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MoMA, “Being, New Photography 2018”: la natura nella fotografia dell’essere

La nuova esibizione del museo d'eccellenza di New York presenta le nuove esigenze dell'arte nel Ventunesimo secolo

Mauro LucentinibyMauro Lucentini
MoMA, “Being, New Photography 2018”: la natura nella fotografia dell’essere
Time: 3 mins read

Cacciata dalla finestra dell’arte un secolo fa per essere consegnata alla fotografia, l’imitazione della natura rientra dalla porta, trasformata anch’essa in arte astratta, nelle tendenze dell’arte fotografica del ventunesimo secolo.

Tale è almeno l’impressione che si ricava dalla bellissima mostra “Being, New Photography 2018”, attualmente in corso al MoMA, il celeberrimo museo d’arte moderna di New York che abbastanza spesso trova il senso e anche dà il “la” alle nuove espressioni artistiche di tutto il mondo.

Si tratta di una specie di piccola “Biennale della fotografia” che si tiene, appunto, ogni due anni e presenta a un pubblico di vastità internazionale quelle che i dirigenti del museo – in questo caso, forse significativamente, una donna, Lucy Gallun, vice-curatrice (perdonate il neologismo) del Dipartimento Fotografia – individuano con occhio abbastanza infallibile come gli orientamenti dell’arte si vanno delineando con mezzi vecchi e nuovi (vedi: i telefoni cellulari) per penetrare nell’intimo della realtà umana contemporanea.

Installation view of the exhibition, “Being: New Photography 2018”
March 18, 2018–August 19, 2018. IN2396.11. Photograph by Martin Seck.

Di qui il titolo, being, l’essere, la vita di oggi e dell’immediato domani. L’antologia fornita dal museo consiste di 80 opere nuove o molto recenti di 17 artisti provenienti da otto nazioni.

In un’epoca in cui prevalgono questioni concernenti i diritti (uomo, donna, gay), le responsabilità e i rischi dell’essere presenti e rappresentati nel mondo, Being richiama l’attenzione sul come e sul quando gli individui vengano visti, percepiti attraverso la foto. E’ probabilmente una coincidenza fortuita, ma non meno significativa, il fatto che 10 su 17 di questi nuovi artisti della fotografia siano donne; che questi artisti provengano anche dalle parti un tempo più remote del pianeta, e che anche quando si proclamano americani (10 su 17) sono in buona parte profughi, o comunque “trasmigrati” da altre parti del pianeta.

Installation view of the exhibition, “Being: New Photography 2018”
March 18, 2018–August 19, 2018. IN2396.45. Photograph by Martin Seck.

Questa caratteristica migratoria è propria, tra questi artisti, anche di non americani, come Andrzej Steinbach (tedesco, ma nato in Polonia) o Adelita Husni-Bey, che si dice “Italo-libica” (rappresentante unica, nella mostra, della foto italiana), o Yazan Kalili, palestinese ma nata e che vive in Siria.

Bene. Tutti questi artisti contestano la rappresentazione della realtà nella fotografia quale è giunta via via nel passato secolo agli occhi del pubblico per darne una visione nuova e rivoluzionaria, ma molto più prossima all’arte astratta quale si era contemporaneamente offerta in quelle che si chiamavano un tempo le arti maggiori, cioè pittura e scultura, cui si erano aggiunte espressioni quanto mai libere e sperimentali come, solo per dirne una, l’arte concettuale.

Installation view of the exhibition, “Being: New Photography 2018”
March 18, 2018–August 19, 2018. IN2396.15. Photograph by Martin Seck.

Lo fanno sfidando le stesse strategie convenzionali della fotografia, per esempio usando, nella natura viva o morta e nella ritrattistica, oscurazioni (masking), tosature (cropping), frammentazioni intese a disorientare, piuttosto che orientare, chi vede; in altri casi, ad estrarre l’istantanea dal contesto originale per introdurla in sequenze o storie che restituiscano il senso della vicenda, che accennino alla psicologia del profondo, o al dramma semplicemente insito nel vivere, oggi, per tante persone, o per tutti.

Installation view of the exhibition, “Being: New Photography 2018”
March 18, 2018–August 19, 2018. IN2396.90. Photograph by Martin Seck.

Una mostra, in totale, che dà moltissimo di nuovo da vedere in una forma d’arte che tende sempre più a riunirsi all’arte in generale, e, ancora di più dà da pensare. Una mostra che non va mancata, insomma, che si sia interessati alla fotografia o solo, in generale, all’arte. Rimarrà aperta fino al 19 agosto.

 

Di Mauro Lucentini potete seguire anche la sua bellissima guida di Roma qui e qui

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Mauro Lucentini

Mauro Lucentini

Sono nato e vissuto a Roma che però ho abbandonato più di mezzo secolo fa per fare il giornalista in varie parti del mondo. Ne ho tratto una specie di complesso di colpa nei confronti della mia città natale, complesso che ho un po’ alleviato scrivendo da lontano una Grande Guida di Roma, che si vende in diverse lingue in diversi paesi. A New York venni per rimanerci tre o quattro anni, invece ci incontrai la ragazza più carina e dolce del mondo così ci sono rimasto, mettendo su, come si suol dire, famiglia. Lei però, pur essendo tanto più giovane di me, è poi scomparsa come un fiorellino che muore. In questa lunga carriera, cominciata quasi da bambino, ho sempre scritto sia di politica che di arte e di questo non mi pento.

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