Le ossa rotte di bambù, il blues anni Quaranta del New Orleans, i deserti pietrificati della Sicilia Über Alles. Dove si annida la verità sull'assassinio di John F. Kennedy? Forse in mezzo a queste geografie, tra praterie sterminate e carteggi in disuso, dove si è perso di vista per sempre il mondo ("The world needs a hero") e il suo carnefice. "The man behind" ("l'uomo dietro la morte di JFK") è, in fondo, la bussola più inesplosa di tutte nell'arco temporale anni Sessanta-Settanta. Il bisogno di sapere chi sia il vero colpevole, di tornare a ritroso verso quel 1963, intacca la
psiche americana mezzo secolo più tardi. Ecco perché un libro come quello scritto da Stefano Vaccara – Carlos Marcello. The Man Behind the JFK Assassination, edito da Enigma Books – si dimostra spietato e necessario al tempo stesso, in concomitanza con il 50mo anniversario della morte del presidente degli Stati Uniti (22 novembre 1963).
Cambio di prospettiva, quindi: non è una tesi, quella dell'autore del libro, non è una verità scientifica. E' una soglia. Da attraversare e masticare: il responsabile per la morte di Kennedy potrebbe essere la mafia, ci dice Vaccara, in un clima di memorie in cui non mancano complotti e contro-inchieste (da cui l'autore prende umilmente distanza). Il più giovane presidente eletto, simbolo dell'ascesa dell'idealismo all'indomani della Seconda guerra mondiale, sarebbe stato assassinato per conto di Carlos Marcello, "il boss che odiava i Kennedy" (il richiamo è al titolo originale italiano del testo, uscito in Italia a inizio 2013 per Editori Riuniti, mentre all'ONU è stata presentata con successo la traduzione inglese, introdotta dalla giornalista della CBS Pamela S. Falk, Presidente della U.N. Correspondents Association, ed Erol Avdovic, giornalista corrispondente dall’ONU e scrittore).
Sembra quasi che la Lincoln Continental del 1961 (nome in codice X-100) continui a trasportare il corpo di JFK, di Stato in Stato, alla ricerca di una verità che sia degna di essere rivelata. Eppure, ricorda Vaccara, è proprio al Palazzo di Vetro che il presidente ucciso a Dallas ha pronunciato uno dei suoi ultimi discorsi, di certo, il più contemporaneo e illuminato, basti pensare che si faceva riferimento a tematiche ambientali oggi incombenti. Vaccara, giornalista di origini siciliane (Mazara del Vallo) e direttore di La Voce di New York, è convinto che dietro l'omicidio Kennedy si celi la firma, multiforme e sfibrata, del boss mafioso Carlos Marcello, al secolo Calogero Minacori, figlio di immigrati siciliani che si trasferirono a New Orleans in cerca di ricchezza. Marcello, il boss incontrastato della criminalità organizzata del sud degli Usa, avrebbe agito sulla tela del ragno mafioso generando un nuovo tipo di diagramma tra associazioni criminali/corrotte e Potere. Marcello, capo assoluto dell'impero del crimine (Mississipi, Alaba, Texas inclusi), proprio alla stessa ora del 22 novembre 1963, attendeva davanti alla corte di giustizia di New Orleans una sentenza che avrebbe potuto espellerlo dagli Stati Uniti, una minaccia federale contro di lui voluta dal Ministro della Giustizia Robert F. Kennedy. "Bisogna tagliare la testa e non la coda, affinché il cane non morda più", dirà Marcello un anno prima dei fattacci Dallas. Come riporta la quarta di copertina, qui siamo lontani dalla teoria dell’assassino solitario imposto dalla Commissione Warren o dagli smarrimenti storici dell'opinione pubblica. La cronaca lucida e appassionata di Stefano Vaccara ci porta in un altrove che merita di essere esplorato: lo testimonia il fatto eccezionale che, alla presentazione del libro all'ONU, siano accorsi e intervenuti giornalisti, inviati, reporter di tutte le nazionalità, curiosi e attenti, con il dito pronto a premere sui tasti delle agenzie d'informazione: russe, asiatiche, mediorientali… Dai baby-crimes che spezzano "vite di paese" al Potere che taglia il cordone ombelico della Storia intera: la mafia non ha ucciso soltanto JFK quel giorno.
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