Al Liceo Virgilio di via Giulia, all’ora di ricreazione, c’era sempre un gran caos.
I ragazzi di tutte le età assaltavano avidi e affamati il povero garzone del negozio di largo della Moretta che aveva portato su il cesto con le pizzette.
Fuori, in cortile, c’era chi fumava, chi giocava a pallavolo, chi litigava, chi spettegolava. E poi c’era sempre qualcuno che tirava fuori una chitarra e si metteva a suonare. Uno di questi era un ragazzo della mia stessa età, alto, magro, i capelli rossi, l’aria un po’ timida, un po’ intellettuale.
Quel ragazzo si chiamava Francesco De Gregori e faceva il filo ad una certa Chicca, ragazza simpaticissima con cui spesso mi intrattenevo a chiacchierare anche dopo scuola, al mitico bar Biancaneve sul Lungotevere, all’angolo con corso Vittorio.
Rividi quel mio coetaneo chitarrista un sabato pomeriggio dell’anno dopo il diploma, sul palco del Folkstudio, un piccolo locale di Trastevere dove andavano ad esibirsi giovani musicisti alle prime armi. Suonava la chitarra insieme all’amico Giorgio Lo Cascio, guarda caso un altro mio compagno delle medie, però in un’altra scuola. Seduto al pianoforte c’era un tipetto con la barba e gli occhiali a goccia che teneva sempre addosso il suo striminzito Montgomery nero. Lo guardai e mi ricordai di un pomeriggio in cui costui suonava il piano a casa di una mia amica.
“Antonè, ma ti stai zitto che non riusciamo a parlare?”, gli intimò lei, seccatissima per il gran frastuono. Be’, quell’Antonè altro non era che Antonello Venditti.
Ritrovai poi il lungo De Gregori nel 1973, in viale Mazzini, davanti al portone della Rai. I radicali, guidati dal prode Marco Pannella, emulo di Don Chisciotte, avevano simbolicamente assediato l’azienda televisiva per protestare non mi ricordo contro cosa. Era stato affittato per l’occasione uno sgangherato camion, sopra al quale Pannella e altri personaggi vari parlavano alla folla e dove alcuni musicisti si esibivano in improvvisati concerti. Pannella dovette alzare la voce per costringere il giovanissimo e vergognosissimo ventiduenne a salire con la sua chitarra per cantare quella strana canzone che aveva per protagonista una certa Alice, la quale non era in realtà una ragazza ma invece la televisione stessa. Il testo sembrava facile ma invece, come moltissime altre sue canzoni che seguirono, era piuttosto simbolico e, a volte, quasi ermetico. Alice divenne anche il titolo del suo primo long playing pubblicato in quello stesso anno. Da allora ne ha fatta di strada quel mio compagno di scuola!
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Il successo vero arrivò però due anni più tardi,nel 1975, con il disco Rimmel e con canzoni che tutti i ragazzi di allora hanno cantato e ricantato: Quattro cani, Rimmel, Pezzi di vetro e, infine, la bellissima Pablo, scritta insieme a Lucio Dalla.
Da lì fu tutto un fiorire di successi e di album uno più bello dell’altro, da Buffalo Bill a Viva l’Italia, da Titanic a La donna cannone, fino agli ultimi Calypsos e Sulla strada. Al di là dei suoi numerosi concerti che tuttora continuano, sono state davvero mitiche soprattutto le sue tournèe insieme al grande amico Lucio Dalla.
La prima, Banana Republic, del 1979, fu davvero imponente, supportata da un disco e un film con cinquecento mila copie vendute. I due cantautori registrarono sempre il tutto esaurito negli stadi e palasport italiani, all'insegna di una rinnovata stagione della musica dal vivo nella penisola.
