A New York una forma di teatro che va moltissimo, poco frequentata nella nostra penisola è quella della lettura teatrale, detta reading. Può essere fatta come semplice lettura a tavolino, a volte anche seduti, oppure può essere recitata con tanto di movimenti, anche se con il copione in mano.
La reading è importante per vari motivi. Serve a testare un nuovo copione, a sentirlo uscire dalle bocche esperte degli attori che danno corpo alle parole, alle immagini, alle emozioni. Serve a capire che tipo di reazione provoca nel pubblico e quanto quel copione sia veramente pronto per il palcoscenico o meno. Ci sono anche i casi in cui le letture servono a presentare un testo a potenziali produttori, sperando che la storia e la scrittura risvegli qualcosa in loro per farlo arrivare in un teatro importante. Non sempre le reading sono aperte al pubblico, molte volte la lista d’invitati è molto selezionata, soprattuttto quando si cercano finanziatori. Spesso, fortunatamente, il pubblico è invitato ad assistere e a commentare quello che ha sentito.
Questa settimana i nostri lettori avranno la possibilità di assistere a una reading che parla molto di noi italiani, presso l’Actor Chapel sulla 54th Street. Marco Bonini, attore stimato italiano, volto familiare della televisione, e Joe Bologna, famoso attore e autore americano hanno unito le forze per scrivere L’Ebreo! (The Jew!), un musical sulle vicissitudini, spesso tragiche, ma con lieto fine, di un ragazzo romano, Agostino, di origine ebraica, emigrato in America durante il fascismo. Ago, come viene chiamato da tutti, è illegale e tenta di avere un visto negli Stati Uniti in modo da non dover rischiare di essere rimandato in Italia. Nella Little Italy di quei tempi, Ago incontra ‘A madonna, una signora che dirige un bordello. La signora decide di aiutarlo, affascinata dal giovane italiano appena arrivato. Fra numeri di cabaret, canzoni, echi di quel tempo e una avvincente storia, Ago riuscirà alla fine a fare dell’America la sua terra. Le musiche di Roberto Colavalle sono bellissime, quasi brechtiane, mentre il racconto dipinge momenti di una Little Italy ormai esistente solo nei film e nel mito. Se volete passare una serata diversa, L'EBREO! – The Jew! sara’ al The Actors' Chapel (239 W 49th St) il 17 e 19 dicembre alle 7:30 pm e il 21 dicembre alle 3:00 pm. L’ingresso è libero.
Parlando di cose da fare questa settimana, vi ricordo che è l’ultima settimana – speriamo solo per ora – degli spettacoli della compagnia Bedlam allo Sheen Center (18 Bleecker Street), di cui abbiamo parlato anche qualche giorno fa. Per farveli gustare meglio, riporto di seguito una chiacchierata avuta con Eric Tucker, regista, attore e produttore della compagnia.
Quando hai deciso di creare Bedlam?
L’abbiamo fondata due anni fa. Come regista, avevo sempre voluto avere una compagnia a New York per lavorare su quello che più desideravo, lontano da costrizioni imposte da altre compagnie e dalle loro missioni. Voglio poter scegliere i testi in base alle storie che voglio raccontare. Volevo anche lavorare di più a New York, invece di viaggiare sempre, giacché sono un regista free-lance.
Come scegli i testi?

Eric Tucker, regista, attore e produttore della compagnia Bedlan
Li scelgo in base a quanto li vedo messi in scena nella mia testa. Come li dipingerò sul palco e in che modo racconterò la storia. Amo il materiale classico, ho studiato e lavorato molto su Shakespeare, dunque sono sempre molto interessato ai suoi testi. Amo testi dove posso creare il mondo del testo dall’inizio, usando tutta la mia immaginazione. Mi piacciono testi che possono essere molto teatrali.
Come lavori sul testo e con gli attori? Che tipo di prove fai?
Mi piace stare sul testo il più possibile e provare in piedi solo quando sentiamo di essere pronti. Credo che se il testo è stato assorbito dal corpo degli attori, metterlo in scena poi è semplice. Abbiamo fatto prove a tavolino per quattro settimane per Hamlet e Saint Joan. Quando andiamo in piedi, a quel punto sperimento e collaboro con i miei attori in modo da raccontare la storia nella maniera più giocosa possibile. Mi piace provare molte idee e sorprendermi.

Una scena di The Seagull della compagnia Bedlan
L’anno scorso hai lavorato su testi originali scritti in Inglese, quest’anno stai lavorando su traduzioni e adattamenti. C’è differenza?
Alla fine no, perché lavoro sull’Inglese in ogni caso. Credo che con ogni testo classico, si lavori sempre per renderlo accessibile a un pubblico di lingua inglese e occidentale.
Voi siete un brillante esempio di auto-produzione, di successo che può arrivare quando si hanno ottime idee e un team unito. Vuoi dare qualche consiglio agli artisti che ci seguono?
È importante sapere che ognuno fa ogni tipo di lavoro quando si è piccoli. Io e Andrus (Nichols, n.d.a.) siamo entrambi produttori e siamo abituati a fare tutto il lavoro. Ci sono così tante cose a cui bisogna pensare e devi abituarti a fare tanti lavori che non hanno a che fare con la tua passione, ma che alla fine rendono la tua passione realtà.