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July 20, 2017
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La giusta “chimica” con la musica: la storia di Sandro Fazio

Intervista al chitarrista jazz nato a Parigi da genitori siciliani, che sta presentando il suo album "Dear Trane"

Liliana RosanobyLiliana Rosano
La giusta “chimica” con la musica: la storia di Sandro Fazio

Sandro Fazio, autore dell'album "Dear Trane"

Time: 6 mins read
La cover dell’ultimo album di Sandro Fazio

Chimica, cucina, musica, scienza e calcio hanno sempre fatto parte della sua vita. Elementi fondamentali e formativi che lo hanno spinto a coltivare da sempre queste sue passioni. Quella per il pallone sin da ragazzino,  nelle strade e i campi di Catania . E per la chimica, fino alla musica e la cucina. Sandro Fazio nasce a Parigi da genitori siciliani. Nella ville lumière vive fino a dieci anni. È la città delle prime sensazioni, profumi, odori. Ritorna a Catania dove si laurea in Chimica mentre nel frattempo la passione per la musica cresce in maniera inarrestabile. Grazie al fratello maggiore che ascolta jazz per giornate intere. Sandro decide di coltivare parallelamente due carriere: chimico e chitarrista.

Studia chitarra jazz nel prestigioso conservatorio di Amsterdam, città dove nel frattempo consegue il dottorato di ricerca in chimica. È la musica a prendere il sopravvento nonostante la brillante carriera universitaria. Dear Trane, è il suo ultimo album pubblicato lo scorso Aprile che vede la partecipazione del quartetto Dear Lord  e del celebre sassofonista Francesco Bearzatti. Un omaggio al grande sassofonista americano John Coltrane, che rappresenta per lui un punto di riferimento musicale e umano. Chef per passione, Sandro, ama comporre i suoi piatti come se fossero partiture musicali.

Se non fosse stato un musicista sarebbe di sicuro sarebbe diventato un calciatore o uno scienziato: “Credo però più scienziato – dice lui – perché nutrire la mente di conoscenza è stimolante”.

L’ultimo album Dear Trane è un omaggio a John Coltrane con un tuo inedito, oltre ai tuoi personali arrangiamenti. Come ci si confronta con un gigante della musica jazz?

“È un tentativo molto arduo e può apparire presuntuoso, ma ciò che ha stimolato in me la voglia di rendere omaggio a questo gigante del jazz è proprio il suo pensiero e la sua attitudine, come quando diceva: «I’ve found you’ve got to look back at the old things and see them in a new light» (J. Coltrane). E questo è ciò che ho cercato di fare, e spero l’esperimento sia riuscito”.

Cosa rappresenta Coltrane per te e per il tuo percorso musicale?

“Per me rappresenta uno strumentista e compositore di altissimi livelli e ancora oggi contemporaneo e moderno se ascolto la sua musica. Un improvvisatore come pochi nonostante sia scomparso 50 anni fa. Nella sua musica trovo tantissimi stili di jazz e di attitudine all’improvvisazione. Coltrane è caratterizzato da una curiosità continua nel cercare ed esplorare altre musiche, e continuamente alla ricerca di una sua propria voce, un suo proprio stile. Ma oltre l’aspetto musicale, ciò che mi ha sempre colpito è la sua concezione della musica, che per lui sembra essere solo uno strumento per attingere a livelli di pensiero e animo più alti, nobili ed elevati. Mi ha sempre attratto il suo tendere verso la spiritualità, ed anche oltre, quasi a voler raggiungere un mondo metafisico. Uno dei suoi più intimi desideri, era quello di riuscire con le note emesse attraverso il suo sassofono, di fare del bene, di riuscire a guarire, con la forza e profondità della musica suonata con il suo strumento”.

Come è cambiata la visione e l’approccio alla musica in generale e alla tua  musica negli anni

“Inizialmente si tende ad imparare e copiare (consciamente o inconsciamente) i nostri eroi musicali. E questa è una ottima scuola, ma poi, pian piano, mi sono reso conto che la cosa più importante è assorbire in noi l’attitudine musicale di questi nostri eroi, e cercare di creare il nostro proprio suono e linguaggio, che ci permetta di esprimere con lo strumento la nostra propria intimità. Un po’ come in qualsiasi forma di arte. Credo la cosa più bella sia riuscire a giungere a dei livelli tali che, ascoltando una nostra registrazione, rimaniamo sorpresi di noi stessi. Un momento magico, quando rimaniamo felicemente sorpresi da noi stessi”.

Chimica e musica: il ruolo che entrambe hanno nella tua vita. Cosa hanno in comune

“Nella musica ci sono degli elementi universali e rigorosi, come nella scienza. Come il ritmo, numero di note possibili all’interno di una battuta di un pentagramma, spettro delle note udibili dagli essere umani. Credo che il mio approccio allo studio della chitarra ed alla composizione sia continuamente influenzata dalla mia forma mentis scientifica”.

Chimico  e musicista, perché hai deciso di mettere da parte la tua carriera accademica e di dedicarti più alla musica

“Per la semplice ragione che pur essendo appassionato da sempre di scienza, quelle volte che mi capita di sentire certe emozioni forti, durante per esempio l’esibizione di musica scritta da me, mi rendo conto che solo la musica riesce ad emozionarmi in maniera forte”. 

Come nasce la tua passione per il jazz e come nascono le tue composizioni?

