Eccoci alla cerimonia di premiazione di questi David di Donatello 2017, il riconoscimento più importante per il cinema italiano in Italia. Sembrerà banale, ma il fatto è che tutti i premi di questo tipo (fatta eccezione per l’Oscar naturalmente), dal francese César all’inglese Bafta allo spagnolo Goya, restano dentro i confini nazionali, e penso che forse sarebbe utile ripensare a queste formule che ormai hanno perso parte del loro significato anche perché, giusto o sbagliato che sia, sempre di più i film si vedono online, sulle piattaforme digitali o ai festival internazionali, raggiungono e devono raggiungere anche altre platee, quindi i confini nazionali, almeno quanto a cinema, valgono sempre meno.
Detto ciò, facendo io parte della sterminata e variegata giuria del David di Donatello, questo mio breve commento sarà personale e molto parziale, ma non c’è da preoccuparsi perché film, registi, attori e attrici per cui voto io non finiscono quasi mai in cinquina, quindi faccio parte di una minoranza silenziosa e totalmente ininfluente.
Molti dei principali riconoscimenti se li sono spartiti La pazza gioia di Paolo Virzì e Indivisibili di Edoardo De Angelis, film diversissimi tra loro, ciascuno con delle qualità importanti ma in generale non quelle per cui sono stati premiati. Curioso, o forse no, capita spesso in tutti i concorsi del mondo. La pazza gioia si è aggiudicato i due premi più importanti, il David al miglior film e al miglior regista, dove film e regia mi sono sembrati molto ‘medi’ (in un film pur brioso e curato diretto dal talentuoso Virzì), non ho visto pensiero né coerenza tra stile registico e soggetto e modo del racconto, tra forma e contenuto, aspetto invece ben curato da Claudio Giovannesi per il suo Fiore, dove quel racconto è stato fatto con quella regia, e dietro a ogni scelta narrativa, stilistica, visiva, c’è un pensiero, una scelta, una coerenza di linguaggio. Ma forse questo non siamo stati in molti a pensarlo, o forse non è stato considerato importante. Fiore ha vinto invece per il miglior attore non protagonista, Valerio Mastandrea, che è un bravo attore e lo sappiamo ma è anche vero che gli viene sempre offerto lo stesso ruolo, che fa sempre più o meno allo stesso modo. Secondo me anche Mastandrea prima o poi vorrebbe fare qualcosa di diverso! Vedremo.
La pazza gioia si è poi aggiudicato il David per la miglior attrice protagonista, Valeria Bruni Tedeschi, brava, ma mi ritrovo sempre a pensare che per un attore o un’attrice quello del ‘matto’ (qui della matta, esuberante e sopra le righe, seppur sofferente) non sia certo il ruolo più difficile da interpretare. A seguire, anche i David alla miglior scenografia e acconciatura.
Quindi Indivisibili: un piccolo film coraggioso da un punto di vista della produzione (i produttori Attilio De Razza e Pierpaolo Verga sono stati giustamente premiati con il David), delle scelte registiche e dello stile visivo, che invece ha vinto per la miglior sceneggiatura originale, non il suo punto forte, e per l’attrice non protagonista, Antonia Truppo, che è brava ma qui mi sembra meno che altrove, più che altro per il personaggio poco convincente che interpreta. A Indivisibili sono anche andati i David per i costumi, le musiche, la canzone originale.
Parecchi premi (6, come Indivisibili) sono andati a quello che era visto come un outsider, Veloce come il vento di Matteo Rovere che, oltre al premio a Stefano Accorsi come miglior protagonista (qui mi sa che è anche questione di gusti) e alla miglior fotografia (a Michele D’Attanasio, sicuramente questo è un film da questo punto di vista più difficile di altri), ha vinto anche come miglior montaggio (a Gianni Vezzosi). E poi alcuni premi cosiddetti tecnici: miglior trucco, suono ed effetti digitali.
Il David per la miglior sceneggiatura non originale è andato più che meritatamente a Gianfranco Cabiddu, Ugo Chiti e Salvatore De Mola per La stoffa dei sogni dello stesso Gianfranco Cabiddu.
Tra i documentari, non eccelsi, ha vinto Crazy for Football di Volfango De Biasi, il David alla miglior opera prima è andato a La ragazza del mondo di Marco Danieli mentre il miglior cortometraggio è stato giudicato A casa mia di Mario Piredda.
Miglior film dell’Unione Europea è I, Daniel Blake di Ken Loach (quasi fuori tempo massimo visti i piani di Theresa May, ancora pochi mesi e sarebbe stato squalificato) e miglior film straniero è Nocturnal Animals di Tom Ford, bello anche se non quanto il precedente e sebbene in cinquina con lui ci fossero anche Paterson, film piccolo e prezioso di Jim Jarmush, il curioso e intelligente Captain Fantastic di Matt Ross e il sottovalutato Sully di Clint Eastwood – film di ambientazione newyorchese, anzi, ‘hudsoniana’, un po’ di sano campanilismo d’oltre oceano!
Uno Speciale David di Donatello è andato a Roberto Benigni che personalmente mi piace molto ma non ho ben capito in che senso è speciale questo David… credo sia una cosa tipo liberi tutti e ognuno voti il regista che gli sta più simpatico! Benigni al Quirinale ha fatto il suo show, sempre esilarante, mentre alla serata dei David, nel suo discorso di accettazione del premio, era commosso, e ha detto che il cinema italiano è il più bello è importante del mondo. Non so se sia proprio così, di film belli e autori bravi ce ne sono veramente dappertutto, basta avere la voglia e la curiosità di guardare, ma detto da Roberto Benigni direi che ci sta.