Le donne sono state quasi sempre al centro dei film della regista, attrice e sceneggiatrice tedesca Margarethe von Trotta, a partire da Sorelle, L’equilibrio della felicità e Anni di piombo, e ora, dopo Hildegard von Bingen, Katharina Blum, Rosa Luxemburg, Hannah Arendt, ci presenta un’altra importante figura femminile contraddittoria, coraggiosa, alla ricerca di sé stessa, sofferente ma forte: Ingeborg Bachmann, celebre scrittrice e poetessa austriaca – molto apprezzata anche da Giuseppe Ungaretti – che ha spesso trattato nelle sue opere temi delicati e particolarmente controversi, quali il ruolo della donna nella società in cui viviamo, le conseguenze della guerra e, più in generale, ciò che porta alla sofferenza dell’essere umano.
Ingeborg Bachmann–Viaggio nel deserto, questo il titolo del film, si sviluppa su due livelli temporali attraverso un costante uso di flashback e flashforward: da un lato assistiamo al primo incontro, a Parigi, tra la protagonista (Vicky Krieps, Il filo nascosto e Il corsetto dell’imperatrice), e il drammaturgo svizzero Max Frisch (Ronald Zeherfeld), alla loro storia d’amore tossica, dal 1958 al ’62, e alla loro separazione; dall’altro, contemporaneamente, vediamo la donna finalmente libera, che cerca di curare le proprie ferite emotive attraverso un lungo viaggio nel deserto accompagnata dal giovane scrittore e regista austriaco Adolf Opel (Tobias Resch). Ingeborg e Max non potevano essere più diversi: corpulento, geloso e conformista lui; esile, libera, emancipata lei, aperta a ogni esperienza, sia fisica sia emozionale.

Il pregio del film della Von Trotta è quello di far emergere la donna prima della scrittrice; attraverso la donna, viene fuori la scrittrice.
Dietro la facciata di un amore controverso e claustrofobico c’è un discorso ben più complesso, riguardante lo spesso complicato e stratificato rapporto tra vittima e carnefice, e il gioco psicologico dei rapporti umani, con la profonda differenza tra amicizia/stima da una parte e amore dall’altra, fino a farci chiedere, una volta finito il film: a cosa sono pronto a rinunciare, a cambiare di me, per amore?
Margarethe von Trotta – una delle principali esponenti, insieme a Rainer Werner Fassbinder, a Volker Schlöndorff e a molti altri, del Nuovo Cinema Tedesco (movimento cinematografico sviluppatosi in Germania tra gli anni sessanta e gli anni ottanta, coinvolgendo una generazione di giovani, bravi registi) – per trasmetterci l’essenza della scrittrice di Klagenfurt si concentra sulla sua vita privata, sul suo disperato desiderio di libertà e, di conseguenza, sui processi che hanno portato alla realizzazione di alcuni dei suoi scritti più celebri (tra cui il celebre discorso L’uomo può esigere la verità).
Una Ingeborg Bachmann perdutamente innamorata di Roma, che combatte il conformismo, che lotta con tutte le sue forze per ciò in cui crede, che attraverso le sue esperienze personali riesce a tracciare anche una profonda indagine sociologica e ad arrivare immediatamente al pubblico con la sua marcata personalità.

A Zurigo, dove la scrittrice ha vissuto per un breve periodo con il suo compagno, tutto è grigio, tutto è perfettamente ordinato, le luci sono prevalentemente cupe e tutto sta a trasmettere un forte senso di claustrofobia. A Roma, così come durante il viaggio nel deserto, invece, le luci sono calde, le scene sono prevalentemente girate in esterno, tutto sembra suggerire una sorta di rinascita. Solo velati – scelta che ritengo giusta perché altrimenti rischiava di distogliere lo sguardo dai valori personali della Bchmann – i riferimenti alla tragica fine dell’autrice, avvenuta a Roma, il 17 ottobre 1973 a causa di un mozzicone di sigaretta lasciato cadere sul letto.
Il famoso detto “Chi vive per far piacere agli altri finirà con l’avere tutti felici tranne se stessi” troverà nella Bachmann la forza per attraversare il deserto dell’aridità affettiva ed arrivare a sentirsi liberi di esprimere i propri desideri senza dover dare spiegazioni a nessuno.
In sintesi, Ingeborg Bachmann-Viaggio nel deserto è anche un omaggio alle donne che ogni giorno combattono duramente per essere meritatamente libere, meritatamente felici.
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