A 36 anni e come ogni concertista di rispetto Alessandro Vena è sempre in giro, in Italia e all’estero e ha le idee molto chiare sui “doveri” di un pianista. Studio e perfezionamento, ovvio, sono il suo pane quotidiano ma ad animarlo è soprattutto un rispetto quasi ossequioso per la letteratura pianistica originale e la convinzione che le competenze di un interprete migliorino anche grazie all’insegnamento. Originario di Pisticci, in provincia di Matera, Vena si diploma in pianoforte e clavicembalo in Basilicata e dopo aver perfezionato gli studi all’Accademia Rubinstein di Roma investe sulla sua terra natale, tra difficoltà e desiderio continuo di migliorarsi. Il 2017 sarà l’anno di New York, dopo concerti nelle principali città europee e sud americane, il 28 aprile Vena suonerà all’Opera Center.
Prima volta negli Stati Uniti?
“Prima volta a New York ma non in America, l’anno scorso ho suonato all’Istituto Italiano di Cultura di Los Angeles e ora sono davvero entusiasta di questo prossimo evento”.
Di cosa si tratta?
“È un concerto per il quale devo ringraziare la Federazione dei Pugliesi a New York, che ha proposto l’evento al National Opera Center con il compositore Davide Zannoni. Per questo con il recital ho voluto rendere omaggio alla Puglia dedicando una parte del programma ad alcuni compositori legati a questa regione. Ho pensato così a Giovanni Paisiello, compositore d’Opera nato a Taranto, di cui l’Istituto Musicale porta il nome, e scelto delle variazioni sul tema tratto dall’Opera La Molinara, a cui Beethoven si ispirò successivamente per la creazione di 6 Variazioni. Ho pensato anche a Piazzolla, i cui nonni partirono per l’Argentina da Trani, che omaggerò con una trascrizione di Oblivion e poi ricorderò Nino Rota, per molti anni direttore del Conservatorio di Bari, con alcuni Preludi. New York sarà la cornice perfetta per un evento di questo tipo e il National Opera Center, che è una sorta di Parco della Musica a Roma, accoglie un’offerta musicale ricchissima in grado di soddisfare tutti i gusti”.
A proposito di Piazzolla, ti sei esibito più volte al Colón di Buenos Aires. Ti capita spesso di lavorare su compositori sud americani?
“Effettivamente non molto. Mi è capitato di eseguire alcune partiture di Piazzolla ma la verità è che preferisco inserire programmi legati alla letteratura pianistica ed evito quasi sempre le trascrizioni perché credo che a differenza degli altri strumenti il pianoforte non ne abbia bisogno. C’è una letteratura originale talmente vasta che mi risulta a volte quasi irrispettoso suonare composizioni trascritte”.
Ti innamori della classica da bambino, ascoltando per caso un notturno di Chopin. Che rapporto hai con questo genio del romanticismo?
“Meraviglioso, per tre motivi. È il più vicino a me, al mio modo di essere, alla mia indole. In secondo luogo piace al pubblico: sempre e in ogni luogo venga suonato, Chopin incanta. E poi credo che sia il compositore ad aver scritto meglio per il pianoforte. Pur essendoci tante partiture straordinarie, il più delle volte risultano difficilmente eseguibili in molti passaggi. Chopin, invece, oltre a saper scrivere aveva la sensibilità rara di comprendere il pianista e nonostante abbia lasciato materiale molto complicato come gli Studi, gli Scherzi, le Sonate o le Ballate, si rivela estremamente eseguibile”.
Ti esibisci quasi sempre da solista. Hai in programma collaborazioni con altri artisti?
“Amo molto suonare con l’Orchestra. L’anno scorso mi sono esibito con l’Orchestra di Stato della Bulgaria e quest’anno con la Filarmonica Tchaikovsky di Russia. Quando capita collaboro con piacere con formazioni orchestrali, così come trovo interessante la musica da camera però il mio grande amore rimane sempre la letteratura solistica, che a dire il vero mi assorbe già molto”.
Anche se il lavoro ti porta spesso all’estero vivi in Basilicata. È difficile restare?
“Per quanto riguarda la musica classica è difficile perché purtroppo nei piccoli paesi di provincia manca la dimensione culturale, a meno che non si facciano chilometri per ascoltare dei concerti. Devo ammettere però che da qualche anno Internet consente la fruizione di un’offerta musicale infinita, senza alcuna discriminazione tra piccoli centri e grandi città. Si dovrebbe puntare anche su questo per invogliare una programmazione più proficua di eventi”.
A quale aspetto della tua professione non rinunceresti?
“Sicuramente all’insegnamento, perché credo che il buon pianista sia anche un bravo maestro. Vado fiero dell’Istituto Musicale Trabaci (ndr, con sede a Scanzano Jonico, Matera), che con classi di archi, chitarra, pianoforte e fiati rappresenta una buona opportunità musicale per l’entroterra lucano, grazie a una convenzione con il Conservatorio di Matera e con la Scuola di Musica di Fiesole per i corsi pre-universitari”.
Prossimamente a cosa ti dedicherai?
“Nei prossimi mesi registrerò il mio settimo lavoro discografico per Sheva Collection, l’Integrale dei Notturni di Chopin, 21 in totale, che suddivideremo in due dischi. E poi ho in mente di continuare a esplorare New York e suonare alla Carnegie Hall”.