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February 21, 2015
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February 21, 2015
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Giocando con le statuette in attesa degli Oscar 2015

Simone SpoladoribySimone Spoladori
Time: 11 mins read

Anche quest’anno siamo arrivati alle soglie della notte degli Oscar. Come resistere allora alla tentazione di fare finta di essere l’Academy e giocare a dispensare statuette, pagelle e bocciature? Nel farlo, la speranza è anche quella di offrirvi una piccola guida per seguire al meglio la grande notte di Hollywood.

Prima, però, voglio dire che fra gli otto contendenti al premio di miglior film dell’anno c’è qualche esclusione che assolutamente non condivido. Qualche esempio? Innanzitutto Gone Girl, il miglior film di David Fincher, che ha raccolto solo briciole e la nomination alla splendida Rosamund Pike. Film, regista e Ben Affleck, ma soprattutto la sceneggiatrice Gillian Flynn, anche autrice del romanzo da cui il film è tratto, avrebbero meritato di contendersi la statuetta (e forse di vincerla). Sono poi personalmente un sostenitore di Interstellar di Chris Nolan e un posto fra i dieci gliel’avrei trovato. Altra mezza esclusione: Inherent Vice di Paul Thomas Anderson si deve accontentare di poche nomination, tutte minori, eppure è, a mio modo di vedere, un grandissimo film. Mancano anche altre piccole perle che la scorsa stagione ha saputo offrire: The Nightcrawler, innanzitutto, durissimo e bellissimo film con Jake Gyllenhaal; Under the Skin di Jonathan Glazer, difficile, personale ma splendido e con una bravissima Scarlett Johansson; mi ha sorpreso e deluso, poi, l’esclusione di Lego the Movie dal quintetto film d’animazione, quando io l’avrei addirittura pronosticato vincitore sicuro; infine, moltissime perplessità per l’assenza dal lotto dei contendenti alla palma di miglior film straniero di Winter Sleep del turco Nuri Bilge Ceylan e di Mommy di Xavier Dolan, ma in questo caso pesano anche gli "alambicchevoli" meccanismi di scelta dei titoli.

Detto questo, concentriamoci sui presenti e valutiamo gli otto film candidati alla statuetta principale.

 

Miglior film

Birdman, di Alejandro Gonzalez Inarritu

Se c’è una cosa di cui Inarritu è totalmente privo, diciamocelo, è l’umiltà. Guardando un suo film si ha sempre l’impressione di sentire la sua vocina, accanto all’orecchio, che dice in loop: "ehi, hai visto quanto sono bravo?". Birdman non si discosta da questa tendenza, dato che si configura come un rocambolesco e scintillante (finto) piano sequenza, con la macchina da presa che fluttua per due ore tra corridoi, strade e palcoscenici, sostenuta da una colonna sonora incessante e martellante. Se lo sfoggio di talento visivo non è un elemento nuovo nel cinema del regista messicano, la grande, grandissima novità è la non gratuità di questo magniloquente barocchismo: la sceneggiatura, che Inarritu ha firmato insieme a Nicolás Giacobone, Alexander Dinelaris e Armando Bo funziona in modo impeccabile e accumula con disinvoltura temi sostanziosi e “giusti”: la lotta di un uomo con se stesso per tentare di far pace con le proprie ambizioni, la superficialità dello show business, le logiche perverse dei social media, lo stolido snobismo di alcuni ambienti culturali. Il tutto raccontato con una leggerezza di tono miracolosa e con un cast in stato di grazia. E poi, che bello rivedere Michael Keaton!

VOTO: 9

 

The Grand Budapest Hotel, di Wes Anderson

Cosa succede quando nel cinema high style del texano Wes Anderson irrompe la storia? Domanda bizzarra, la cui risposta è contenuta in quello che abbiamo già giudicato il più bel film del 2014, capolavoro di coerenza autoriale, di ispirazione e di sensibilità estetica. A mio modo di vedere è un’irresistibile ghost story: è aperto e chiuso da un cimitero, è una storia quindi raccontata da morti e che parla di morti. La storia e la sua brutalità, con l’aiuto del tempo, li hanno spazzati via, ma il cinema, che Anderson usa mirabilmente per creare fantastici mondi (im)possibili, ridà vita, colore, anima ad un microcosmo che rappresenta in metafora tutto il Novecento, il cinema, la vita. Sorretto da un cast irripetibile, è un godimento assoluto e totale per gli occhi e per lo spirito. O questo o Birdman. Tutto il resto sarebbe uno sbaglio.

VOTO: 9

 

Whiplash, di Damien Chazelle

Un grande, grandissimo film che spaccando i pronostici si è inserito nel lotto dei candidati. Un regista giovanissimo, di appena trent’anni e al suo secondo lungometraggio, firma uno dei migliori film musicali degli ultimi vent’anni. Scritto in modo impeccabile, recitato meglio, sorprende ad ogni sequenza, trasuda originalità da ogni singolo fotogramma, a partire dall’inusuale strumento scelto come protagnoista del film, la batteria, e dal genere tutt’altro che popolare, il jazz, fino alla proposta dei brani e alle scelte di regia. Un film imperdibile e J.K. Simmons nei panni del temibile insegnante Terence Fletcher è semplicemente straordinario.

