È durato sei settimane il processo a R. Kelly, cantante R&B accusato di nove capi di imputazione tra cui abusi sessuali e associazione a delinquere, e alla fine è arrivata la condanna.
Con New York sullo sfondo, il processo iniziato il 18 agosto ha visto l’intervento di oltre 40 testimoni, che hanno aiutato i giudici a confermare la loro tesi: Kelly ha sfruttato la sua notorietà per attrarre donne e soprattutto ragazze minorenni interessate a una carriera nella musica, per poi sottoporle a gravi abusi fisici, psicologici e sessuali.
Secondo la teoria dell’assistente procuratrice Maria Cruz Melendez, Kelly sarebbe uno stupratore seriale che “manteneva il controllo sulle vittime usando ogni trucco preso dal manuale del predatore”.
Il pubblico ministero federale ha anche accusato il cantante, famoso per avere vinto un Grammy nel 1996 con il brano cult I believe i can fly, di aver pagato testimoni per non cooperare con le autorità in vista del processo che già si era tenuto a suo carico nel 2008, quando finì sotto l’occhio della giustizia per colpa di un video che lo mostrava nel mezzo di un rapporto sessuale con una ragazza di quattordici anni.
https://youtu.be/GIQn8pab8Vc
Alcuni dei fermi sostenitori di Kelly continuano a credere che sia vittima di una cospirazione razzista nata per impedire agli uomini di colore di successo di prosperare e questa visione, hanno fatto notare gli esperti, è stata ampiamente diffusa all’interno delle comunità nere prima dell’inizio dei lavori in aula.
I mesi a venire, per lui e per i suoi difensori, saranno impegnativi. Nelle prossime settimane, gli avvocati potranno presentare mozioni tendando di ribaltare il verdetto. Ma il lavoro non sarà finito qui: l’artista dovrà anche affrontare nuove accuse, tra cui la pornografia infantile federale, in altri stati come l’Illinois e il Minnesota.