Il Padrino: a cinquant’anni dalla sua uscita sugli schermi (15 marzo 1972), dopo aver suscitato infinite analisi e dibattiti, aver invaso gli argini della cultura popolare e della mitologia contemporanea, cosa dirne di più, oggi? Innanzitutto che, innegabilmente, è stato un modello insuperato e grande ispiratore per diverse generazioni di cineasti.
Ambientato a New York tra la fine degli anni ’40 e la prima metà degli anni ’50, il film di Francis Ford Coppola racconta le vicende di don Vito Corleone (Marlon Brando), padrino di una famiglia mafiosa tra le più potenti della Grande Mela. Quando rimane gravemente ferito da un boss rivale, il figlio Michael (Al Pacino) inizia la sua ascesa criminale, diventando il nuovo padrino.

Basato sul libro di Mario Puzo The Godfather, uscito nel 1969, il film di Francis Ford Coppola ebbe 10 candidature all’Oscar e ne portò a casa 3 (Migliore Film, Migliore Attore – Marlon Brando – e Migliore sceneggiatura non originale).
Il romanzo fu acquistato per il cinema dalla Paramount, che però si trovò subito a dover fare i conti con il rifiuto da parte di diversi registi eccellenti. Alla fine, quasi per disperazione e per ragioni economiche, decise di puntare sul semi sconosciuto Coppola che accettò solo se nel cast fossero presenti Marlon Brando e Al Pacino (entrambi inizialmente bocciati dalla casa di produzione), la musica fosse quella di Nino Rota e la fotografia di Gordon Willis.
Una testardaggine ben ripagata al box office: le 400 proiezioni-test fruttarono in pochi giorni 15 milioni di dollari (grande record per quei tempi).

Molto apprezzata da critica e pubblico fu la prova corale di tutto il cast “lanciato” dal film: Al Pacino – più conosciuto per il teatro che non per il grande schermo, Il Padrino fu il suo terzo film – divenne una star di prima grandezza; Robert Duvall (Tom Hagen, “adottato” da ragazzo dai Corleone e quindi avvocato di Don Vito) e James Caan (Santino “Sonny” Corleone) passarono dallo status di caratteristi a quello di icone del miglior cinema americano. Tutti e tre furono nominati all’Oscar nella categoria miglior attore non protagonista. Memorabili anche le interpretazioni di John Cazale (nel ruolo di Federico “Fredo” Corleone) e Diane Keaton (fidanzata e poi moglie di Michael) e Talia Shire (Connie, unica figlia del boss Vito).
Nonostante il tema sia la mafia, nel film questa parola non è mai pronunziata (sembra ci sia stato un accordo tra la produzione e le “famiglie” mafiose del tempo): il film rese comunque Cosa Nostra familiare agli spettatori di tutto il mondo introducendo termini come “consigliori“, “mandamento“, “picciotto” (tutti pronunciati in italiano da Brando e dagli altri attori): termini che le rivelazioni di Tommaso Buscetta – anni dopo – confermarono come reali.
La storia di quel set è per molti aspetti “leggendaria”, piena di aneddoti, tra contrasti e sforamenti di budget: Coppola dovette accettare a malincuore tagli al montaggio definitivo per quasi 40 minuti.

Ha fatto storia la scelta di Marlon Brando che, con la modestia di un principiante, accettò di presentarsi per il provino. Anche se pochi pensarono potesse incarnare l’anziano Don Vito Corleone, ottenne la parte con trucchi da istrione: l’ovatta in bocca per cambiare il profilo delle guance, la brillantina in testa per “invecchiare” i capelli, la voce bassa e roca per caratterizzare il personaggio.
Robert De Niro fu scartato dopo il provino per il ruolo di Sonny, ma nel 1974 Coppola lo volle fortemente per il ruolo del giovane Don Vito Corleone in Il Padrino 2. Don Vito
E per restare nel campo delle “invenzioni” sul set, come dimenticare che il gatto a casa Corleone non era previsto dal copione: Coppola lo vide girovagare per il set e chiese a Brando di improvvisare la scena con l’animale.
La famosa testa di cavallo insanguinata che un produttore di Hollywood si ritrova nel letto una mattina al risveglio come “ammonimento” mafioso, non era un oggetto di scena, ma vera. Fu proprio Coppola a volerla e se la procurò in una fabbrica di cibo per cani.
Ma a rendere famoso Il Padrino, furono non solo la recitazione e la trama del primo episodio di una delle saghe cinematografiche più amate e conosciute al mondo, ma anche alcune battute passate alla storia: basta pensare a Don Vito Corleone che dice “Gli farò un’offerta che non potrà rifiutare” (forse ricordando Coppola il compromesso della chiamata della Paramount che gli fece appunto un’offerta che lui, giovane regista, non poteva rifiutare), oppure a Peter Clemenza (“Fat Pete”: è uno dei due “caporegime” della famiglia Corleone) che dopo un omicidio dice al killer: “A pistola lasciala, pigliami i cannoli”.
La battuta di Don Vito è al secondo posto nella classifica delle 100 migliori battute di tutti i tempi.
La saga de Il Padrino. Coppola realizzò il secondo film nel 1974: fu un trionfo ancora maggiore, con ben 6 Oscar. Nel 1990 arrivò la terza parte (la meno riuscita). La successiva morte di Puzo (2 luglio 1999) spinse Coppola ad abbandonare l’idea di un quarto e ultimo capitolo, anche se di recente il regista ha lasciato intendere che il progetto non è del tutto accantonato.
Il Padrino, un lavoro sempre vedibile e forse anche troppo coinvolgente visto che si è indotti a stare dalla parte dei cattivi, è al secondo posto nella classifica dell’American Film Institute tra i migliori film statunitensi di tutti i tempi (al primo posto nella sezione gangster).
A inizio marzo il film è tornato in sala in tutto il mondo dopo un maniacale restauro costato circa 5.000 ore di laboratorio e la revisione di ogni singolo fotogramma da parte di Coppola.