VOTO: 8

 

Boyhood, di Richard Linklater

Innegabile che il risultato sia suggestivo. 12 anni di riprese, un progetto che ha richiesto costanza, programmazione, lungimiranza. Dal punto di vista teorico, è una manna; si potrebbero scrivere tonnellate di pensieri su come Boyhood dica cose nuove sui rapporti tra cinema, memoria, realtà e anche su come il cinema possa raccontare la Storia in metafora. Tuttavia, su un piano puramente artistico, è altrettanto innegabile che ci sia qualcosa che “puzzi” un po’ di furbata, una certa tendenza alla soluzione facile, alla ricerca del ricatto e dell’emozione più a buon mercato. Insomma, fatemelo dire, un film un po’ paraculo, che emoziona, incuriosisce e stupisce ma che non brilla per sincerità e trasparenza.

VOTO: 7

 

Selma, di Ava DuVernay

Si fa veramente fatica a capire perché Selma abbia raccolto solo due nomination mentre gli altri due biopic presenti negli otto candidati ne abbiano fatto incetta. Forse le sciabolate del protagonista David Oyelowo – va detto, ingiustamente escluso dalla cinquina dei migliori attori – contro il razzismo di Hollywood sono esagerate, ma dati alla mano è difficile non pensare che all’Academy i neri ancora non piacciano. Selma, intendiamoci, non è un film epocale. È però un’opera che riesce ad essere didascalica e godibile al tempo stesso, ben diretta e recitata in modo sovrumano. Tanto basta a surclassare The Imitation Game, che invece di nomination ne ha raccolte otto. Aggiungiamoci anche che il reverendo MLK è un personaggio che al cinema è stato rappresentato pochissimo, e l’incomprensibilità di queste scelte diventa ancora più impenetrabile.

VOTO: 6,5

 

American Sniper, di Clint Eastwood

Premetto subito che sono forse fra i pochi critici europei che non ama Clint Eastwood, che ha sempre trovato incomprensibile come ci si potesse esaltare per film dal tocco pesante e dai toni un po’ grevi come Million Dollar Baby o Gran Torino. Clint è e rimane un cowboy, e come tale gli riescono bene i film in cui la sua natura è un valore aggiunto: i suoi quattro western, ad esempio, o Un mondo perfetto, o ancora il melò I ponti di Madison County, in cui la sua rudezza asciuga una materia altrimenti melensa. American Sniper è l’opera in cui finalmente si scioglie l’equivoco che ha visto sedicenti intellettuali di sinistra ricollocare a oltranza – e a torto – Eastwood tra le schiere ambigue dei progressisti ritrovati: qui dal primo minuto, dall’agghiacciante racconto dell’infanzia di Chris Kyle (il mondo diviso tra lupi, pecore e cani da pastore) si mostra fastidiosamente patriottico, tediosamente conservatore, stolidamente retorico, al solito privo di chiaroscuri. Nella sua celebrazione western, senza ritegno – e senza approfondimento – di un eroe americano contemporaneo, però, Clint mira da destra ma centra di rimbalzo un altro bersaglio: la rappresentazione di ciò che gli sta intorno, dell’insensatezza della guerra, dell’irriconoscenza della patria, della non-mediaticità del conflitto iracheno accendono il film e lo arricchiscono di interrogativi di grande interesse. Insomma, calata la maschera che molti gli avevano messo addosso, Eastwood approccia da un’angolazione discutibile – forse accidentalmente – un tema trasversale e attuale, riuscendo a dire cose addirittura condivisibili.

VOTO: 6,5

 

The imitation game, di Morten Tyldum

Il film che si situa al terzo posto per numero di nomination, ha essenzialmente due meriti: il primo, quello di far conoscere al mondo la storia di Alan Turing, non nota come meriterebbe. Il secondo, quello di consacrare definitivamente il talento incredibile di Benedict Cumberbatch. Stop. Nient’altro. Per il resto, infatti, il film di Morten Tyldum è un racconto lineare, piatto, senza sussulti e invenzioni, che scorre via senza lasciare il segno e soprattutto senza mortificare a sufficienza gli inglesi per la loro purtiana e ipocrita ingratitudine verso un uomo straordinario come Turing.

VOTO: 6

https://youtube.com/watch?v=S5CjKEFb-sM

 

The Theory of Everything, di James Marsh

Terzo biopic del lotto, vale un po’ lo stesso discorso fatto per The Imitation Game. Grandissima prova di Eddie Redmayne nei panni di Hawking, costruzione solida ma lineare, niente di memorabile. Peccato perché il regista James Marsh ci aveva regalato nel 2008 Man on Wire, un documentario straordinario sul funambolo Philippe Petit e la sua impresa alle Twin Towers. Qui, invece, si accontenta di rendere “normale” la storia “eccezionale” di Stephen Hawking, un cervello geniale chiuso in un corpo che vive un inarrestabile decadimento. 

