Samad (Mehdi Mescar) è un giovane ex detenuto marocchino che lavora come giardiniere, un giovane uomo che ha pagato col carcere una vita costellata di errori e di spaccio di stupefacenti. Da quando è uscito, vive con la sorella Fatima, una giovane musulmana molto religiosa. Padre Agostino (Roberto Citran), un monaco cattolico, amico e mentore di Samad che tiene corsi extrascolastici con detenuti musulmani, pensa che l’esperienza del giovane possa essere di ispirazione per i ragazzi che sono ancora dietro le sbarre. Per questo lo invita a rientrare tra quelle mura per condividere con i detenuti la sua nuova vita lontano dal crimine, i suoi nuovi valori. Inizia così un percorso di riflessione interiore del protagonista, che vive una profonda crisi religiosa: sua madre era cristiana ed è morta quando lui era in carcere, sua sorella, invece, fermamente musulmana, è molto preoccupata per questo allontanamento dai pilastri dell’Islam e non è d’accordo con l’incontro di suo fratello con Padre Agostino. Dopo lunghe ore di riflessione Samad accetta l’invito del suo mentore. Ma è la giornata sbagliata, perché una rissa fa esplodere la rabbia e il risentimento dei detenuti che decidono di barricarsi dentro la biblioteca per protesta. Allora Samad si troverà costretto a scegliere da che parte stare: musulmano o cristiano? complice o ostaggio?
Dopo i suoi due documentari Milleunanotte (2011) e Dustur (Costituzione, 2015), che raccontavano il carcere e storie di detenuti, il regista, produttore e montatore romano fuori dagli schemi Marco Santarelli con il lungometraggio Samad (presentato in anteprima mondiale al Bif&st 2023 come Evento speciale) torna in un penitenziario.
Il film (girato in sole quattro settimane, un po’ in un carcere piacentino e un po’ in un carcere ricostruito nel sottoscala di una scuola) è un film di finzione – nessuna vicenda autobiografica ne è alla base – che affronta la tematica dell’identità religiosa, dell’apostasia, della libertà di scelta, a partire da quella religiosa, toccando nervi scoperti della nostra identità e muovendosi in tutte quelle zone d’ombra fatte di stereotipi, luoghi comuni che alimentano il fondamentalismo religioso, per arrivare poi, nel finale del film, a interrogarsi su quanto oggi siamo realmente liberi di scegliere la nostra vita e nella nostra vita.
A dare corpo, voce e anima ai personaggi principali di questo film non retorico sono attori non professionisti. Il cast si compone principalmente di attori italiani e stranieri, ragazzi e ragazze che si sono formati nei laboratori del collettivo bolognese Cantieri Meticci (un’importante realtà innovativa nel panorama teatrale locale e nazionale) ma anche ex detenuti magrebini residenti in Emilia Romagna e che durante gli anni di reclusione, o una volta fuori, hanno iniziato un percorso teatrale.
“Samad – ha detto il regista – è nato nel 2015-2016 durante le riprese del mio secondo documentario in carcere, Dustur (Costituzione). L’idea mi è venuta filmando ore e ore d’incontri tra un volontario religioso di fede cattolica e un gruppo di detenuti musulmani, su temi legati ai principi della Costituzione italiana e delle Costituzioni arabe. Un confronto non facile, tra due mondi molto diversi, sconvolti dall’attentato alla sede del giornale satirico di Charlie Hebdo. È da qui che ha preso forma in me Samad, una visione sul tema della sottomissione, della radicalizzazione in carcere, anche religiosa in entrambi i gruppi”.
Il film è prodotto da The film Club e Rai Cinema, con il contributo del Ministero della Cultura, Direzione Generale Cinema e Audiovisivo e il sostegno di Emilia-Romagna Film Commission.