Eventi molto significativi, autentici “fuochi d’artificio cinematografici” hanno salutato il gran finale del Bif&st-Festival Internazionale del cinema di Bari, che, senza ombra di dubbio, può considerare questa sua decima edizione come quella di maggiore successo. Tanto per dare un’idea del pirotecnico ultimo giorno (comunque non molto dissimile dai sei precedenti!): al mattino di sabato la divertente e applauditissima masterclass di Valerio Mastandrea in un Teatro Petruzzelli sold-out in ogni ordine di posto (anche nel loggione!); e poi la proiezione del restaurato film (dalla Cineteca Nazionale) Polvere di stelle che nel teatro barese trovò la sua “casa madre”; in serata, come se già non bastasse, l’anteprima mondiale di “Passeggeri notturni” di Riccardo Grandi e tratto dall’omonimo libro di Gianrico Carofiglio.

A sottolineare il successo di questo festival “unico” in Italia e che silenziosamente si sta facendo strada, anche all’estero, come uno degli appuntamenti cinematografici più significativi, ci sono i dati: 200 proiezioni, 303 appuntamenti con il pubblico (tra incontri, conferenze e convegni) e una quantità impressionante di ospiti qualificati giunti a Bari da ogni parte del mondo, Cina compresa. Tra i 418 ospiti, 56 registi, 53 attori e oltre 300 cineasti e personalità della cultura.

A confermare il crescente interesse per il Bif&st (ideato, e artisticamente diretto, da Felice Laudadio e con presidente l’affermata regista Margarethe von Trotta) è il numero degli spettatori: dai circa 75mila delle scorse edizioni si è passati a ben 76 mila, con molte proiezioni salutate da lunghissime file di spettatori fuori dal multisala Galleria. Insomma, il Bif&st è sempre meno “un’utopia” e sempre più un festival per/del pubblico, soprattutto quello giovanile, stando anche alle presenze ai vari eventi. Un pubblico che – dopo le tante edizioni cui ho partecipato, posso dirlo – appare ogni anno sempre più appassionato e coinvolto, non per le star che si susseguono (sempre senza tappeti rossi o photo sessions, da persone comuni) ma per la qualità dei film e degli incontri proposti.

Tante le persone che, avide di informazioni sul “dietro le quinte” del nostro cinema, hanno affollato quotidianamente le masterclass (lezioni di cinema) al Teatro Petruzzelli, dove si sono succeduti Paola Cortellesi, Roberto Herlitzka, Valeria Golino, Roberto Andò, Paolo del Brocco (amministratore delegato di Rai Cinema) e Valerio Mastrandrea.
E numerose – più delle aspettative – anche le presenze di pubblico alle varie sezioni collaterali del festival barese: Cinema e scienza, Cinema e medicina, Tortura diritto e cinema, Intolerance, Legal thriller e Nuove tecnologie-Cinema interattivo.
Insomma è sempre più un festival che cerca e vuole parlare non solo alla società m anche ai sogni dei giovani: vedi la creazione a Mola di Bari di laboratori di regia, recitazione, costumi e scenografia.
Insomma – non si tratta di un mia opinione -, pur con fondi molto limitati rispetto a quelli di tanti altri festival nostrani e stranieri, Apulia Film Commission (con la presidente Simonetta Dellomonaco) e Bif&st restano con i piedi per terra, senza trionfalismi, cercando solo di coinvolgere il più possibile il bel capoluogo pugliese: cosa unica nel panorama mondiale dei festival, dalla prossima edizione il Bif&st vedrà il coinvolgimento non solo dei teatri Margherita e Petruzzelli, ma anche dei teatri Piccinni e, appena possibile, Kursal. Fuochi d’artificio! Nessuna città al mondo può giovarsi di questa straordinaria opportunità, Bari sì.
Appuntamento quindi alla prossima edizione, dl 21 al 28 marzo 2020, con la retrospettiva dedicata a Mario Monicelli.
L’ANALISI DEI MIGLIORI FILM VISTI A BARI
Nel grande successo, di pubblico e critica, ottenuto dalla decima edizione del Bif&st-Festival Internazionale del cinema di Bari ha giustamente giocato un ruolo, non definitivo ma davvero molto importante, l’offerta cinematografica delle due sezioni, Panorama Internazionale e Film italiani opere prime e seconde: non solo per l’alta qualità e professionalità offerta, ma anche per la creatività e attualità delle tante tematiche trattate. Essendo il Bif&st un “festival dei giovani”, il successo della manifestazione dimostra quindi anche che i lungometraggi proposti hanno toccato le loro vite, i loro interessi artistici.
