Domenica è stata inaugurata la nuova statua de “La Spigolatrice di Sapri”. Alla cerimonia di presentazione dell’opera, realizzata dallo scultore Emanuele Stifano, era presente una discreta folla.
La statua, che dovrebbe diventare il simbolo della città, nasce da una poesia di Luigi Mercantini ispirata dalla fallita spedizione di Sapri di Carlo Pisacane (1857), che aveva lo scopo di innescare una rivoluzione antiborbonica nel Regno delle Due Sicilie. Mercantini adotta il punto di vista innocente di una lavoratrice dei campi, addetta alla spigolatura del grano, che si trova per caso ad assistere allo sbarco, incontra Pisacane e se ne invaghisce; la donna parteggia per i trecento e li segue in combattimento, ma finisce per assistere impotente al loro massacro da parte delle truppe borboniche.
Particolarmente conosciuto e citato — talora anche in forma parodiata o ironica — è il ritornello «Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti». In realtà, nell’opera di Stifano, più che una spigolatrice, in altre parole, una lavoratrice dei campi di oltre duecento anni fa, è stata rappresentata una donna con un abito trasparente, in atteggiamento provocante e con il sedere in bella mostra. In altre parole, verrebbe da dire, una velina televisiva dei nostri tempi!

Emanuele Stifano, il cosiddetto “artista” che ha creato quell’obbrobrio appena inaugurato a Sapri, è lo stesso autore che un paio d’anni fa ha creato quell’altro obbrobrio che è “Il Nocchiero di Enea”, a Palinuro. Vorrei tanto sapere chi sponsorizza quest’incapace, chi è stato ad assegnargli la commissione di queste opere e perché lo ha fatto!
Secondo un sicofante che scrive su economymagazine.it, “Con le opere in marmo Emanuele Stifano incanta il pubblico grazie a uno stile e una maestria d’altri tempi. Eppure ha imparato da solo la tecnica della svelatura”. Che abbia imparato da solo, e troppo poco, si vede!
Sulla sua pagina Facebook, Stifano ha scritto: “Quando realizzo una scultura tendo sempre a coprire il meno possibile il corpo umano, a prescindere dal sesso. Nel caso della Spigolatrice, poiché andava posizionata sul lungomare, ho “approfittato” della brezza marina che la investe per dare movimento alla lunga gonna, e mettere così in evidenza il corpo. Questo per sottolineare una anatomia che non doveva essere un’istantanea fedele di una contadina dell’800, bensì rappresentare un ideale di donna, evocarne la fierezza, il risveglio di una coscienza, il tutto in un attimo di grande pathos”.
Premesso che non riesco a capire come un bel culo possa evocare “un attimo di grande pathos”, a meno che Stifano non si riferisca ad un’erezione maschile agevolata dal Viagra, non posso e non voglio pensare che, nel campo dell’arte, questo sia il meglio che si possa produrre oggi in Italia e nemmeno voglio accettare che sia possibile collocare in piazze pubbliche italiane oscenità come queste.
Michelangelo, Bernini, Canova e Sanmartino si stanno rivoltando nelle rispettive tombe!