Raccontare Stefano Massini, uno degli autori contemporanei più rappresentati in Italia e in varie parti del mondo, non è facile. Leggendo la lunga e intensa biografia che si trova sulla pagina del Piccolo Teatro di Milano, di cui Massini è consulente artistico da quando Luca Ronconi è scomparso, ci si rende conto di quanto questo giovane artista abbia da dire e quanto il teatro debba essergli riconoscente. Anzi, non solo il teatro.
Le sue opere parlano spesso di politica, di società, di personaggi coraggiosi che hanno lasciato con le loro azioni un segno profondo nella gente. Stefano Massini, laureato in Lettere Classiche, si avvicina al teatro nel 2000 facendo l’assistente alla regia di Luca Ronconi. Da allora, ha scritto diciassette testi teatrali, diretto vari spettacoli a cui hanno partecipato alcuni fra i più stimati attori teatrali italiani. Le sue opere sono state tradotte in varie lingue e messe in scena in Germania, Francia, Inghilterra, Spagna, Russia e America.
Il suo ultimo testo, Lehman Trigoly, sulla storia della famiglia Lehman, è stato messo in scena in due diverse versioni in Francia, due in Spagna, una in Polonia e in ben sette diverse versioni in Germania. Lo stesso testo verrà, inoltre, messo in scena in Inghilterra dal Premio Oscar Sam Mendes. La storia è quella della famiglia Lehman e si divide in due parti, Tre fratelli e Padri e figli. La prima parte inizia, in una data divenuta tristemente famosa, l’11 settembre 1844 con l’arrivo in America dalla Baviera di Heyum Lehmann, registrato come Henry Lehman. Si stabilisce a Montgomery, dove apre un emporio di tessuti. Tre anni dopo lo raggiunge il fratello minore Mendel, che in America si chiamerà Emanuele e a seguire il piccolo Meyer. Nel corso degli anni il loro interesse si sposta dal cotone al caffè, alle grandi infrastrutture fino ad approdare in Borsa. Tre fratelli termina all’inizio del Novecento con la morte di Mayer e l’avvento della nuova generazione guidata da suo nipote Philip.
La seconda parte si apre nella New York degli anni Dieci e si conclude il 15 settembre 2008, giorno in cui la società – passata ad altre mani – dichiarò definitivamente fallimento dopo la crisi dei subprime. Questa storia, in tournée in Italia nei teatri più importanti, con una regia firmata da Ronconi (l’ultima prima della sua scomparsa) e con un cast eccezionale, è ora anche un libro, sempre a firma Stefano Massini, dal titolo Qualcosa sui Lehman. Qui Massini scrive la storia sotto forma di romanzo epico, mettendo nero su bianco il risultato della sua lunga ricerca sulla famiglia Lehman.
Questo romanzo arriva a New York lunedì 5 dicembre al Martin Seagal Theater grazie a Umanism e al The Martin E. Segal Theatre Center della CUNY in collaborazione con l’Istituto di Cultura di New York e la produzione italiana 369 gradi. Insieme al romanzo, arriva anche Stefano Massini, invitato d’onore dell’Italian Playwrights Project, un progetto che ci dice la sua creatrice, Valeria Orani, “ha come obiettivo la promozione della drammaturgia italiana e degli autori contemporanei. Per come è stato strutturato inizialmente Italian Playwrights Project prevedeva un appuntamento biennale. Dopo la selezione dei testi, la presentazione pubblica degli autori e degli estratti tradotti, l’anno successivo sarebbe stato dedicato al tempo necessario per la traduzione e la pubblicazione. Ci siamo resi conto però che sarebbe stato un errore non proseguire il confronto con il pubblico durante il secondo anno di lavoro del progetto. Per questo motivo quest’anno abbiamo previsto una ‘edizione speciale’ dedicata al dialogo con Massini, un drammaturgo fuoriclasse per gli enormi successi ottenuti con i suoi testi tradotti e rappresentati in tutta Europa. Sicuramente non avremmo potuto inserire il suo lavoro tra gli autori da selezionare e promuovere. Italian Playwrights Project oggi si sta muovendo per diventare una vera e propria piattaforma di dialogo, un laboratorio organizzativo focalizzato alla ricerca delle giuste strategie per creare questo difficile ponte artistico tra Italia e America e lo spunto per costruire il versante italiano che nel 2017 dovrebbe aprirsi al progetto gemello per promuovere gli autori americani in italia”.
In vista di questo importante evento, abbiamo fatto una chiacchierata al telefono con Stefano Massini sul Lehman e sul teatro italiano.
Perché hai voluto intraprendere un viaggio nell’alta finanza, proprio tu che – come dici in alcune interviste – sei un artista e non si è mai occupato di questi argomenti?
