante le prove. Tra le tante, un giorno io arrivai con un paio di tergicristalli, che, nella mia follia, pensavo a muovere a ritmo costante, mentre piangevo copiose lacrime di dolore per essere stata, ancora una volta, mollata. Non riuscivamo mai a provarla, quella scena, tanto ridevamo per l’assurdità della situazione.”
A Cottage of One’s Own andrà in scena presso il Bernie Wohl Center (Manhattan) il 1 maggio alle ore 21 e presso la Casa italiana Zerilli Marimò (Manhattan) il 3 maggio alle ore 20.
Per maggiori info: InScena!