È un Christian Bale davvero irriconoscibile, ma sempre superlativo, quello che si può ammirare in “Vice-L’uomo nell’ombra“, nuovo film di Adam McKay, poliedrico “factotum cinematografico”, formatosi nella tanto celebrata serie tv “Saturday Night Live” (sceneggiatore e poi regista dal 1995 al 2001), attore e già apprezzato regista di “La grande scommessa” (Oscar nel 2016 come “Migliore sceneggiatura non originale”).
Bale veste i panni di Dick Cheney, vice-presidente degli Stati Uniti durante l’amministrazione di George W. Bush (43mo presidente americano e figlio di George Herbert Walker Bush, 41mo presidente) e per renderlo credibile il bravo attore gallese, non nuovo a camaleontiche trasformazioni fisiche, ha messo su 20 Kg (da non dimenticare che per il ruolo di un emaciato sofferente d’insonnia in “L’uomo senza sonno”, thriller di Brad Anderson, perse quasi 30 Kg!).
Il film di McKay presenta, attraversando mezzo secolo, uno sguardo inedito e non convenzionale sul complesso viaggio personale e politico di Dick Cheney, da operaio elettrico nel rurale Wyoming a “presidente di fatto” degli Stati Uniti, facendoci riflettere sull’uso, e abuso, in modo anche inquietante, del potere istituzionale. La dicotomia di Cheney, tra amorevole padre di famiglia e burattinaio politico è raccontata con intelligenza e audacia narrativa.
Come già il titolo fa capire, il film è un ritratto dell’uomo che, nell’ombra, praticamente pensò e guidò le scelte americane più importanti, di politica interna ed internazionale, a partire dal 2001, quando fece il suo ingresso alla Casa Bianca dopo la vittoria presidenziale di George W- Bush, che lo aveva scelto come vice-presidente nel suo ticket elettorale. Prima di allora Cheney, dopo aver iniziato a frequentare gli ambienti politici negli anni ’70, si era ritirato nel 1995 per diventare presidente ed amministratore delegato di Halliburton, una delle più grandi aziende petrolifere ed edilizie degli Stati Uniti. Tra le tante cose di cui Cheney è famoso c’è senz’altro la “dottrina dell’un per cento”, da lui usata per giustificare l’intervento militare in Iraq – pur non esistendo prove certe del ricorso all’armamento atomico di Saddam – e distogliere così l’attenzione dei media dai tanti problemi interni americani. Nessuno può dimenticare la frase da lui coniata in quell’occasione per rinforzare quella scelta. “Se esiste un’un per cento di probabilità che qualcosa costituisca una minaccia, gli Stati Uniti sono tenuti a reagire come se la minaccia fosse certa al cento per cento”. Insomma, possiamo dire che proprio da lì ebbe inizio il ricorso, oggi tanto usato da vari politici, anche nostrani, di “fake news-notizie false” per screditare l’avversario. Il film si può considerare come un tassello essenziale del puzzle che ci fa capire come mai siamo arrivati ora ad un momento storico, in cui il consenso politico è raggiunto attraverso la pubblicità, la manipolazione e la disinformazione. Dick Cheney era al centro, il capofila di questo cammino.
Businessman con grandi aspirazioni, Cheney non è per nulla interessato ad un ruolo di semplice presenza e quando George W. Bush (un bravissimo Sam Rockwell-“Tre manifesti a Ebbing, Missouri“) gli chiede se accetta di far parte del suo ticket presidenziale, gli risponde deciso: “Comunque, prima di continuare, sappi che se dovessimo avere idee differenti io sono più preparato a gestire fatti mondani, della vita comune”. Insomma, vuole occuparsi quindi “solo di “poche cose”: energia, burocrazia, problemi militari e politica estera, esercitando un controllo quasi totale alla casa Bianca.
Il film segna anche il ritorno di Christian Bale a far coppia con la tre volte candidata all’Oscar Amy Adams, sua co-star in “The Fighter” e “American Hustle-L’apparenza inganna“: qui interpreta Lynne Cheney, la straordinaria e fedelissima moglie dell’intelligente e abile braccio destro di uno dei presidenti più contestati della storia degli Stati Uniti.
Dick Cheney era un appassionato di pesca con la mosca, uno sport che richiede pazienza, virtù che gli è servita molto per la sua metodica ascesa, sia in politica, sia negli affari: tuttavia niente di tutto ciò avrebbe avuto rilevanza senza l’incoraggiamento e l’ambizione di sua moglie. Bocciato da giovane alla prestigiosa Università di Yale e arrestato un paio di volte per guida in stato di ebbrezza, Cheney fu aiutato da sua moglie a rimettersi in sesto. “Senza dubbio è stata la natura ambiziosa di Lynne a trasformare Dick Cheney. Quelli che allora la conoscevano, dicevano che chiunque l’avrebbe sposata avrebbe fatto molta strada. In caso contrario, Dick sarebbe finito a vivere una vita tranquilla nel Wyoming, come i suoi fratelli”, ha detto il regsita McKay, che per il fim ha lavorato per anni ad una documentazione approfondita del “presidente di fatto”.
Come già con “La grande scommessa“, Adam Mckay ha creato con “Cold War” un altro film ibrido, né rigorosamente drammatico né rigorosamente comico, ma usando elementi di entrambi i generi.