“Alcuni anni fa era cresciuto in Italia un forte sentimento contro le banche. Molti erano convinti (e in parte lo sono ancora) che addirittura fossero luoghi di poteri occulti. La crisi dei debiti sovrani ha acuito questo sentimento. Le banche erano viste come imprese malefiche, quando invece in molti casi sono nate dall’uomo. Mi sembrava dunque opportuno parlare di una banca che nasceva come impresa umana. Siccome io credo che il teatro sia qualcosa che racconta il contrario del comune sentire, ho voluto presentare questa storia attraverso il teatro. Certo, ho studiato molto e andando avanti con la scrittura il racconto è diventato più difficile, soprattutto nell’ultima parte che narra una storia molto recente e ancora molto viva nella mente di tutti”.
Il fattore che colpisce della tua storia è che parla soprattutto di immigrazione, del farcela in un paese in cui si è arrivati per fuggire miseria e rassegnazione. Questo lato del racconto viene apprezzato da chi ha deciso di metterlo in scena? Viene sottolineato?
“Cogli un punto molto importante che stranamente viene spesso ignorato da chi decide di mettere in scena il testo. Eppure questa è una storia di immigrati tedeschi che vanno in America. Quelli che rilevano la banca sono un immigrato ungherese e uno greco. Questo aspetto della vicenda è molto poco sentito, perché in Europa il tema dell’immigrazione non è sentito come qualcosa che sta avvenendo adesso. Esiste solo la percezione dell’immigrazione musulmana, quando invece l’immigrazione riguarda tutte le popolazioni, inclusa la nostra. Forse posso dire che è notato leggermente di più in Germania perché i Lehman erano tedeschi”.
Che differenza c’è fra il libro uscito ora e il testo teatrale di qualche anno fa?
“Quando decisi di scrivere il testo, scrissi moltissimo. Le prime persone interessate furono i francesi che però dovevano ovviamente fare una produzione teatrale e avevano un limite di tempo. Il testo intero, quello ora pubblicato, sarebbe durato troppo. Dunque ho tolto più della metà del materiale, realizzando il testo teatrale rappresentato in tutta Europa. La versione originale è però il romanzo. Luca Ronconi fu, in Italia, quello che lo lesse per primo. Fu lui a decidere di metterlo in scena dopo tre anni e in quella occasione lavorammo insieme per articolare il testo in forma scenica”.
Tu sei drammaturgo e regista. Come lavori con altri registi quando si tratta dei tuoi testi?
“Io ho sempre concepito i testi teatrali come dei materiali che so già che non potranno arrivare mai in scena come li ho pensati. Mi piace che ci sia una libertà da parte dei registi e degli attori di lavorare sul testo. Fra l’altro per me questo è un elemento irresistibilmente divertente”.
[E qui per mia gioia e tripudio, nel citare Peter Brook, criticato dai puristi per aver spostato nel suo Amleto il monologo Essere o non essere, Massini mi risponde che non è un caso che lui sia molto vicino alla famiglia Brook].
Parliamo infine del tuo incarico come consulente artistico al Piccolo di Milano…
“Ho ereditato l’incarico che era di Luca Ronconi. Creare teatro al Piccolo è un vero e proprio privilegio, Il Piccolo è un’eccellenza italiana nel mondo, con persone competenti al posto giusto ed è l’unico teatro che abbia un respiro veramente internazionale”.
A parte il Piccolo, dunque, cosa pensi della situazione teatrale italiana?
“Penso che in Italia si faccia molto bel teatro. Ci sono compagnie giovani, drammaturghi bravi. Il problema italiano è altro. Vale quello che vale per altri aspetti, esistono consorterie di potere che tutelano gli amici degli amici prima d’altro. Io sono ottimista e spero che l’esempio del Piccolo venga imitato da molti: ci vogliono persone che stiano al loro posto per anni, senza cambiare direttore ogni poco, e che lavorino per il teatro che dirigono con passione e competenza. Se dovessi citare tutti coloro che sono stati alla guida del Teatro di Roma negli ultimi dieci anni, non potrei neanche ricordarmi tutti i nomi, tanti sono stati. Sono comunque davvero ottimista. Il teatro italiano è vivo ed è molto, molto valido”.
Stefano Massini sarà al The Martin E. Segal Theatre Center, The Graduate Center, City University of New York, lunedì 5 dicembre alle 6:30pm. L’incontro vedrà la partecipazione di Giorgio van Straten, direttore dell’Istituto italiano di Cultura di New York e di Valeria Orani, fondatrice e direttrice di Umanism, con la moderazione di Frank Hentschker , direttore esecutivo edi The Martin E. Segal Theatre Center. Nel corso della serata veranno letti anche dei brani del libro di Massini, tradotti in inglese da Allison Eikerenkoetter, con la direzione di Marco Calvani. L’evento è gratuito e aperto al pubblico.