Dopo ottant’anni di una guerra sanguinosa, nel 1648 le province settentrionali dei Paesi Bassi ottenevano l’indipendenza da una Spagna super-cattolica e super-monarchica, e si costituivano come Repubblica d’Olanda, uno stato ufficialmente protestante e repubblicano e, sia pure primitivamente, democratico. A parte le vastissime risonanze storiche, questo avvenimento ha avuto conseguenze immense per l’arte e in modo particolare per la pittura, conseguenze che, finora, non sono state ancora apprezzate in tutta la loro straordinaria profondità. Si rifletta solo un istante: la pittura paesaggistica, che fino ad allora era stata adoperata, e non soltanto in Spagna e nel suo gigantesco impero di cui facevano parte tutti i Paesi Bassi, semplicemente come sfondo di rappresentazioni di soggetto sacramentale e bigotto, rinasce come argomento di affettuoso e orgoglioso naturalismo. In altre parole la natura acquista quasi di colpo un valore, un interesse a sé, assoluto, di primo e unico piano.
La natura morta – da parte sua – non sta più in un angolo o non è più subordinata all’esaltazione religiosa o politica ma diventa il soggetto centrale, di peso filosofico se così può dirsi, per gli abilissimi pittori olandesi. La ritrattistica non è più subordinata alle elargizioni di una corte o all’iconografia convenzionale dei dogmatismi religiosi; e così di seguito, le conseguenze della libertà di pensiero si scoprono innumerevoli per l’arte. A questi temi di una vastità eccezionale si rivolge dunque oggi, negli aspetti principali ma anche nelle loro ramificazioni, una mostra che si è aperta nelle gallerie di uno dei principali musei del mondo, il Museo Metropolitan di New York, con il titolo: “In praise of painting; Dutch Masterpieces at the Met”. È un titolo che, nella sua semplicità, dà di per sé un senso di storia a questa che è una delle mostre più importanti mai allestite da questo museo. Perché le parole “Un elogio della pittura” sono anche il titolo di una conferenza che un pittore olandese partecipante alla lotta per la libertà che si stava per concludere, Philips Angel, aveva dato nel 1641 per illustrare la capacità della sua arte di dare un quadro veridico della realtà. Veridico sotto ogni aspetto: dalle forme della natura a quelle del corpo umano. I curatori del museo si sono anch’essi ispirati ai valori politici e sociali insiti nei quadri di pittura olandese.
Quadri che, a partire dal 1871, sono stati accumulati in maniera preferenziale dal museo stesso; museo di una nazione, gli Stati Uniti, formatasi anch’essa attraverso una rivolta. Insomma questa mostra vuole anche meditare, come aveva fatto Angel tre secoli e mezzo prima, sul potenziale filosofico, sociale e comunitario della pittura. La mostra si articola, certamente, sui colossi che hanno dato importanza mondiale alla pittura olandese, Rembrandt, Vermeer, Hals, Ruisdael, ma riporta anche in luce , grazie al vastissimo patrimonio normalmente tenuto in deposito, anche pittori di rango molto meno elevato. Importanti, però, in quanto mossi dalle stesse aspirazioni, o magari da contrastanti spinte polemiche, ma relative agli stessi obbiettivi artistici e sociali, emersi in particolare durante la lunghissima lotta appena conclusa.
La mostra, comprendente un’ottantina di opere, è organizzata in maniera tematica in sei grandi gallerie che si aprono con uno dei più celebri e discussi quadri di Rembrandt, “Aristotele con il busto di Omero”, un’opera che consente di ricordare il sostrato filosofico e polemico del conflitto con la potenza spagnola. La prima galleria, “i volti di una nuova nazione”, permette di illustrare, soprattutto attraverso l’opera di Rembrand e di Hals, i personaggi principali di un nuovo quadro sociale, sopratutto distinto da grande diversità e mobilità. Le due gallerie successive familiarizzano il visitatore con le maggiori caratteristiche delle opposte fazioni religiose ma anche con il territorio prettamente geografico che si distingue per la sua pianezza ma anche per la drammaticità climatica, caratteristiche che ispireranno la pittura paesaggistica come aspetto centrale dell’arte in Olanda (Ruisdael, Hobbema ed altri) ma anche nel resto d’Europa. La penultima galleria (“Maestri, allievi, rivali”) ricorda soprattutto attraverso le opere di Rembrandt e dei suoi seguaci e oppositori, le tensioni generate dalle profonde innovazioni del grande maestro, mentre l’ultima galleria (“Il comico nella pittura”) è dedicata allo sviluppo dell’arte popolare con le opere di Steen e dei suoi numerosi imitatori. La mostra rimarrà aperta fino al 4 ottobre del 2020.