VOTO: 6

Per quanto riguarda le altre categorie, trovate in neretto i miei favoriti. Vedremo lunedì su quante e quali scelte io e i membri dell’Academy ci siamo trovati in sintonia.

 

Miglior regista 

Alejandro González Iñaarritu per Birdman

Richard Linklater per Boyhood

Bennett Miller per Foxcatcher

Wes Anderson per The Grand Budapest Hotel

 

Miglior attrice 

Julianne Moore per Still Alice

Felicity Jones per The Theory of Everything

Rosamund Pike per Gone Girl

Reese Witherspoon per Wild

Marion Cotillard per Two days one night

 

Miglior attore

Michael Keaton per Birdman

Eddie Redmayne per The Theory of Everything

Benedict Cumberbatch per The imitation game

Steve Carell per Foxcatcher

Bradley Cooper per American Sniper

 

Miglior attrice non protagonista

Patricia Arquette per Boyhood

Emma Stone per Birdman

Keira Knightley per The imitation game

Meryl Streep per Into the woods

Laura Dern per Wild

 

Miglior attore non protagonista

J.K. Simmons per Whiplash

Edward Norton per Birdman

Ethan Hawke per Boyhood

Mark Ruffalo per Foxcatcher

Robert Duvall per The judge

 

Miglior sceneggiatura originale

Richard Linklater per Boyhood

Alejandro González Iñárritu, Nicolás Giacobone, Alexander Dinelaris e Armando Bo per Birdman

Wes Anderson e Hugo Guinness per The Grand Budapest Hotel

Dan Gilroy per Nightcrawler

E. Max Frye e Dan Futterman per Foxcatcher

 

Miglior sceneggiatura non originale

Graham Moore per The imitation game

Damien Chazelle per Whiplash

Anthony McCarten per The Theory of Everything

Jason Hall per American sniper

Paul Thomas Anderson per Inherent vice

 

Miglior fotografia

Emmanuel Lubezki per Birdman

Roger Deakins per Unbroken

Robert D. Yeoman per The grand Budapest hotel

Dick Pope per Mr. Turner

Lukasz Zal eRyszard Lynzewski per Ida

 

Miglior film d’animazione

Big hero 6 di Don Hall, Chris Williams e Roy Conli

The Boxtrolls di Anthony Stacchi, Graham Annable e Travis Knight

How to train your dragon 2 – Dragon trainer 2 di Dean DeBlois e Bonnie Arnold

Song of the Sea di Tomm Moore e Paul Young

The tale of the princess Kaguya di Isao Takahata e Yoshiaki Nishimura

 

Miglior film straniero

Ida (film dalla Polonia)

Leviathan (film dalla Russia)

Tangerines (film dall’Estonia)

Timbuktu (film dalla Mauritania)

Wild tales – Relatos salvajes (film dall’Argentina)

 

Costumi

Colleen Atwood per Into the Woods

Anna B. Sheppard per Maleficent

Milena Canonero per The grand Budapest hotel

Jacqueline Durran per Mr. Turner

Mark Bridges per Inherent vice

 

Miglior canzone

Glory di Common e John Legend in Selma

Lost Stars di Gregg Alexander, Danielle Brisebois, Nick Lashley e Nick

Southwood in Begin again

Everything is awesome di Shawn Patterson in The Lego movie

I’m not gonna miss you di Glen Campbell in Glenn Campbell: I’ll be me

Grateful in Beyond the lights

 

Colonna sonora

Hans Zimmer per Interstellar

Alexandre Desplat per The imitation game 

Johann Johannsson per The Theory of Everything

Alexandre Desplat per The Grand Budapest Hotel

Gary Yershon per Mr. Turner

 

Effetti speciali

Interstellar 

Dawn of the Planet of the Apes 

Guardians of the Galaxy

Captain America: winter soldier

X-Men: Days of Future Past

 

Trucco e acconciature

Foxcatcher

The Grand Budapest hotel

Guardians of the Galaxy

 

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Simone Spoladori

Simone Spoladori

Nato a Milano, laureato in lettere e laureando in psicologia, di segno pesci ma non praticante, soffro di inveterato horror vacui. Autore per radio e TV, critico cinematografico, insegnante, direttore di un'agenzia creativa di Milano. Oltre ai film, amo i libri e credo che la letteratura americana del '900 una delle prime tre cose per cui valga la pena vivere. Meglio omettere le altre due. Drogato di serie TV, vorrei assomigliare a Don Draper, a Walter White o a Jimmy McNulty. Quando trovo il tempo, mi diverte a scalare montagne, fare foto, giocare a tennis, cucinare e soprattutto mangiare ciò che cucino. Sono malato di calcio, tifo Manchester United e Milan, ma la mia vera guida spirituale è Roger Federer.

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