“Durante la mia infanzia, mio fratello più grande ascoltava musica praticamente 24 ore su 24, tra cui molto jazz. Penso sia stato questo periodo a farmi innamorare della musica e del jazz in particolare. Le mie composizioni nascono spesso da idee primordiali, dettati da particolari stati d’animo, che poi cerco di sviluppare in composizioni complete”. 

Sei anche chef per passione. Come si legano chimica, cibo e musica nella tua vita?

“Ho fatto lo Chef due giorni a settimana per alcuni anni per pagarmi le bollette, ma nonostante questo, mettendoci anche molta passione ed amore. Anche in cucina, inconsciamente, le mie conoscenze scientifiche mi influenzano. Credo che cucinare, ed in particolare creare un piatto sia come comporre, da elementi separati creiamo un prodotto finale, come nella musica: da elementi tipo ritmo, note, intervalli e armonie, creiamo una composizione musicale”.

Parigi, Catania e Amsterdam, tre città che fanno parte della tua vita . Che ruolo ciascuna di esse ha avuto e continua ad avere nella tua formazione personale e musicale?

“Parigi rappresenta i primi profumi, sensazioni, visto che sono nato e vissuto lì fino a 10 anni. Adesso rappresenta anche una città con un numero altissimo di musicisti, tra cui alcuni dei miei eroi di sempre, molto personali e geniali nel loro modo di suonare. Tutte le volte che ho avuto la fortuna di suonare a Parigi, ho anche notato un entusiasmo ed interesse del pubblico abbastanza rari. Catania rappresenta il giocare a calcio dalla mattina alla sera e di praticare questo sport a livello agonistico, con l’ intenzione di diventare un calciatore professionista. Poi sono subentrati passione per la scienza e la musica. È lì che mi sono avvicinato alla chitarra, anche se in tarda età. Amsterdam rappresenta la città che mi ha permesso fino ad ora di realizzare i miei sogni: ottenere un dottorato di ricerca in chimica, studiare al prestigioso conservatorio di jazz di Amsterdam con dei musicisti di livello altissimo, creare i miei progetti, suonare con musicisti di calibro internazionale, pubblicare ad oggi tre album a mio nome. Il vivere in un ambiente che ti permette di realizzare i tuoi obiettivi, è una bella sensazione”.

Se dovessi scegliere una musica, un brano per descrivere Catania, Parigi, Amsterdam, quale sceglieresti?

“Catania: E Lucevan Le Stelle (Giacomo Puccini). Parigi: Pavane Pour Une Infante Defunte (Maurice Ravel). Amsterdam: Poeme in F-Sharp Major, Op. 32, No. 1: Andante cantabile (Alexander Scriabin)”.

Birth, Growth e prossimamente Wisdom sono tre tuoi album che fanno parte di una trilogia. Ognuno segna un percorso. Sarà Wisdom l’album della tua maturità musicale?

“The Birth è segnato più da un approccio istintivo, primordiale, e dettato dall’entusiasmo; la scrittura in Growth è un pò più pensata, pacata ed approfondita. Spero che Wisdom sarà un album dove riuscirò ad esprimere al meglio il mio aspetto come compositore. Quindi, si, con una maturità tangibile nella scrittura, dettata dalle mie esperienze musicali, di vita, e con un maggior approccio consapevole, volontario (anche perché le composizioni seguiranno un periodo di studio ed approfondimento di certe tecniche di composizione utilizzati in passato ed in epoche più recenti) ma anche viscerale, un elemento che ho sempre adorato nell’espressione di certi compositori e musicisti”.

Che fermenti musicali ci sono ad Amsterdam e come vedi la scena musicale italiana dall’estero?

“Amsterdam, dovuta probabilmente al fatto di avere uno dei migliori conservatori d’europa (non solo per il jazz, ma anche per musica classica e barocca) è piena di musicisti di altissimo livello. Molti progetti vengono creati continuamente e proposti al pubblico, sia in ambienti più underground che in sale da grande pubblico. L’Italia ha esportato fin dal periodo di cui siamo a conoscenza di musica scritta, valanghe di musiche, tra cui anche l’Opera per esempio. Per quanto riguarda il Jazz, ci sono dei musicisti italiani di fama internazionale molto apprezzati all’estero, e, come spesso accade, conosciuti o apprezzati più all’estero che in terra propria”.

Ami il calcio e hai anche partecipato ad un provino al Paris- Saint Germain. Come è andata?

“Non ero in gran forma perché molto debole a seguito di alcune fratture e influenza. Mi dissero di ritornare ma non lo feci. Fu un pretesto per smettere e fare altro Di certo se non avessi seguito la musica sarei stato un calciatore o uno scienziato. Credo però più scienziato perché nutrire la mente di conoscenza è stimolante”.

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Liliana Rosano

Liliana Rosano

Sono nata a Catania, dove sono sempre tornata dalle mie peregrinazioni che mi hanno portato prima in Grecia, poi a Parigi. Con la mia laurea in Scienze Politiche, sognavo di lavorare nella cooperazione internazionale, ma sono finita a fare la giornalista, prima nella redazione di Telecolor poi del Quotidiano di Sicilia. ll mio ponte con l’America è iniziato grazie a un tirocinio per le Nazioni Unite a New York. Sono una freelance e collaboro con diverse testate e magazine nazionali. Vivo a Fairfield, nelle praterie sperdute dell’Iowa, in una comunità alternativa ed eco friendly e sono sempre alla ricerca di storie di italiani all’estero da raccontare.

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