C’era una volta Cenerentola che aveva due sorellastre bruttine e dispettose. Poi c’era la matrigna e un principe con la scarpetta di cristallo. Questo racconta la favola tradizionale. La 65ª edizione del Festival di Sanremo, giunta alla sua seconda serata, non si discosta di tanto, a partire dalla scarpetta. Una vera sorpresa, inaspettata e magica, fortemente voluta ma che sembrava inarrivabile: lo share del 49.34 per cento della serata di apertura che tradotto significa 11 milioni e 767.000 spettatori incollati alla TV.
Il Principe Carlo Conti, benedetto dalle aspettative e dalla curiosità generale, ne beneficia con orgoglio: “Questi dati certificano che ho accettato di condurre il Festival proprio nel momento giusto”. Ne beneficia Cenerentola, la bellissima Rocio Munoz Morales – più famosa per la sua liason con Raul Bova e che i sanremesi giurano di aver visto tra le vie del centro per una improvvisata fuitina d’amore – che per le sue effettive qualità. Ma Rocio è carina e composta, quasi si commuove ballando Lei verrà in ricordo di Mango e ad ogni domanda risponde con un detto in spagnolo, sia alle conferenze stampa che sul palco dell’Ariston.
Ma se lei, con i suoi lunghi abiti a sirena, ricorda il candore delle dive, non è così per le sorellastre Arisa ed Emma Marrone. Simpatiche, per carità, ma sembrano non imbroccarne una. Anche sul loro conto le voci di corridoio si sprecano: prima di tutto tra le due non correrebbe buon sangue, e del resto nell’iconografia cenerentoliana le sorellastre passano tutto il tempo a tirarsi i capelli. Quando viene fatta loro questa esatta domanda le due minimizzano. Ma Arisa, ieri sera nel backstage dell’esordio, avrebbe nientemeno che licenziato la sua addetta stampa perché troppo amica e tifosa di Emma. Un comportamento imperdonabile? Non se inserito nel contesto del personaggio Arisa, bravissima vocalmente parlando, un filino diva negli ultimi tempi. In conferenza stampa si presenta un tantino sfatta, con grandi occhialoni per mascherare le occhiaie e di fronte alle telecamere chiede un caffè. A suo favore gioca la competenza musicale che emerge quando tocca a lei presentare un brano in gara: se il gobbo si blocca lei va avanti, con maestria.

Emma e Carlo Conti durante la seconda serata del Festival di Sanremo. Foto: Stefano Lombardi
Va peggio per Emma Marrone che non perde occasione per giustificare la sua partecipazione sanremese. Invece di accettare il fatto che è stata invitata come valletta va un po’ sopra le righe. “Nella prima serata ero impacciata? Tantissimo. Ero di legno? Tantissimo. Quello è un palco che mette paura e ansia”, confessa la mattina dopo. Poi si commuove teatralmente e si blocca. “Piango perché sono felice. Quando ho chiamato a casa stamattina mio papà, mi ha detto che aveva visto la donna più bella del mondo e io ho vinto là”. Peccato che il papà non si riferisse a lei.
Cattiverie a parte la seconda serata del Festival appare un castello meglio costruito, un happy ending che finalmente sta in piedi: ritmo, un format spedito che finalmente inizia a marciare. Il Principe azzurro manda fuori le sorellastre – vallette tardi, dopo che hanno cantato già i primi quattro giovani, valorizzati finalmente nella prima parte della serata e non dopo mezzanotte. Ha capito che va bene il Festival della famiglia ma serve accelerare. Chiude 9 minuti in anticipo rispetto alla prima serata pur con una scaletta densa come il cemento.

Carlo Conti e Charlize Theron mercoled├¼ sera sul palco dell’Artiston. Foto: Stefano Lombardi

