Si è aperta poche ore fa alla Frick Collection di New York la straordinaria mostra monografica dello scultore, designer, orefice e decoratore Luigi Valadier (1726-2019), intitolata “Luigi Valadier-Splendor in Eighteen-Century Rome”. Ha inaugurato l’esposizione il curatore capo del museo, Xavier Solomon, che ha anche partecipato a una delle più complesse operazioni internazionali necessarie per radunare opere che fanno parte delle più diverse collezioni mondiali. La cura artistica dell’esposizione risale tuttavia a uno specialista, Alvar Gonzalez-Palàcios che allo studio e rivaluazione di Luigi Valadier ha dedicato buona parte della sua vita.
Il Valadier di cui si tratta, infatti, non è il ben noto architetto Giuseppe, famoso autore della ricomposizione moderna di Piazza del Popolo in epoca napoleonica a Roma e di innumerevoli altre opere nella città eterna e altrove, ma suo padre Luigi, oggi praticamente sconosciuto nonostante l’eccezionale finezza e bellezza di innumerevoli oggetti decorativi da lui prodotti, di un valore che, nel suo campo, può dirsi raggiunto soltanto da artisti del livello di Benvenuto Cellini. Per questa ignoranza c’è anche una ragione storica: questo Luigi, nato Roma dove si erano trasferiti i suoi genitori francesi, aveva preso la direzione della bottega d’arte aperta dal padre dove aveva assunto un gran numero di collaboratori, si è suicidato perchè non in grado di sanare un forte deficit di bilancio. Questo tipo di morte – Luigi si gettò nel Tevere – era considerato un grave peccato nella capitale papale italiana, e tale da stroncare la carriera e da cancellare la notorietà di un artista.
Quella che ha adesso luogo è la prima esposizione monografica mondiale dedicata a questo Valadier, e si compone di una cinquantina tra oggetti e disegni, provenienti da musei non solo italiani ma anche francesi e spagnoli, perchè originariamente creati per case aristocratiche e anche reali di ogni parte d’Europa, dalla Spagna alla Russia degli czar. Tra queste opere, oggetti soprattutto ornamentali ma anche di inaspettata grandezza, come sei sculture di santi in argento alte circa un metro, di grande intensità estetica e psicologica, create per l’altar maggiore della cattedrale di Monreale (è la prima volta nella storia che questi oggetti lasciano la chiesa siciliana). Numerosi i “deser” (parola dialettale derivata dalla semplificazione della parola “dessert” a Roma, ma poi entrata nell’uso tecnico per indicare oggetti ornamentali destinati alla tavola), magnifiche opere decorative, anche molto grandi come la ricostruzione del museo di Iside a Pompei proveniente dal museo di Capodimonte, opera lunga quasi due metri e creata dalla bottega di Valadier in collaborazione con l’artigiano romano Carlo Albacini. Le materie prime di queste opere sono, oltre l’argento, l’alabastro, il diaspro, il bronzo dorato ed altre. Altri oggetti di grandezza e valore estetico eccezionali provengono dalle case reali e dai musei spagnoli e francesi, nonchè italiani come la galleria Borghese di Roma e i; museo napoleonico, pure di Roma.
Insieme con questa mostra è in corso alla Frick Collection (che tra due anni intraprenderà un programma di ampliamento) una interessante esposizione di piccoli dipinti religiosi destinati alla Certosa di Bruges, dovuti al pennello di Jan Vos, Jan van Eyck e Petrus Christus, e che solo per la seconda volta vengono presentati al pubblico.