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June 2, 2019
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Perché nel Jazz gli italiani continuano a suonare al top? Cherchez New Orleans

In Louisiana si trovano le origini del Jazz dove vediamo protagonisti anche quei nostri emigranti, soprattutto siciliani, che contribuirono alla nascita

Stefano AlbertinibyStefano Albertini
Perché nel Jazz gli italiani continuano a suonare al top? Cherchez New Orleans

La band di Nick La Rocca

Time: 3 mins read

Il Jazz parla italiano e non solo da quando festival importanti come Umbria Jazz o Peperoncino Jazz Festival (in Calabria) portano nella penisola alcuni tra i più famosi e brillanti musicisti al mondo. Il Jazz è anche italiano fin dalle sue origini, e tutto cominciò a New Orleans, the Big Easy, che poi non era facile per niente, viste le tensioni razziali e politiche che l’hanno contraddistinta fin dall’inizio. E l’inizio, come sanno anche i più somari studenti americani, è il Louisiana Purchase, un trattato con cui, cosa assai rara in politica internazionale, un paese (gli USA in questo caso) compra da un altro (la Francia) un intero stato: la Louisiana. Al Presidente Jefferson serviva questo pezzo di terra per continuare l’espansione a Sud Ovest del paese e la Francia forse pensò che si stava liberando di una palude che, fino a quel momento, aveva usato soprattutto come colonia penale. In Louisiana il codice napoleonico è tutt’ora alla base del sistema legale e a New Orleans le strade mantengono a lungo i loro nomi francesi che solo molto lentamente vengono anglicizzati. Il tram chiamato Desiderio della tragedia di Tennessee Williams in realtà correva su Desirée boulevard, una strada dedicata ad una fidanzata di Napoleone che finì Regina di Svezia. Togliendo prima un accento e poi una ‘e’, Desirée diventò desire, desiderio.

Ma non fatevi incantare da queste storie di principesse e desideri, New Orleans era una città dura, durissima, che fu ben prima di New York il vero melting pot, il pentolone in cui si stemperavano a fatica tutte le etnie che confluivano nel grande porto sul Mississipi. E ogni gruppo portava la sua musica: c’era il Blues degli schiavi neri, poi liberati, c’era il ragtime e la musica di strada delle marching band e i ritmi dei caraibi e dell’America latina. Gli italiani portavano la tradizione folkloristica  del Sud e l’opera che tutti più o meno avevano sentito e potevano canticchiare. 

Il “pioniere del jazz” Nick La Rocca (1960)

Non se la passavano bene gli italiani, in particolare siciliani, a New Orleans. Direi che nella considerazione sociale venivano ritenuti il peggio che il Mississipi avesse mai portato in città. Certo, non erano tutti santi e molti di loro erano coinvolti nel crimine organizzato che gravitava attorno a due potenti famiglie mafiose. Nel 1891, ne vengono arrestati 19, sospettati di aver assassinato il capo della polizia, un irlandese probabilmente affiliato a una delle due famiglie. Alla fine del processo una folla inferocita di migliaia di persone prende d’assalto la prigione dove sono ancora detenuti i sospetti e ne lincia 11. A tutt’ora il più grande linciaggio nella storia degli Stati Uniti. E ce ne furono tanti, quasi sempre a carico di neri.  La Sindaca di New Orleans ha riconosciuto la gravità del fatto e ha chiesto scusa alla comunità italoamericana solo qualche mese fa.

Nonostante questa storia di sofferenza, emigrazione, delinquenza, discriminazione e violenza, gli italiani, i neri, i caraibici e tutti gli altri mal assortiti abitanti di New Orleans non avevano perso la voglia di cantare e fare musica e pian piano, senza un’ufficiale data di nascita,  il Jazz stava nascendo.  Ovviamente era improvvisato e non c’erano partiture scritte. I musicisti Jazz, poi, erano restii a farsi registrare perché temevano che se la gente avesse potuto ascoltarli da un disco non sarebbe più andata a sentirli dal vivo e anche quando si esibivano dal vivo erano sospettosi e il fazzoletto usato per asciugarsi la fronte veniva spesso usato dai trombettieri per nascondere il movimento della dita in modo che non potesse venire copiato. Ed è così che il primo disco di questa nuova musica viene registrato solo nel 1917 a New York, da una band proveniente, ovviamente da New Orleans e il capo della Original Dixieland Jazz Band si chiama Nick La Rocca, italiano di origini siciliane.

Quando gli artisti Jazz di oggi vengono in Italia per i grandi festival ci ricordano le tante contaminazioni e fusioni musicali che hanno contribuito alla nascita di questa espressione artistica che, prima di entrare a pieno diritto nella scena musicale mondiale, ha dato voce a minoranze oppresse, emigranti e reietti della società.

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Stefano Albertini

Stefano Albertini

Sono nato a Bozzolo, in provincia di Mantova. Mi sono laureato in lettere a Parma per poi passare dall'altra parte dell'oceano dove ho conseguito un Master all'Università della Virginia e un Ph.D. a Stanford. Dal 1994 insegno alla New York University e dal 1998 dirigo la Casa Italiana Zerilli Marimò dello stesso ateneo. Alla Casa io e la mia squadra organizziamo un centinaio di eventi all'anno tra mostre, conferenze, concerti e spettacoli teatrali. La mia passione (di famiglia) rimane però l'insegnamento: ho creato un corso sulla rappresentazione cinematografica della storia italiana e uno, molto seguito, su Machiavelli. D'estate dirigo il programma di NYU a Firenze, ma continuo ad avere un rapporto stretto e viscerale col mio paese di origine e l'anno scorso ho fondato l'Accademia del dialetto bozzolese proprio per contribuire a conservarne e trasmettere la cultura. I was born in Bozzolo (litterally 'cocoon') in the Northern Italian province of Mantova. I obtained my degree from the University of Parma, after which I moved to the other side of the ocean and obtained my Master’s from the University of Virginia and my Ph.D from Stanford. I have been teaching at New York University (NYU) since 1994, and I have been running the Casa Italiana Zerilli Marimò of NYU, since 1998. At the Casa, we organize more than one hundred events annually, including exhibitions, conferences, concerts and theatrical performances. My personal passion, however, continues to be teaching: I created a course on the cinematographic portrayal of Italian history, and one on Machiavelli in its historical context. I also run the NYU program in Florence every summer. I continue to have a close and visceral relationship with my town of origin, and 2 years ago, I founded the Academy of the Bozzolese Dialect to conserve and promote the local culture.

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