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May 18, 2021
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Quella volta che sudai tanto intervistando Franco Battiato alla New York University

Quando venne alla Casa Italiana Zerilli Marimò e mi rispondeva in inglese e in italiano con quella sua lingua distillata

Stefano AlbertinibyStefano Albertini
Time: 2 mins read

Franco Battiato cominciò dicendomi che, ovviamente, non avrebbe cantato, e me lo aspettavo. Quando gli chiesi cosa pensava della selezione di suoi brani che avremmo preparato mi rispose secco che non gli piaceva ascoltare la sua voce registrata e che quindi non ci sarebbe stata musica durante la nostra conversazione col pubblico della NYU Casa Italiana Zerilli-Marimò. L’interprete che avevamo assunto per l’occasione venne congedata all’ultimo momento perché, mi disse solenne Battiato, “siamo negli Stati Uniti, parliamo in inglese!”. A quel punto potevo prendere tutti i miei appunti preparatori e la scaletta dell’intervista e buttarli nel cestino. “Questa sera – pensai evocando lo spirito di un altro grande siciliano – si recita a soggetto”. E così fu.

L’inglese del Maestro era corretto ed essenziale, soprattutto se paragonato al suo italiano fiorito, ricco… barocco, tanto per usare tre aggettivi che non gli sarebbero piaciuti.

Spesso alle mie domande più complesse rispondeva solo con un sì o un no. Mi ricordai della bella espressione spagnola “es como sacarle las palabras con el sacacorchos”. Ma era anche come se le poche parole delle sue risposte fossero state distillate e concentrate e rimasero così anche quando, quasi senza accorgersene, scivolò nella nostra lingua materna ed parlare del suo giardino, della politica e del nostro Paese.

Alla fine dell’intervista la mia giacca nascondeva a malapena la camicia inzuppata di sudore. Mi sentivo esausto come se invece di aver intervistato un cantautore avessi tirato da solo un carro pieno di pietre lungo una strada assolata. Mentre la folla di fans assaliva Battiato per conoscerlo e fare foto, io salivo la scala per tornare in ufficio con un bicchiere di prosecco e un paio di colleghi mi disse che l’intervista era stata bellissima. Io pensai che mi prendessero in giro e sorrisi senza dir niente.

Poi, riascoltandola nella versione montata da Letizia Airos e dal suo dream team di i-Italy dovetti riconoscere che i colleghi avevano ragione. Nonostante per me rimanga ad oggi l’intervista più difficile della mia carriera, l’intelligenza e la profondità di Franco Battiato la resero, forse, anche una delle più belle ed intense. Riposi in Pace, Maestro.

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Stefano Albertini

Stefano Albertini

Sono nato a Bozzolo, in provincia di Mantova. Mi sono laureato in lettere a Parma per poi passare dall'altra parte dell'oceano dove ho conseguito un Master all'Università della Virginia e un Ph.D. a Stanford. Dal 1994 insegno alla New York University e dal 1998 dirigo la Casa Italiana Zerilli Marimò dello stesso ateneo. Alla Casa io e la mia squadra organizziamo un centinaio di eventi all'anno tra mostre, conferenze, concerti e spettacoli teatrali. La mia passione (di famiglia) rimane però l'insegnamento: ho creato un corso sulla rappresentazione cinematografica della storia italiana e uno, molto seguito, su Machiavelli. D'estate dirigo il programma di NYU a Firenze, ma continuo ad avere un rapporto stretto e viscerale col mio paese di origine e l'anno scorso ho fondato l'Accademia del dialetto bozzolese proprio per contribuire a conservarne e trasmettere la cultura.

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