Era ancora in pieno corso alla Neue Galerie di Manhattan la stupenda mostra di Egon Schiele, il pittore della decadenza austriaca che l’illustre critico Ian Buruma ha chiamato “l’artista del sesso e della morte”, quando a pochi passi di distanza, cioè al di là di Fifth Avenue, al Metropolitan Museum of Art è esplosa un’altra mostra dedicata niente di meno che a Eros e Thanatos, cioè agli stessi due concetti di amore e morte, solo tradotti nel linguaggio più colto di quella venerabile istituzione (che tuttavia, con disinvoltura tutta americana, non si perita poi in una introduzione dell’autore sul muro della mostra di infilare uno sfondone di semplice grammatica francese, informandoci che a Parigi l’orgasmo nel coito viene chiamato “le petit mort”).

Pablo Picasso, La Douleur (1902 o 1903). Foto: courtesy Metropolitan Museum of Arts
Già da questo inciso il lettore può dedurre che ormai, e particolarmente da quando al MoMA si ebbe la memorabile retrospettiva di Jeff Koons, quando in America si tratta di mostre su questi argomenti, più che di “Eros” ci si può attendere lo sbottonamento più totale in materie che fino a qualche anno fa si sarebbero dette senza esitazione pornografiche. La mostra al Metropolitan batte a questo riguardo ogni record. Ci credete a un quadro di Pablo Picasso del 1902-1903 intitolato La Douleur dettagliatamente figurativo in cui si vede una donna di una certa età che avvinghiata nuda a un bambino vestito da marinaretto gli succhia avidamente il pene? È inutile nascondere il fatto che soprattutto negli anni di gioventù squattrinata artisti del tutto rispettabili come Schiele e Picasso fornivano di soppiatto immagini “outré” a una “certa clientela”, anche se questo non significa che queste immagini non raggiungessero un certo livello estetico (nel caso di quel quadro giovanile di Picasso, ciò appare tuttavia dubbio).
Ma entriamo nei particolari. Il Metropolitan Museum, avendo preso la decisione di onorare della sua prima mostra retrospettiva il fotografo Piotr Ulanski (nato in Polonia nel 1968), il quale, non solo nelle sue foto, ma anche come artista concettuale, di installation art, di performance art e di appropriation art, prende come principio – torniamo all’introduzione murale – “l’attrazione perversa del repellente” (la mostra si intitola infatti ufficialmente: Fatal attraction: Piotr Ulanski Photographs) ha anche deciso di dare allo stesso Ulanski un incarico speciale. Gli ha dato totale libertà di organizzare, sempre al Metropolitan, in una specie di mostra-corollario della sua retrospettiva, oggetti di qualunque tipo prelevati da tutti e undici i dipartimenti in cui si divide il Metropolitan, che a suo parere illustrano in qualche modo il suddetto principio di Amore e Morte. È stato così che questa mostra satellite, che include accanto a opere dello stesso Ulanski anche oggetti che attraversano tutta la storia umana dal 1300 a.C. a oggi, si è rivelata ancora più interessante della mostra retrospettiva principale. Su di essa sembra presiedere, con una straordinaria espressione serafica di trascendentale saggezza, una maschera funebre di Amedeo Modigliani, fabbricata in bronzo nel 1920 dagli scultori Mo╚ëse Kisling e Jacques Lipchitz (il Met, che a quanto pare ce l’aveva nei suoi depositi dal 1972, avrebbe potuto tirarla fuori prima). Su un muro c’è una frase che Ulanski assicura essere la riproduzione autentica di un graffito stradale a Varsavia. Traduco: “La vita è una malattia letale trasmessa via coito”.
Dopodichè tutti gli oggetti illustrano, uno dopo l’altro, e in una maniera o in un’altra, spesso inaspettata, soprattutto con quadri o foto, aspetti anhe mostruosi e ributtanti del fascino sessuale e della decomposizione finale. Per esempio: una foto del 1919 di Juliette Alexandre-Brisson in cui il membro maschile (che è il personaggio principale di tutta la mostra) appare nella mano di una donna come ectoplasma in una seduta spiritica. Tra tutti, tuttavia, il più interessante è forse uno scudo cerimoniale (“agiba”) in forma di teschio, simbolo di potenza e di morte dei cacciatori di teste della Papuasia, da cui poi lo stesso Ulanski ha tratto l’idea di un cranio umano formato dai corpi nudi di giovani di ambedue i sessi (nella foto d'apertura).
La mostra: Egon Schiele – Portraits alla Neue Galerie è aperta fino al 20 aprile. La mostra Fatal attraction – Piotr Ulanski photographs è aperta fino al 16 agosto.