Detto un dovuto “grazie” alle scelte, ma anche coraggio, dello staff del festival (in primis il direttore artistico Felice Laudadio e la presidente, la regista Margarethe von Trotta), passiamo ad un’analisi dell’offerta cinematografica, partendo dalla sezione Panorama internazionale, dodici film
Il premio come Migliore Regia (che per molti racchiude anche quello di Migliore Film, pur se non viene assegnato) è andato al 38enne regista turco, e docente di cinematografia alla Koç University, Ali Vatansever (Yazısı-One Day or Another, 2012) per SAF: a Istanbul, nell’area di Fikirtepe (“ritratto” dell’Europa contemporanea?), la progressiva urbanizzazione sta spazzando via le comunità più povere e i rifugiati siriani Kamil e Remziye cercano riparo in edifici abbandonati. Disoccupato da tempo, Kamil è “costretto” ad accettare in segreto un lavoro in un cantiere a paga molto bassa, ma presto attira su di sé le ire di molti compagni che, scoperta la sua provenienza, l’accusano (sembra l’Italia odierna!!) di portare via il lavoro ai turchi. Quando Kamil improvvisamente scompare, Remziye si trova ad affrontare le conseguenze delle azioni del marito, molte diverse dal Kamil che lei conosceva. “Ispirandosi a modelli illustri, dal neorealismo italiano al cinema di Ken Loach – si afferma nella motivazione del premio -, Ali Vatansever racconta questa perenne guerra fra poveri, e mette in evidenza i drammi umani e sociali sia degli operai turchi, sia degli immigrati siriani”.
Tanti i film di questa sezione (molti dei quali ancora, purtroppo, senza distribuzione!), che hanno colpito critica e pubblico. Come il singolare e divertente THE BRA, film senza dialoghi, del tedesco Velt Helmer: Nurlan, autista ferroviere al suo ultimo incarico prima della pensione, sta guidando il treno tra gli strettissimi quartieri di Baku quando un reggiseno blu si impiglia nei tergicristallo del treno. E così, per sfuggire alla solitudine, Nurlan inizia il viaggio più avventuroso della sua vita: trovare la proprietaria dell’intrigante indumento; ROSA, della slovena Katja Colja, con la brava Lunetta Savino, al suo primo film da protagonista: è la rinascita di una donna che dopo un grave lutto riesce a ritrovare se stessa e il piacere di essere amata e di amare ancora: un “viaggio” tra generazioni, tra mente e corpo, tra ragione e sentimento; IRINA, primo lungometraggio della bulgara Nadejda Koseva: il giorno stesso in cui Irina, cameriera part-time, viene licenziata, suo marito resta coinvolto in un grave incidente che lo costringe sulla sedia a rotelle, e così la famiglia si ritrova improvvisamente vittima della povertà. Per sbarcare il lunario, Irina decide di diventare madre surrogata. La lotta, la disperazione, il seme della vita che le cresce in grembo trasformano completamente la sua vita e lentamente Irina riesce a stare a galla nonostante il mondo le stia cadendo addosso e scopre cosa significhi amare ma anche perdonare. Alla bravissima attrice Martina Apostolova (ex capitana della nazionale femminile bulgara di calcio) il Bif&st, di sua iniziativa (cosa davvero insolita!), ha conferito una Menzione Speciale;:
RAFAËL, dell’olandese Ben Sombogaart: la Primavera Araba costringe il giovane tunisino Nazir, sposato con l’olandese Kimmy, che da lui aspetta un bambino, a rifugiarsi in Europa. Nazir arriva a Lampedusa, dove viene arrestato perché clandestino. Il film, ricco di suspense e che parla di confini e sogni, di perseveranza e assurda burocrazia, è la romantica storia di una coppia che fa di tutto per riunirsi in occasione della nascita del figlio.
Meriterebbero un’analisi più dettagliata – ma lo spazio “è tiranno” – anche MELTEN, del regista franco-greco Basile Doganis e SONS OF DENMARK, del danese, ma genitori iracheni, Ulaa Salim: entrambi i film presentano il tema della migrazione nei vari aspetti umani, sociali e politici.
Il premio quale Migliore Attore Protagonista della rassegna internazionale è andato a Seu Jorge (cantante pop apprezzatissimo in Brasile), che nel buon film MARIGHELLA, di Wagner Moura, si trasforma (con grande adesione fisica e psicologica) in Carlos Marighella, poeta e storico guerrigliero che negli Anni ’60 combatté la dittatura militare che, con l’aiuto degli Usa, insanguinava quel paese (un ruolo, e un film, che nel Brasile di oggi si trasformano in un gesto politico coraggioso ma anche necessario).
