Sarebbe come voler togliere i colori all’arcobaleno, trasformare il glicine, il rosso e l’indaco in sfumature di grigio per attutire il colpo di quando il sole smetterà di usare gocce d’acqua come specchio. Una tutela preventiva, un prepararsi alla mancanza. Ma un arcobaleno senza colori non è che un triste ossimoro.
Basta scendere alla fermata di Court Square nel Queens per trovarsi di fronte ad un altro ossimoro, quello di Five Pointz, hall of fame dei graffiti di tutto il mondo. Vent’anni di arte cancellati come con una cancellina che scivola sul gesso di una lavagna nella notte del 19 novembre. E così i muri del palazzone, diventato manifesto della libertà d’espressione, per ora ci sono ancora ma parlano di un ammutinamento.
A nulla è valso l’appello alla Visual Artists Rights Act, la legge federale che tutela i dipinti sui muri, a poco sono serviti anche i contributi di artisti sulla cresta dell’onda quale Bansky: Five Pointz verrà abbattuto, al suo posto sorgeranno condomini di lusso. E questa mano di bianco non è che il camice prima dell’operazione, il coprire prima di squarciare.
La tristezza e l’indignazione in questi giorni hanno accomunato i writer di tutto il mondo, c’è chi non trattiene le lacrime fermandosi al centro del piazzale fino a qualche giorno fa tripudio di colore, c’è chi afferra un pennarello e lascia dei messaggi nero su bianco: “Noi almeno abbiamo seguito le regole” scrive qualcuno. “Who’s the vandal?”, chi è il vero vandalo? Chi dipinge legalmente o l’imbianchino che, come i writers delle origini, entra in azione di notte senza farsi vedere? E il dibattito, dopo essere rimbalzato anche su Twitter, dove i nuovi intonaci di Five Pointz sono stati descritti da Clinton Yates, giornalista del Washington Post, come “il film artisticamente e culturalmente più irrispettoso che io abbia visto negli ultimi tempi”, è approdato anche in Italia.

Slog175 impegnato a dipingere a Five Pointz
“Sono contento di aver potuto almeno salutare Five Pointz appena venti giorni fa – racconta Slog175, writer di Mestre che dipinge dal 1992 ed è reduce da un viaggio nella Grande Mela – tappa obbligatoria per chi ama quest’arte. Ci ritorno appena posso, ogni due, tre anni e in ogni viaggio Five Pointz è sempre al culmine dei miei itinerari. Ho avuto la fortuna di dipingerci due volte, la prima ai piedi del fabbricato, la seconda sul tetto. Ricordo il panorama suggestivo, i grattacieli di Manhattan sullo sfondo, una vera emozione per un writer straniero in visita”. Sposta lo sguardo finché ricorda aneddoti, disegni e colori. “Mi mancherà ma mancherà anche a tutta la città che perde un colpo d’occhio eccezionale e visibile anche dalla metro sopraelevata”.
“Tutti mi avevano parlato di questo vero e proprio monumento dedicato al writing – gli fa eco l’amico Sat, stessa provenienza, stessa passione ventennale – Quando l’ho visto mi ha lasciato senza parole e ora non c’è che tristezza”.
Ma se il mondo dei graffiti made in Italy condanna quei muri imbiancati come una vergogna globale, “un atto insensato che rende bene l'idea del grigio e del nulla che come la nebbia avvolge e appiattisce tutto, riportando Five Pointz ad essere una struttura edile priva di vita umiliandola ancor prima di essere abbattuta”, ci pensano gli artisti di casa a smorzare i toni.
“È uno schiaffo che si sente più forte da lontano”. A dirlo sono i Tats Cru, che sta per Top Artistic Talent, un gruppo di pionieri dei graffiti con base nel Bronx. Alle prese con i dipinti della metropolitana negli anni ’80, per proseguire poi con muri illegali nelle strade di New York, ma arrivando oggi ad essere tra gli artisti più acclamati per pubblicità, lavori commerciali e videoclip che li hanno portati a collaborare con i Metallica e Missy Elliot. “Quello che sta accadendo a Five Pointz è molto più impressionante per i writer stranieri che per noi – confessano le firme descritte come “leggenda del Bronx” dal New York Times nel 1995 – Si tratta di un luogo che ha accolto artisti da tutto il mondo, ha dato loro un muro, uno spazio per esprimersi, e che sicuramente mancherà. Certo, non era necessario coprire tutti quei lavori con pennellate di bianco. Si poteva semplicemente lasciare tutto così com’era e proseguire con la demolizione. Non è stata una mossa intelligente da parte dei proprietari: quel bianco ha violato l’arte di molta gente”.
Ma la perdita è parte integrante dei graffiti: “Siamo abituati a perdere dei nostri pezzi sui muri di New York, a vederli abbattuti o coperti, per noi quindi non si tratta di uno shock poi così grande. I graffiti continueranno ad esserci. Provate a pensarci, ci hanno tolto le metropolitane ma la nostra arte esiste ancora”.
Non tutto infatti sembra perduto. Il proprietario di Five Pointz Jerry Wolkoff assicura che il nuovo stabile proseguirà con la tradizione dei murales e ci sarà uno spazio ancora una volta dedicato ai graffiti internazionali e non solo.
“Ci crederò solo quando lo vedrò – provocano gli italiani Sat e Slog – sarà una scelta che spetterà ai writer locali, noi non credo lo accetteremmo visto lo scempio. Ci sono tanti altri posti dove dipingere, ad esempio il Bronx vera culla del movimento”.
“E invece è una gran cosa che il proprietario stia cercando in qualche modo di lavorare con gli artisti – concludono gli autoctoni Tats – Ora tutti lo stanno attaccando per la sua scelta di demolire ma ognuno di noi sta dimenticando che si tratta della stessa persona che 20 anni fa diede il permesso di dipingere, ricoprendo di graffiti tutta la sua proprietà. Una scelta innovativa ed encomiabile. Ma ora è tempo di cambiare”.
Guarda lo slideshow con le foto di Five Pointz prima dell'intervento degli imbianchini.