Il viaggiatore in vacanza che capita a New York in questo periodo di feste ha un doppio vantaggio: quello di trovarci l’inverno più mite a memoria d’uomo – un’aberrazione climatica di cui tanto vale sfruttare il lato buono – e quello d’incontrare una serie stupenda di mostre d’arte.

“Picasso Sculpture”, al MoMA
Ci sono argomenti per sostenere che l’esposizione Picasso Sculpture, al MoMA fino al 7 febbraio (53rd Street, tra Fifth e Sixth Avenue), sia tra le più belle mai offerte al pubblico in questa emozionante città; ma non c’è il minimo dubbio che sia anche la più spassosa. Picasso stesso, che a differenza della sua formale educazione come pittore era totalmente autodidatta nel campo della scultura, si divertiva un mondo a reinventare attraverso la diversità dei materiali e l’astrusità delle forme le possibilità dell’arte su tre dimensioni e teneva affettuosamente in casa propria tutti i prodotti delle sue escursioni sculturali, per mostrarle a parenti e amici. Nel contempo, com’era suo solito, rivoluzionava nei modi più sorprendenti e gustosi anche questo settore dell’arte.

“Frank Stella: A Retrospective”, al Whitney Museum
Supponendo poi che il nostro visitatore sia veramente risoluto a combinare durante un’intera giornata le emozioni di Manhattan con quelle dell’arte, costui o costei non ha che da attraversare la strada di fronte al MoMA e, risalendola verso Est di pochi metri, entrare nella stazione della metropolitana lì situata, prendere la linea E in direzione Sud e rimanerci per sei fermate fino a 14th Street, percorrendo la quale (una passeggiata di tre lunghi isolati verso una specie di ponte sospeso visibile già in lontananza, che è poi la famosa High Line inventata dal sindaco Bloomberg per vivacizzare Chelsea, nuovo quartiere delle arti), lo o la condurrà verso quella stupenda sovrapposizione di parallelepipedi cementizi che è il nuovo edificio escogitato da Renzo Piano per il Whitney, quintessenziale museo della sola arte americana. Tuttora in corso, e anche questa in programma fino al 7 febbraio, ci troverà la Frank Stella: A Retrospective, documento della lunga esistenza dedicata da un artista alle rivelazioni dell’ottica e della pittura. La visita le o gli consentirà anche, grazie alle trovate architettoniche di Piano, di godere appieno del panorama Sud-Ovest di Manhattan affacciato sull’estuario maestoso dello Hudson River.

“Graphic Passion: Matisse and the Book Arts”, al Morgan Museum
Tornato alla stazione donde era provenuto, il nostro instancabile viaggiatore può poi prendere nella sola direzione possibile la linea L per due fermate, scendere alla stazione Union Square e lì cambiare treno per insediarsi sulla linea 6 in direzione Nord, rimanendoci per tre fermate fino a 33rd Street. Uscendo su Park Avenue, la strada di lusso inventata un secolo fa per ricoprire di aiuole e fiori la rete delle ferrovie in arrivo a Grand Central Station, non ha che da percorrere i tre brevi isolati che lo portano su 36th Street, e di qui spostarsi a sinistra lungo un isolato lungo per arrivare su Madison Avenue a una splendida villa neo-rinascimentale, costruita nel 1902 in quella che era allora quasi campagna per alloggiare la sua favolosa biblioteca e i suoi quadri dal più danaroso dei grandi mercanti industriali della cosiddetta Gilded Age, Pierpont Morgan. Lì sono in corso contemporaneamente quattro esposizioni tra cui, se dovesse contentarsi di una sola, chi scrive sceglierebbe Graphic Passion: Matisse and the Book Arts (aperta fino al 18 gennaio), in cui una cinquantina di illustrazioni e copertine di libri, insieme a una quantità di disegni preparatori e schizzi, scoprono un ennesimo lato della mente creatrice del grande maestro francese.

“Andrea del Sarto: The Renaissance Workshop in Action”, al The Frick Collection
Terminata questa visita il nostro turista esemplare, che ha ormai compreso anche l’efficienza dei trasporti pubblici newyorchesi, potrà prendere alla fermata di fronte alla villa di Morgan uno qualsiasi degli autobus di Manhattan che percorrono Madison Avenue e scendere sulla 72nd Street. Indietreggiando qui di un solo isolato e piegando verso Ovest, arriverà in quattro passi sulla favoleggiata Fifth Avenue e presso l’altrettanto mitico Central Park. A questo punto avrà l’orgoglio di sapersi sul limite meridionale del cosiddetto “Museum Mile” dell’isola di Manhattan – un miglio della Quinta Strada (lungo in realtà oltre un paio di chilometri) su cui si aprono, grandi e piccoli, una decina di musei. Proprio sull’angolo della 71ma troverà l’ingresso di un’altra delle sfarzose residenze della Gilded age, questa abitata un tempo dall’industriale Frick il quale vi ha lasciato, per il godimento dei posteri, la sua splendida Frick Collection di pittura classica. In questo momento vi è anche allestita la godibilissima mostra Andrea del Sarto: The Renaissance Workshop in Action, dove tre dipinti e una cinquantina di disegni di quasi incomparabile bellezza del grande artista in provenienza dal Palazzo Pitti rituffano il visitatore nell’epoca più gloriosa della pittura italiana. La mostra è aperta fino al 10 gennaio.

“Ancien Egypt Transformed: the Middle Kingdom”, al MET
A questo punto il nostro aficionado dell'arte non ha che da proseguire, verso Nord, a piedi lungo la Quinta o, se preferisce, procedendo in parallelo lungo il verdeggiante parco che le sta di fronte. Dopo dieci isolati brevi incontrerà l’inconfondibilmente maestoso Metropolitan Museum of Art, dove in questo periodo, e fino al 24 gennaio, è visibile la mostra Ancien Egypt Transformed: the Middle Kingdom in cui si illustra, a cominciare da quattro millenni or sono, una serie di dinastie durate quattrocento anni, di vasto interesse storico, ma ancora insufficientemente conosciute.

“Berlin Metropolis: 1918-1933”, alla Neue Galerie
Tra la teoria di musei che fanno seguito a questo sul “Museum Mile” ne indichiamo, a nostro giudizio, due che oltre a offrire in questo momento le esposizioni più belle possono essere raggiunte con un accettabile sforzo di pochi passi ancora. La prima è, sull’angolo della 86th Street, la Neue Galerie specializzata in arte austro-germanica che allestisce sempre mostre sfiziosissime di cui quella in corso, visibile fino al 4 gennaio, s’intitola Berlin Metropolis: 1918-1933. Dominata da un autoritratto di Lovis Corinth di inesprimibile bellezza, l’esposizione è dedicata all’arte della Repubblica di Weimar, un periodo di grande confusione politica, ma grande fervore artistico che oltre al comprensibile interesse del soggetto ne ha un altro speciale: quello di rassomigliare al giorno d’oggi.

“Alberto Burri: the Trauma of Painting”, al Guggenheim Museum
La lunga passeggiata può essere infine coronata all’altezza della 89th Street da una visita al Guggenheim Museum, che insieme all’entusiasmo sempre suscitato dall’edificio a tronco di cono rovesciato – un unicum – creato per la collezione di Solomon Guggenheim negli anni Venti da Frank Lloyd Wright, dà modo in questo momento di vedere Alberto Burri: the Trauma of Painting, la sola, ricchissima retrospettiva mai dedicata a un presciente artista italiano che è anche uno dei più grandi, e in realtà meno conosciuti, maestri dell’arte contemporanea mondiale. Ma occorre affrettarsi: la mostra chiude il 4 gennaio.