“HEAVN parla dell’adolescenza di una ragazza afroamericana, parla di Chicago, della città e del mondo in cui vorremmo vivere. Spero che quest’album incoraggi gli ascoltatori ad amare se stessi e il prossimo. Per noi neri, prenderci cura di noi stessi, non è una questione di poco conto. È l’aspetto più radicale e necessario della nostra lotta per la creazione di una società più equa. La nostra guarigione e la nostra sopravvivenza sono essenziali per la lotta”. Così Jamila Woods presenta il suo debutto discografico, uscito l’11 luglio, e considerato già da più voci, il nuovo manifesto musicale della generazione Black Lives Matter.
Sono numerosi gli artisti che dall’agosto del 2014, nell’estate dei disordini di Ferguson dopo l’uccisione del diciottenne disarmato Michael Brown, si sono avvicinati e riavvicinati al travolgente movimento di protesta contro le violenze sugli afroamericani che ancora oggi scuote drammaticamente la coscienza degli Stati Uniti. Si pensi agli ultimi album di Kendrick Lamar e D’Angelo o a brani diventati a vario titolo inni black come la recente Freedom di Beyoncé, How Many di Miguel, Spiritual di Jay Z, Baltimore del compianto Prince, Glory di Common con John Legend, Black Rage di Lauryin Hill, No Justice No Peace di Z-Ro, Sad News di Swiss Beatz, Hell You Talmbout di Janelle Monae o addirittura da due famosi rapper bianchi come Macklemore & Ryan Lewis con lo spietato gospel moderno di White Privilege II. In questo brano pubblicato a inizio gennaio dal duo di Seattle, i due condannano il trattamento di favore riservato al poliziotto colpevole della morte di Michael Brown, Darren Wilson, e al contempo si interrogano sulla posizione politica degli artisti bianchi, privilegiati per motivi razziali e ben disposti a lottare contro le ingiustizie nei riguardi delle minoranze, solo per motivi di convenienza e marketing.
Nel brano compare una collaboratrice ai più sconosciuta, almeno nel mondo musicale mainstream, Jamila Woods. Le sue parole, che chiudono il brano, pesano come un macigno: “Your silence is a luxury, hip-hop is not a luxury”, un riferimento letterario al saggio dell’autrice femminista afroamericana di New York Audre Lorde, Poetry Is Not A Luxury. Il tema del silenzio è erede del pensiero di Martin Luther King che con le stesse parole si era scagliato più volte contro l’omertà della maggioranza bianca sul tema dei diritti civili negati agli afroamericani.
La ventiseienne di Chicago, oltre ad avere una voce dolce e graffiante nella tradizione delle muse della black music, ha un background profondamente radicato nella storia della letteratura afroamericana. Laureata alla Brown University in Studi Africani e Teatro, ha seguito nell’arco della sua formazione artistica, l’influenza di Lucille Clifton e Gwendolyn Brooks, autrici di riferimento della tradizione femminista afroamericana, la prima due volte candidata al premio Pulitzer per la Poesia, la seconda, vincitrice dello stesso nel 1950, è nata in Kansas durante la Prima Guerra Mondiale, ma da giovanissima si è trasferita a Chicago dov’è diventata una voce di rifreimento tra i movimenti per i diritti civili e dov’è morta, nella sua casa di South Side, nel 2000.
In quegli anni la giovane Jamila era solo all’inizio di un percorso accademico che l’avrebbe portata di lì a un decennio a pubblicare la sua prima raccolta di poesie, The Truth About Dolls, ispirata a una citazione Toni Morisson e contenente dei versi molto apprezzati su Frida Kahlo. Altre poesie saranno incluse negli anni successivi in raccolte molto significative nel settore, quali The Breakbeat Poets: New American Poetry in the Age of Hip-Hop, Courage: Daring Poems for Gutsy Girls e The UnCommon Core: Contemporary Poems for Learning & Living. Parallelamente non disdegna esperimenti in campo musicale.
Cresciuta nel coro della Chiesa, come tante ragazze della sua generazione dei quartieri neri delle grandi città americane, è una fan di Erykah Badu e di Imogen Heap, ma si appassiona presto all’hip hop, dai grandi maestri degli anni Ottanta, fino, ovviamente a Kendrick Lamar. Forma un progetto soul/hip hop, Milo & Otis, poi noto come M&O che ottiene buoni riscontri nei canali indipendenti. Il passo successivo verso la popolarità arriva con l’anthem Blk Girl Soldier e poi grazie alla spinta di Chance the Rapper, talento della scena hip hop di Chicago di cui vi abbiamo parlato per la prima volta alla fine del 2013, all’inizio della sua inarrestabile ascesa. Jamila presta la voce nell’irresistibile hit Sunday Candy, contenuta nell’album Surf del progetto Donnie Trumpet & The Social Experiment e poi nell’album di un altro astro nascente del rap dell’Illinois, Kweku Collins.
Lei intanto è diventata vice direttore artistico dell’organizzazione no profit Young Chicago Authors che ogni anno promuove il festival di poesia più grande del mondo, il Louder Than A Bomb. Il suo impegno civile e letterario non la tiene lontano dal suo percorso musicale. Un po’ a sorpresa arriva l’intenso album d’esordio HEAVN, zeppo di inevitabili citazioni e riferimenti letterari, excursus storici, messaggi di denuncia sociale e narrazioni d’attualità sulle recenti tensioni tra forze dell’ordine e afroamericani. Tra gli ospiti non manca ovviamente l’onnipresente Chance the Rapper, insieme a Collins e a Saba. Il disco si muove su suoni molto levigati e atmosfere molto rassicuranti che stridono in maniera efficace con i testi tutt’altro che edulcorati. L’eredità della Badu è piuttosto evidente, al pari di quella delle parole e dei versi, colpisce la potenza delle melodie.
Definirlo il racconto allegorico della vita di un’adolescente nera del Midwest, è fin troppo riduttivo. A soli ventisei anni l’artista prodigio di Chicago ha realizzato un manifesto di speranza sofisticato ed elegante, destinato ad avere un impatto molto forte sulla cultura contemporanea afro-americana.