Milva un nome d’arte, frutto delle molte vite di una donna eccezionale, non convenzionale rispetto ai tempi dei suoi esordi, ai suoi mutamenti ma soprattutto alle evoluzioni che la hanno resa una delle artiste più apprezzate al mondo grazie ad un vasto e prestigioso repertorio musicale e teatrale.
Maria Ilva Biolcati nasceva a Goro 82 anni fa, costretta a lavorare sin da giovane a causa di un crack finanziario della famiglia, comincia presto a cantare in locali e ad essere gestita da un’impresario, Savino’s.
Il nome d’arte Milva, a cui seguirà il soprannome “la Pantera di Goro” per i suoi capelli rosso quasi bordeaux, nascerà solo nel 1960 quando parteciperà al Festival di Sanremo (si narra ci fossero oltre settemila concorrenti) della Rai.
Sarà presente da allora a tutte le edizioni fino al 1969 presentandosi regolarmente in gara a Sanremo e arrivando terza per ben due volte (1968, 1969) prima duettando con Celentano in “Canzone” di Don Backy e poi l’anno successivo proprio con Don Backy in “Un sorriso”.
Ma la Milva più vera, la sua dimensione più intima e di artista realizzata e consapevole delle doti canore inconfondibili che la contraddistinguevano, nasce solo negli anni settanta, grazie all’incontro con Giorgio Strehler.
Un passaggio della sua vita fondamentale e una presenza quella del regista del Piccolo di Milano, che mutò la sua esistenza, donandole la dimensione che più le apparteneva e che forse non era mai riuscita a raggiungere, a causa del fatto che non avesse studiato come avrebbe desiderato una donna tanto duttile e intelligente.
Milva parlava perfettamente più lingue ed aveva quel quid intellettuale e artistico, che poche attrici e cantanti riescono ad unire, una specie molto rara di artista, non sempre compresa dallo “star system” nostrano per cui facevano più gola cantanti come Mina o Iva Zanicchi, meno impegnate e più vicine a un pubblico non troppo sofisticato.
Milva non lasciava scelta, infatti seppur molto amata, poneva attraverso le sue decisioni artistiche delle condizioni per cui dovesse essere il pubblico il primo alleato della sua carriera.
Rimarrà per sempre la più grande interprete delle opere di Bertold Brecht, guidata da Giorgio Strehler e poi conosciuta in tutto il mondo, addirittura in Germania, dove prima di lei erano esistite solo cantanti tedesche nel repertorio brechtinao.
Ha dato voce alla musica di Piazzolla e Berio e ha trasformato in note i versi della poetessa Alda Merini.
Uno dei passaggi più importanti e suggestivi della vita di Milva è stato l’album con il maestro Ennio Morricone, un gioiello di altissimo livello, in cui la cantante si esibisce in brani tratti dai film musicati dal premio Oscar.
Nonostante la carrellate di imprese artistiche, l’elemento che più colpisce della “Rossa” scomparsa il 24 aprile, alla vigilia dell’anniversario della Liberazione, è stato il suo grande impegno di artista engagé in proposte antifasciste e dai contenuti emblematici di libertà e democrazia, figli dell’Italia della sua infanzia.
Milva è e sarà per sempre colei che con grazia e intelletto si è prestata finché ha potuto a incarnare la donna di un mondo pre caduta del muro di Berlino, quando paradossalmente l’arte abbracciava tutte le sue espressioni unendole.
Evidentemente l’Opera da tre soldi e gli altri capolavori brechtiani le hanno reso tutto naturale.
Ancora oggi nonostante l’enorme mole di lavori compreso il meraviglioso album per lei scritto dal maestro Franco Battiato, “Milva e dintorni”, viene spontaneo associarla ad un canto possente, vigoroso, internazionale, espresso attraverso le regie strehleriane e Brecht.
La versatilità non le ha impedito di cristallizzare le sue capacità in una combinazione geniale e unica che speriamo non verrà mai dimenticata.
Il suo essere diva non le ha mai impedito di provare più registri e addirittura di condurre programmi televisivi, ma la verità è che nonostante la sua duttilità Milva aveva nelle sue corde i valori e la forza di una Marlene Dietrich apparentemente più sensuale e docile, ma portatrice di un femminile potente in cui si riunivano raffinatezza ed emancipazione, internazionalismo e consapevolezza dei principi democratici dell’Italia partigiana, il romanticismo struggente di Edith Piaff e la nostalgia delle note argentine di Piazzolla e infine il racconto travolgente e straniante del teatro brechtiano.
Milva è stato canto, musica, intrattenimento, multilinguismo, passione per un passato di lotte e giuste contrapposizioni politiche.
Un donna, un ossimoro: fragilità e forza di risorgere la hanno trascinata e travolta sempre tra numerosi amori, spesso sfortunati e maledetti.
La sua vera forza come per le poche elette dal grande talento è stata la libertà di poter scegliere l’espressione artistica collegandola a dei contenuti di grandissimo valore e profondità.
Milva è la donna che chiude il 900’ e apre un millennio in cui decide di ritirarsi dalle scene perché è consapevole dell’incolmabile distanza che la separava dall’ispirazione politica e sociale che l’avevano spinta a lottare attraverso l’arte e raggiungere milioni di persone con fascino, potenza e sopratutto un’umanità sconfinata, che non badava a mostrarsi in tutte le meravigliose debolezze.
Solo la vera arte mostra la vera profondità dell’animo umano.