Charlize Theron, durante la seconda serata del Festival di Sanremo, ha ricordato le sue canzoni del cuore. Foto: Stefano Lombardi
Arriva la bellissima Charlize Theron che racconta, intervistata da Conti, le sue canzoni del cuore: si ascolta un pezzettino e Charlize, con i lucciconi agli occhi, spiega il perché. New York sale sul palco dell’Ariston assieme al giudice di Masterchef Joe Bastianich che crea un menù-Sanremo. Come dolce sceglie la cheesecake “in onore della mia New York” e ricorda la sua infanzia sulle note del Festival: “Da piccolo ascoltavo Sanremo con mia nonna alla radio, in cucina”. E accenna Quando quando quando di Tony Renis. L’ospite italiano della serata è Biagio Antonacci che non solo non convince il pubblico come Tiziano Ferro la sera prima, ma azzarda addirittura un omaggio a Pino Daniele, una versione di Quando piuttosto afona e sfiatata. Non serviva.
Quella con la barba che sale sul palco a fine serata non è Peppe Vessicchio ma Conchita Wurst e le rade sterili polemiche si concentrano su quanto Conti l’abbia liquidata in fretta chiamandola Tom.
Televoto e stampa decretano le cinque canzoni più in vista che sono quelle di: Lorenzo Fragola, Raf, Irene Grandi, Marco Masini, Il Volo e Nina Zilli. Cassati, almeno per ora: Bianca Atzei, Biggio e Mandelli (I soliti idioti), Moreno e Anna Tatangelo.
Una selezione che non ci trova del tutto convinti. Fosse toccata a noi, le cose sarebbero andate diversamente:
Irene Grandi, Un vento senza amore: voto 5 e mezzo. Il vento non porta nulla con sé, in caso brucia gli occhi, insegnano ai seminari per scrivere canzoni. Peccato che il suo brano giri tutto attorno a metafore vuote e inconsistenti.

Marco Masini ha presentato una commovente “Che giorno ├¿”. Foto: Stefano Lombardi

Raf ha cantato “Come una favola” durante la seconda serata del Festival di Sanremo. Foto: Stefano Lombardi

Tra i favoriti c’├¿ Il volo con “Grande amore”. Foto: Stefano Lombardi
Marco Masini, Che giorno è: voto 9 indiscusso. Da non fan, credevo gli avrei riso in faccia e invece il suo pezzo è ufficialmente la canzone che convince più di tutte. Un climax emotivo che arriva addosso come un treno, commuove, spettina. Graffiante la rabbia di una voce che ha tanto da dire. Un brano che da solo fa resuscitare le sorti del Festival. Applausi congiunti in sala stampa e all’Ariston.
Raf, Come una favola: voto 6. Piatto come il mare senza vento. Canzone perfetta per San Valentino. Ma dov’è il Raf degli anni ’80?
Bianca Atzei , Il solo al mondo: voto 6 e mezzo. Lei ha un gran timbro ma assomiglia troppo a Nina Zilli, con venature di Amy Winehouse. Brano classico stile Modà. Più no che ni.
Nina Zilli, Sola: voto 7. Sul palco è bellissima e gentile con tutti. Peccato che dal suo esordio stia cantando sempre la stessa canzone, un bluesettone vintage. Veste Vivenne Westwood ma la pettinatura a cofana la invecchia. Nonostante gli applausi in sala stampa non seduce del tutto.
Lorenzo Fragola, Siamo Uguali: voto 6 e mezzo. Vincitore fresco fresco di talent non convince come quando canta in inglese. Lo salva un buon intro ritmato. Il brano, scritto anche da Fedez, è molto orecchiabile ma piatto. Gli scommettitori l’hanno già messo sul podio.
Moreno, Oggi ti parlo così: voto 6 e mezzo. Il suo è l'unico pezzo presunto hip hop ma non sfrutta il potere tagliente che tale genere dovrebbe avere.
Anna Tatangelo, Libera: voto 5. Non capisco perché Anna finché canta debba essere accompagnata dalle sue gigantografie in chiave pop art: trash.
Biggio e Mandelli (I soliti idioti), Vita d’inferno: voto 6. Ridere a Sanremo non è un requisito fondamentale ma se i cantanti sono comici noleggiati alla musica allora lo diventa. Orecchiabile e nazionalpopolare, anche per la coregrafia da fanfara, non ha picchi. Tranne per la performance di Roy Paci alla direzione dell'orchestra, che ad un certo punto suona pure la tromba.
Il Volo Grande amore: voto 7. Questi tre ragazzi, usciti da un talent per adolescenti, rischiano concretamente la vittoria. Come da previsione, dopo la loro performance, l’Ariston gronda applausi. Sono i favoritissimi e per questo c’è chi mette sull’attenti i facili pareri visto che spesso a Sanremo chi entra Papa esce cardinale. Azzeccatissimo il look: abiti rock con giacche in pelle uniti ad un brano pop-lirico creano un buon contrasto che li sta aiutando in tutto il mondo. Anche senza vittoria le male lingue parlano però già di un successo costruito a tavolino, pericolosamente minato da un’infanzia barattata in nome della fama, una caramella al gusto di infelicità dal sapore amaro della droga. Dicono.
È l’una e 40, ora italiana. In sala stampa sono rimasti gli ultimi highlander. Mentre le firme illustri, Fegiz su tutti, ha fatto sorvolare l’aula da un elicotterino telecomandato per una ventina di minuti durante la visione comunitaria su maxischermo, ora alcuni colleghi intonano Non amarmi. Finalmente un brano sanremese. Del 1992. Evviva il nuovo che avanza.