Migliore Attrice Protagonista è risultata Trine Dyrholm per il film QUEEN OF HEARTS (DRONNINGEN) della danese May el-Toukhy: è una moglie e madre, che, travolta da un desiderio al tempo stesso consapevole e inarrestabile, va contro il proprio ruolo sociale circuendo sessualmente il figliastro. Già pluripremiata per La comune, di Thomas Vinterberg, e per Nico 1988, di Susanna Nicchiarelli, Trine Dyrholm si conferma con questo ruolo una delle più brave e importanti attrici europee.
Per quanto riguarda invece la sezione Opere italiane prime e seconde, al di là dei premi accaparrati da RICORDI?, opera seconda di Valerio Mieli (Migliore Regista e Migliore attrice, Linda Caridi) e SULLA MIA PELLE, opera prima di Alessio Cremonini (Migliore attore Alessandro Borghi, che nel film interpreta Stefano Cucchi) è molto difficile fare una scelta. Soffermo il mio interesse su quttro film, senza offesa per i tanti altri presenti al Bif&st e degni di menzione.
IL CORPO DELLA SPOSA (FLESH OUT), di Michela Occhipinti e presentato in anteprima italiana dopo essere stato al Tribeca Film Festival di New York e alla recente Berlinale. Primo lungometraggio nella carriera della brava 51enne regista romana, fino ad oggi famosa per i tanti documentari, tra cui il pluripremiato Lettere dal deserto (elogio della lentezza) che ha fatto il giro del mondo. Ambientato in Mauritania, il film racconta il percorso di Verida a tre mesi da un matrimonio obbligato dalla sua famiglia. Come vuole la tradizione locale (ora abbastanza in disuso) la ragazza deve sottoporsi al gavage, sottoporsi cioè ad serrata dieta che la farà ingrassare fino a raggiungere quell’ideale di bellezza prefissato dalla sua società. Pasto dopo pasto, Verida mette in discussione tutto ciò che ha sempre dato per scontato: i suoi cari, il suo modo di vivere e – non ultimo – il suo stesso corpo.
IN VIAGGIO CON ADELE, opera prima di Alessandro Capitani. Aldo Leoni (Alessandro Haber), celebre attore di teatro, uomo ipocondriaco ed estremamente egocentrico, scopre di avere una figlia trentenne, Adele (Sara Serraiocco), con qualche rotella fuori posto, che ama definirsi “neuro diversa”e che mal digerisce gli appellativi insolenti con cui viene spesso apostrofata. Un viaggio su una vecchia cabrio, dalla Puglia verso Frosinone, costringe Aldo a fare i conti con una sconosciuta paternità e soprattutto con tutta la sua esistenza. Due estranei, due mondi così diversi eppure così simili nelle loro solitudini: un road movie metaforico.
DAFNE, opera seconda di Federico Bondi, vincitrice del premio Fipresci (il premio dei critici internazionali) nella sezione Panorama dell’ultima Berlinale. Dafne (l’ottima debuttante Carolina Raspanti), giovane trentenne con la sindrome di Down che lavora nell’ipercoop di Lugo, deve affrontare il vuoto della perdita della madre (Stefania Casini) e le conseguenze che tale evento porta con sé sugli equilibri familiari e in particolare nel padre (Antonio Piovanelli). Insieme condividono un lungo e difficile viaggio a piedi verso il paese natale della madre che diventerà una preziosa e umanamente profonda occasione per mettersi in gioco e scoprirsi reciprocamente.
L’AMORE A DOMICILIO, di Emiliano Corapi. Renato (Simone Liberati), è un uomo sentimentalmente pavido, che si è sempre tenuto lontano da relazioni che lo coinvolgessero davvero. Ma quando scopre che Anna (Miriam Leone), conosciuta per caso, è reclusa agli arresti domiciliari, decide di lasciarsi andare ai sentimenti sempre temuti. Pensa di poter superare angosce e insicurezze profonde che in un contesto normale lo avrebbero fatto fuggire. La donna in cui si è imbattuto è però pericolosa, non solo socialmente, ma anche sentimentalmente, avendo risolto il dilemma in questione con una struttura autarchica e impermeabile agli affetti. In quella casa, dove è l’unico uomo, Renato è convinto di poter controllare la situazione: in amore, però, non esistono vie sicure e ben presto la situazione si complica.
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