Se è vero che negli ultimi anni la televisione americana sta vivendo un'epoca d'oro grazie all'alta qualità delle serie che crea e produce, caratterizzate anche da un notevole livello di sperimentazione artistica (per quanto piattaforme digitali come Netflix e Vimeo stiano molto rapidamente prendendo terreno), è altrettanto vero che “il desiderio di una programmazione eccellente e artisticamente importante era nel DNA della televisione fin dall'inizio”, come ricorda Maurice Berger, curatore della bellissima mostra che si è aperta al Jewish Museum di New York il primo maggio 2015.
Revolution of the Eye: Modern Art and the Birth of American Television racconta con video, fotografie, opere d'arte e oggetti, non solo la fondamentale compenetrazione tra il nuovo medium e le avanguardie artistiche del periodo che va dalla fine degli anni Quaranta all'inizio degli anni Settanta, ma anche il contesto sociale e culturale in cui la televisione è nata.
Negli anni decisivi della formazione, la televisione americana (prima fra tutti la CBS) grazie ad impresari e autori lungimiranti ha voluto unire la comunicazione di massa al valore artistico della propria programmazione, un valore artistico sia da un punto di vista visivo – composizione dei set televisivi, titoli di testa dei programmi, stile della regia di TV serie e telefilm – sia per la collaborazione alla creazione del prodotto televisivo da parte dei più noti artisti d'avanguardia e designer degli anni Cinquanta e Sessanta.
Con questa mostra, il Jewish Museum tra le altre cose rende omaggio ad autori, impresari e attori ebrei che sono stati la spina dorsale di questa rivoluzione culturale e sociale, che prima di tutto è stata una straordinaria rivoluzione visiva.
Accanto al Modernismo, che era la corrente artistica principale, ispirazioni surrealiste e negli anni successivi movimenti e avanguardie come Pop Art e Op Art, Color Field, Minimalismo, hanno influenzato e contribuito a creare TV show che hanno avuto un grande impatto sul pubblico come anche sulla scena culturale e artistica americana – basti pensare allo storico Television Project che il Museum of Modern Art di New York ha organizzato dal 1952 al 1955.
E a sua volta la televisione è stata piattaforma di lancio per artisti e teorici dell'arte, ha contribuito allo sviluppo di nuove espressioni artistiche, prima fra tutte la video arte – Medium is the Medium del 1966 è il primo programma TV interamente dedicato alla video arte.
Revolution of the Eye propone oltre 260 tra videoclip, spezzoni di vecchi programmi TV, memorabilia, fotografie, opere che vanno dall'arte visiva al graphic design. Tra gli artisti raccontati qui attraverso i loro lavori o le loro collaborazioni televisive, troviamo Saul Bass, Marcel Duchamp, Roy Lichtenstein, Man Ray, Georgia O'Keefe, e naturalmente Andy Warhol (con i suoi 15 minuti di notorietà), ma anche fotografi come Lee Friedlander, registi come Sidney Peterson, musicisti come John Cage.
La pubblicità in quegli anni risente più che mai delle avanguardie artistiche, come il commercial tutto Op Art della Kodak, per non parlare del lavoro in questo senso di Andy Warhol.
Tra le serie e i programmi televisivi: The Twilight Zone (Ai confini della realtà) con le sue ispirazioni surrealiste, Batman e le influenze della Pop Art, Winki Dink and You, primo programma per bambini interamente interattivo, assolutamente innovativo (lo sarebbe anche adesso!) fino al leggendario Ed Sullivan Show, che dal 1948 (i primi anni si chiamava Toast of the Town) al 1971 ha utilizzato arte e artisti (soprattutto Op Art e Color Field Painting) per la creazione di suoi set televisivi, non uno uguale all'altro in 23 anni di programmazione.
Se ci pensiamo, anche la televisione italiana ai suoi inizi e durante i suoi anni di formazione, ha attinto ad arte, letteratura e teatro, per creare programmi, set e contenuti, con risultati di alto livello, dimostrando che il nuovo mezzo era sì popolare ma al tempo stesso proponeva qualità, ed era in grado di creare, innovare e stimolare.
Altre storie, altri tempi.
E se un paragone con l'attualità non è possibile, per ragioni sociali ed economiche, ma anche tecnologiche visti i nuovi media e le nuove modalità di fruizione, è pur vero che la corsa verso il basso della televisione italiana di questi ultimi venti o trent'anni sembra inarrestabile. È una rincorsa a inseguire gusti e aspirazioni di quella famosa casalinga di Voghera che per prima cosa bisognerebbe capire meglio chi è, e poi la televisione italiana potrebbe cercare di far sì che quella casalinga di Voghera (solo due mesi fa in un programma TV si citava ancora la casalinga di Voghera come sinonimo di spettatore medio e mediocre, e già su questo ci sarebbe molto da dire) magari voglia e possa un giorno uscire di casa e lavorare, e pretendere di vedere un programma TV di qualità, che pur intrattenendo racconti qualcosa, e lo faccia possibilmente con quell'innovazione che il mezzo stesso consente, anche e soprattutto in piena rivoluzione digitale.
E la differenza oggi tra la nostra televisione e quella americana (e anche buona parte di quella europea) non è solo questione di budget.
Revolution of the Eye: Modern Art and the Birth of American Television rimarrà aperta fino al 20 settembre 2015.