La seconda tournèe, chiamata Work in progress, è invece molto più recente perché è niziata nel 2010, ovvero ben 31 anni dopo la prima. E fu nuovamente un grande successo durato un intero anno fino all’ultima tappa di Saint Vincent del 20 maggio 2011, dopo più di cento esibizioni nei teatri e negli stadi italiani ancora una volta esauriti. Solo la morte di Dalla, avvenuta inaspettatamente l’anno successivo, ha potuto fermare la loro grande complicità artistica e umana e chissà se ci sarebbe stata anche una terza tournèe prima o poi?
Insomma una grande carriera ha fatto quel giovane chitarrista del Liceo Virgilio, definito dall’eccelso Bob Dylan come la leggenda della musica leggera italiana.
Dylan aveva in comune con lui anche qualche esibizione sul polveroso palco del Folkstudio, in un periodo in cui era di passaggio a Roma, senza un dollaro in tasca e, in nome dei vecchi tempi, ha poi voluto inserire una canzone di De Gregori, Non dirle che è così (If you see her say hello), nel suo film Masked and anonymous del 2003.
Il mese scorso il nostro famoso menestrello romano ha ricevuto, proprio negli Stati Uniti, un premio importante, Il LA Italia-Excellence Award, nell’ambito del nono Los Angeles-Italia – Film, Fashion and Art Fest. E’ stata la prima volta in assoluto del nostro sulla West Coast e, nell’occasione, sono stati anche proiettati due film che lo riguardano da vicino. Il primo, Finestre rotte, lunga intervista nell’estate dei suoi sessant’anni, fu presentato alla Mostra del cinema di Venezia del 2012, per la regia di Stefano Pistolini. Il secondo invece è il web movie Dress Rehearsal Backstage, per la regia di Niccolò Bello, settanta minuti di prove di un concerto visto dal palco. Un viaggio completo che va dalla creazione della scaletta fino al giorno prima dell'esibizione.
Pascal Vicedomini, produttore della manifestazione, ha dichiarato: “Siamo orgogliosi di presentare agli americani e alla platea internazionale che sarà qui ad Hollywood, un’icona della cultura e della canzone popolare italiana.”
Be’ siamo orgogliosi anche noi per aver potuto ascoltare per tutti questi anni le sue canzoni che sono state un po’ la colonna sonora della nostra vita, dalla giovinezza alla maturità. L’ho incontrato poi, dopo tanti anni, De Gregori. Eravamo entrambi al Salone del Libro di Torino. Io ero andato a presentare il mio libro giallo Destini di sangue, lui era andato a leggere il suo audiolibro Cuore di tenebra, di Joseph Conrad. Pioveva a dirotto. Stavamo sulla porta, in attesa che qualcuno ci venisse a prendere con la macchina. Il mio “autista” era l’amico di vecchia data Piero Chiambretti, il suo un altro amico che sembrava di vecchia data anche lui. Avrei voluto dirgli molte cose e forse ringraziarlo per tutte le volte che ho cantato o fischiettato le sue canzoni. Invece, infreddoliti lì in piedi a guardare il torrente di pioggia che veniva giù, finimmo a parlare della nostra vecchia scuola, il Liceo Virgilio e il dialogo andò più o meno così.
“Io stavo nella sezione L”, feci io.
“Io nella G.”.
“Ah, in quella G?”
“Quale G?”
“Quella che ci stracciò nella finale del campionato interno scolastico.”
“Ah, si. Eravamo noi, ma vincere era facile. Noi avevamo Cinardi. Te lo ricordi?”
E come avrei potuto dimenticarlo quel Cinardi? Sono anni che mi sogno la notte i suoi dribbling ubriacanti e quella maledetta rovesciata che ci fece perdere la finale dell’anno 1971. Altro che canzoni di De Gregori! Ci vorrebbe un intero fiasco di vino dei castelli per dimenticarlo quel Cinardi lì, che ogni volta che segnava sembrava che ci sussurrasse ironicamente: “Buonanotte, buonanotte fiorellino.”