I filari delle colline coltivate a vite che s’intrecciano con i righi del pentagramma: è una storia singolare quella che si sviluppa intorno a Salaparuta. Poco meno di duemila abitanti, il comune del trapanese è simbolo del terremoto del Belice che ne ridusse in polvere l’antico centro nel 1968, ma in pochi sanno che il paesino diede anche origine a tre artisti che fecero letteralmente la storia della musica.
Primo fra tutti Nick La Rocca, pioniere del jazz, al quale a Salaparuta è dedicato l’omonimo centro studi e ricerche: un vero e proprio unicum per gli appassionati del genere, con un ricchissimo patrimonio cultural-musicale, e tuttavia mai pienamente valorizzato.

“Il nostro è il solo centro studi ‘Nick La Rocca’ accreditato, costituito da un gruppo di cittadini nel 1992 – racconta il presidente Giuseppe Gruppuso – Negli anni ci siamo occupati sia di ricerca sia di valorizzazione della musica, organizzando anche diversi eventi e istituendo un premio internazionale intitolato a La Rocca, cui si deve non solo l’invenzione della parola “jazz” (in origine jass), ma la rivoluzione del modo stesso d’intendere la musica. Sua l’incisione del primo disco jazz a New Orleans insieme all’Original Dixieland Jass Band, che nel 1917 vendette la bellezza di un milione e mezzo di copie”.

Trainato unicamente dalla dedizione dei suoi soci, il Centro Studi “Nick La Rocca” fatica però a trovare la collocazione che merita nel panorama musicale italiano e internazionale, pur avendo catalizzato intorno a sé alcuni dei principali nomi legati al jazz e alla sua cultura, da Lino Patruno a Ray Gelato, da Claudio Lo Cascio a Renzo Arbore e Paolo Belli, questi ultimi due cresciuti musicalmente con Louis Prima, anche lui originario di Salaparuta.

“Prima era un eccezionale musicista, direttore d’orchestra e attore, considerato il re del jive e dello swing, tanto da essere insignito di una stella sulla Walk of Fame di Hollywood”, racconta Gruppuso.
Louis Prima si esibisce in Just a Gigolo & I Ain’t Go Nobody

Gruppuso ricorda il proprio incontro con Arbore, oggi presidente onorario del Centro studi, con cui ha collaborato al documentario Rai Da Palermo a New Orleans… e fu subito jazz!: “Arbore si mostrò incredulo quando seppe che Prima veniva da Salaparuta, mi disse: ‘Dobbiamo fare assolutamente qualcosa!’ e si offrì di organizzare un evento per omaggiare lui, La Rocca e Roppolo”.
Leon Roppolo è il terzo talentuoso musicista di origini salitane che divenne famoso sia come solista che con la sua band, i New Orleans Rythm Kings.


“Morì ad appena 41 anni ma diede una svolta all’interpretazione del jazz, lasciando una traccia indelebile grazie al suo uso originalissimo del clarinetto, influenzando la classica, la moderna, il blues”, spiega il presidente, che si rammarica di come negli anni il territorio non si sia mostrato ricettivo alle proposte del centro studi.
A cominciare dalla creazione di un museo del jazz a Salaparuta, che rappresenterebbe un’occasione, forse l’unica, per far ripartire un paese dove il tempo pare quasi essersi fermato all’indomani del sisma, e con esso ogni possibilità di futuro.

“Non siamo che una onlus, viviamo di contributi – sottolinea Gruppuso – Nel 2011 avevamo avuto la disponibilità degli albergatori di Selinunte, entusiasti del nostro Sicilian Festival of Traditional Jazz and Swing che avrebbe trovato la cornice più adatta nel parco archeologico: un evento cui avrebbero aderito personaggi quali Lucio Dalla e Piero Angela, jazzista oltre che grande divulgatore, che per l’occasione avrebbe raccontato anche il sito.

Ma le cifre richieste per l’organizzazione erano troppo esose per le nostre risorse”.

“La politica – conclude il presidente – non ha compreso che le nostre iniziative potrebbero dare un ritorno economico a tutta la Valle del Belice dove, attraverso la cerchia di musicisti e intellettuali che hanno sposato la nostra causa, potrebbe nascere un festival musicale in stile Umbria Jazz, con il quale si potrebbe creare una sorta di ponte. Un festival che metta al centro cultura, beni monumentali e percorsi della memoria”.
Al momento, però, resta tutto su dischi, carteggi e spartiti. Un tesoro custodito da pochi, in una terra da cui fuggono in troppi.
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