In una cornice di rapporti internazionali in cui normalmente si assiste in compassato silenzio al passaggio della storia l’Italia ha fatto risuonare lunedì sera una nota squillante che era insieme di commemorazione e di augurio. Si trattava dell’apertura, nel salone che forma l’ingresso principale del palazzo delle Nazioni Unite di una breve, coloritissima mostra dell’artista italiano di cui ricorre nel prossimo dicembre il centenario della morte, Umberto Boccioni, scomparso a soli trentatré anni nel 1916 lasciando un’impronta incancellabile nella storia della pittura. La ricorrenza faceva però anche da celebrazione di un importante evento che apre più ampie prospettive alla diplomazia italiana, l’ingresso dell’Italia tra i membri del Consiglio di Sicurezza dell’ONU.

Il fatto che si sia scelto un esponente del Futurismo, movimento associato con il sorgere del fascismo e con l’intervento italiano nella Prima guerra mondiale per solennizzare l’ingresso dell’Italia nel massimo organismo mondiale per la conservazione della pace e della sicurezza nel mondo ha sollevato delle critiche, per me assurde dato che l’impulso creativo artistico ha sempre un senso spirituale superiore e isolato, come diceva Croce, da ogni altro impulso umano, e dato che anche sul piano internazionale la rivalutazione del Futurismo in pittura, e del cosiddetto Razionalismo in architettura – due vanti dell’arte italiana prima e durante il fascismo – è stata completa negli ultimi anni in paesi liberi e democratici come la Francia e gli Stati Uniti, nonché scevra dai riferimenti politici del tempo in cui sono nati.
Il significato della contemporanea commemorazione di un artista italiano e celebrazione del progresso italiano sul piano internazionale è stato illustrato a una folla festosa di diplomatici, artisti, giornalisti e funzionari del Palazzo di vetro dall’ambasciatore italiano Sebastiano Cardi, i cui occhi sprizzavano orgoglio per questa affermazione di un prodotto della civiltà italiana e contentezza per un successo diplomatico che corona una delle più intelligenti e pacate opere svolte da un rappresentante italiano nel massimo consesso internazionale. Grazie ad essa già dall’inizio di ottobre l’ambasciatore italiano ha il diritto di assistere alle sedute del Consiglio come osservatore, mentre a partire dal prossimo primo gennaio l’Italia assumerà uno dei 15 seggi del Consiglio: un obiettivo a cui la Missione italiana alle Nazioni Unite lavorava da tempo.

Dopo Cardi hanno parlato Filippo Del Corno, assessore del Comune di Milano per la Cultura, in rappresentanza di due musei milanesi che hanno prestato le opere di Boccioni, il Museo del Novecento e il Castello Sforzesco; e l’editrice Federica Olivares, brillante e notissima figura milanese, che si è prodigata per la realizzazione della mostra. Il saluto delle Nazioni Unite è stato portato alla mostra dal nuovo presidente dell’Assemblea Generale dell’ONU, l’ambasciatore Peter Thomson, lui stesso eletto alla sua carica soltanto da pochi giorni.
Intitolata Dynamism and Elasticity: Umberto Boccioni, la mostra, molto sintetica, consiste di due grandi quadri a olio, il primo intitolato Dinamismi e che è il risultato delle ricerche dell’artista sulle latenti geometrie della figura umana in corsa, il secondo Elasticità, rappresentazione della muscolatura di un cavallo in moto; i dipinti sono accompagnati da quattro disegni preparatori, tre del tutto astratti, uno, parzialmente figurativo, di un un uomo in corsa.
Affondando le sue radici nella visione di Cézanne e nelle esperienze del primo cubismo di Picasso e di Braque, Boccioni, un giovane pittore e scultore calabrese formatosi a Parigi e a Mosca, autore di una sua teoria sullo stato d’animo e il momento creativo, la impregnerà dopo il suo ritorno in Italia di una particolare sensibilità alle energie nascoste della natura e all’anelito per la creazione e l’avvenire. Queste caratteristiche costituiranno, poi, anche l’elemento portante del Futurismo. A questo movimento Boccioni si associerà formalmente sei anni prima della sua morte e dopo incontri a Milano con Marinetti, Balla, Carrà e Russolo. Sul piano internazionale, tuttavia, solo a cavallo tra il Novecento e il Duemila il vasto contributo che Boccioni e il movimento futurista hanno dato allo sviluppo dell’intera arte contemporanea è stato riconosciuto, in parte grazie a grandi mostre retrospettive tenutesi a New York e a Parigi.

La piccola, significativa mostra all’ONU dà un altro e specialissimo contributo a questo riconoscimento.
Se c’è da muoverle un appunto, questo riguarda soltanto la sua brevità: dal 4 all’8 ottobre, cinque giorni in tutto! Forse il suo trasporto in una delle grandi gallerie private di Manhattan – un Acquavella, un Gagosian – avrebbe richiesto lunghi accordi preventivi che non era possibile effettuare. Ma io penso che sarebbe stato certamente possibile portarla all’Istituto Italiano di Cultura o ad uno degli altri tre o quattro istituti d’arte italiani esistenti a New York. Sempre a mio parere, questi sarebbero stati ben lieti, anche senza un particolare preavviso, di organizzare il trasloco e di ospitare la mostra – avrebbe occupato solo una piccola sala – per qualche settimana.