Nel sarcofago di Federico II di Svevia a Palermo c’è un cuore di quarzo. Restato fino ad oggi nascosto tra i tesori della Cattedrale, sarà esibito per la prima volta al mondo all’Istituto di Cultura di New York, in Park Avenue, in una mostra che si preannuncia sensazionale, e che si aprirà nel prossimo marzo, col titolo “Constancia. Donne e potere nell’Impero mediterraneo di Federico II”. La mostra attirerà dunque l’attenzione su un periodo cruciale per la storia italiana e europea, dominata dalla figura insieme reale e fantastica di Federico II di Svevia (Iesi 1194-Castel Fiorentino, Puglia, 1250).
Re di Sicilia, Imperatore del Sacro Romano Impero, Re di Gerusalemme, Federico II era descritto con un misto di spavento e fascinazione persino dai contemporanei che non lo amavano.
Fu allevato da un papa (Innocenzo III) cui la madre Costanza lo lasciò saggiamente in custodia, per difenderlo dai concorrenti (non era l’unico a cui la corona di re di Sicilia e quella di Imperatore piacessero).
Venne incoronato da un altro papa (Onorio III).
Fu ripetutamente scomunicato da un terzo papa (Gregorio IX) che mobilitò il sinodo dei vescovi ottenendo che lo dipingessero come un demonio: “la bestia che sorge dal mare carica di nomi blasfemi, e infuriando con la zampa dell’orso e le fauci del leone, le membra di leopardo spalanca la bocca ad offesa del Santo Nome senza cessare di scagliare la stessa lancia sul tabernacolo di Dio e sui Santi che abitano nei cieli”.
E così lo rappresenteranno, nei loro codici, i seguaci di Gioacchino da Fiore. Federico II diventerà addirittura il drago che nell’Apocalisse segnala la fine del mondo. O almeno qualcosa di simile.
Strano destino per un imperatore che fu in grado di riconquistare Gerusalemme per via militare più che diplomatica. Ma forse tra le sue colpe vi era anche quella di non aver versato abbastanza sangue musulmano. Dovremmo riflettere oggi sulla capacità dell’Italia meridionale (e dell’Italia in genere) di mediare tra religioni e civiltà, per capire anche il nostro presente.
Per esempio, quando Federico II prese posizione contro i seguaci dell’Islam nel suo territorio, e decise di limitare il rischio connesso alla loro presenza e alle loro ribellioni, invece di sterminarli donò loro una città, Lucera, che divenne la capitale politica e culturale della comunità islamica nel suo regno, ma acquistò insieme il rango di residenza dei sovrani Svevi.
Lì, a Lucera, i musulmani avevano il diritto di autogoverno. Potevano esercitare la loro fede, e avere proprietà e commerci, nonostante le proteste indignate della chiesa. Lì – a quanto dicevano le malelingue – Federico II aveva il diritto di tenere un harem che tutti i religiosi condannavano e tutti i principi europei sognavano.
E da Lucera all’epoca di Manfredi (figlio di Federico), Gamal ad-Din inviato del sultano d’Egitto, scriveva al suo signore con ammirazione: “Presso il paese nel quale io soggiornavo, è una città … gli abitanti della quale sono tutti musulmani di Sicilia, e quivi si fa la pubblica preghiera del venerdì e si compiono pubblicamente i riti dell’islamismo”.
Qual era il segreto di Federico II?
Per semplificare all’estremo si potrebbe dire che Federico II anticipò la strada individuata secoli dopo da Cavour: la separazione tra fede e stato. Grazie a Federico II l’Italia divenne un territorio sperimentale per l’intero Occidente (e non solo).
Con una spregiudicata distinzione tra fede e stato, per esempio, Federico II utilizzò i saraceni anche nell’esercito del Sacro Romano Impero: e accadde così che città del Nord si trovarono presidiate da soldati musulmani. E fu con la stessa volontà di emancipare il mondo laico da quello ecclesiastico che Federico operò in campo culturale. La chiesa scriveva nel latino dei chierici? E lui promosse la prima scuola poetica italiana, quella dei poeti siciliani che invece scrivevano in volgare, nella lingua madre che tutti conoscevano.
Alcune tra le poesie d’amore più belle della nostra storia sono nate lì, dai poeti di Federico, che scoprivano le infinite armonie della lingua parlata, imparata non dal maestro a scuola, ma a casa, dalle mamme e dalle balie. Nessuno come i siciliani saprà usare con la stessa dolcezza gli avverbi:
“Gioiosamente canto” scriveva Guido delle Colonne. E come non si può provare gioia quando si ama? E Jacopo da Lentini: “Meravigliosamente un amor mi distringe” e come non può essere meraviglioso e miracoloso un amore?
Il sonetto, una delle forme principali della poesia universale (pensate a Shakespeare) venne inventato proprio dai poeti siciliani, negli anni prodigiosi di Federico II. Non c’è da stupirsi che nel De vulgari eloquentia Dante facesse iniziare proprio da lì, dalla scuola siciliana, e dunque da Federico II, la storia della poesia Italiana.
Così accadde anche per gli studi scientifici, che Federico II volle emancipare dalla cultura clericale fondando la prima università pubblica e statale al mondo, l’Università di Napoli (con la generalis lictera concessa il 5 giugno 1224).
E soprattutto Federico II non poneva limiti geografici o religiosi alla sua conoscenza. Gli arabisti della sua corte, per esempio, gli traducevano testi musulmani che non a caso si ritrovano anche nel suo splendido trattato sulla Falconeria.
La mostra di New York pone l’accento su un periodo cruciale della storia Italiana e Europea, anche per un altro motivo. Federico II sposta l’asse dell’impero. Dall’Europa del Nord – consacrata come nuovo ombelico del mondo dai tempi di Carlo Magno – Federico II si muove verso il Mediterraneo, le sue culture, le sue genti, le sue lingue, le sue molteplici civiltà, sempre in conflitto, sempre in dialogo, sempre in guerra, sempre in commercio.
Un altro tema affascinante della mostra saranno le donne. Le donne di Federico. E qui appunto si torna al suo cuore di quarzo. Volete saperne di più? Un po’ di pazienza. Nei prossimi giorni sulla “Voce di New York” torneremo a parlarne.
Per il momento ognuno è libero di sognare quello che vuole. Il cuore di quarzo di Federico II splende nella notte, si appresta al suo viaggio al di là dell’Oceano, e vi aspetta alla prossima puntata di quest’avventura.