Il documentario “Laggiù qualcuno mi ama” con la regia di Mario Martone è un viaggio nel cinema di Massimo Troisi, realizzato grazie all’introspezione attraverso le immagini del pensiero più profondo del compianto artista napoletano.
Presentato in prima mondiale a due giorni dal 70° anniversario dalla nascita di Troisi nella sezione Berlinale Special del 73° Festival di Berlino, il documentario, già dai primi minuti, si rivela come qualcosa che va al di’ la di un biopic: trapela immediatamente, oltre alla forte connessione tra i due registi napoletani, la grande stima sia artistica che umana da parte di Martone, che riesce a cogliere più momenti cruciali dei film di Troisi evocandoli attraverso dichiarazioni e interviste.

Massimo Troisi dalla “Smorfia” (con Enzo De Caro e Lello Arena), al suo esordio registico con il film “Ricomincio da tre” è sempre stato fedele a se stesso, allo spirito anarchico, a tratti leggero, e all’ impegno politico e sociale che gli ha fatto dichiarare in una delle sue interviste che Pierpaolo Pasolini era l’intellettuale al quale avrebbe sempre voluto somigliare.
Conferma questa sua visione dell’impegno artistico la donna che per anni gli è stata accanto sia come co-scenaggiatrice che come compagna, la torinese Anna Pavignano, già attivista nel movimento femminista degli anni ’70, che è stata per Massimo Troisi una fonte di grande ispirazione riguardo al mondo femminile.
Nel documentario di Mario Martone si evidenziano i temi chiave dell’artista di San Giorgio a Cremano: l’amore e il cinema, due ossessioni e passioni, che lo hanno accompagnato sempre nel suo essere attore, regista, sceneggiatore, perché come viene ribadito nel film, Massimo Troisi era un intellettuale staccato da tutti i cliché, anche della sua terra di appartenenza, che in alcuni momenti sembrava rappresentare per lui un limite culturale. Per lui l’entità artistica prescindeva totalmente dalla geografia, e il suo spirito ribelle, paragonato da Martone a quelli della Nouvelle Vague, era desideroso di nuovi traguardi e di continue scoperte.
Al centro delle scene, il cui magistrale montaggio è affidato a Jacopo Quadri, troviamo anche immagini della lavorazione del film in cui compare Martone con tutta la sua troupe, e le testimonianze dello scrittore e sceneggiatore Francesco Piccolo, del regista Paolo Sorrentino, dei comici Ficarra & Picone e di Michael Rardford e Roberto Perpignani, il regista e il montatore de Il postino, ed infine dell’altrettanto compianto Giuseppe Bertolucci cui si deve la scrittura di Non ci resta che piangere del 1984, oltre che un’intervista a critici Goffredo Fofi e Federico Chiacchieri, al quale cui si deve la prima monografia dedicata a Troisi. Altra figura chiave del documentario è Pino Daniele, grande amico di Troisi e collaboratore con le sue meravigliose musiche alla poetica filmica dell’attore e regista napoletano.
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