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August 3, 2015
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August 3, 2015
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La meraviglia e la memoria del libro contro il “presentismo” di internet

Massimo ManzobyMassimo Manzo
Time: 3 mins read

A cosa servono i libri? È con questa spiazzante domanda che Giacomo Di Girolamo inizia a Mazara del Vallo la presentazione del suo, di libro, intitolato Dormono sulla Collina (Il Saggiatore editore, 2014). L’interrogativo non è da poco, dato che la sua ultima fatica editoriale non è un saggio “ordinario”, come quelli di cui sono affollate quotidianamente le nostre librerie, ma una vera e propria antologia in cui sono riassunti gli ultimi travagliati 40 anni di storia d’Italia. 

A raccontarcela dal loro personale punto di vista, ognuno con il filtro della propria personalità, una miriade di personaggi, da Mike Bongiorno ad Aldo Moro, da Pietro Mennea a Emanuela Loi, la prima poliziotta italiana uccisa in servizio. Buoni e cattivi, colpevoli e innocenti, eroi o semplici vittime inconsapevoli degli eventi, tutti “dormono sulla collina”, cioè non fanno più parte del mondo dei vivi.

Le figure presenti nel libro del giornalista marsalese non sono però solo persone, ma anche oggetti, spettatori quanto i primi del fluire del tempo. Così, dal monologo di un antico muretto di Pompei che osserva rassegnato il degrado e l’indifferenza in cui si trova immerso si arriva ai programmi televisivi come Drive In o il Maurizio Costanzo Show, passando dall’ultima smorzata registrazione della scatola nera del volo di Ustica.

Immedesimarsi in modo credibile nei numerosissimi protagonisti presenti nel corposo volume – 1272 pagine in un libro che ha già venduto ben diecimila copie in un'Italia che, come ha ricordato Di Girolamo, non legge più –  è impresa ardua, eppure in Dormono sulla Collina non si trovano ripetizioni o ridondanze, e ciò testimonia l’indubbio talento dell’autore marsalese. I critici hanno ribattezzato il volume una “Spoon River Italiana”. In effetti il capolavoro americano ha ispirato l’impianto generale del libro. Come tutte le antologie può essere letto a spezzoni, saltando di data in data, di personaggio in personaggio a seconda delle proprie preferenze. 

Giacomo

Giacomo Di Girolamo durante la presentazione di “Dormono sulla Collina” a Mazara del Vallo

A differenza dell'autore americano Edgar Lee Masters, Di Girolamo non si esprime in versi ma in una prosa fluida e scorrevole, cinica, ironica o commovente a seconda delle circostanze. E non inventa nulla. Ogni fatto descritto è documentato nei minimi dettagli, con la precisione che solo un bravo cronista può avere.

Se nel giudicare il libro ritenessimo che sia semplicemente un riadattamento della Spoon River Antology modellato sui fatti italiani sbaglieremmo di grosso. Al contrario, a sentire le parole dell’autore durante la presentazione avvenuta nel veicolo adiacente alla Lettera 22, coraggiosa e ormai indispensabile libreria di Mazara, il libro parte da una profonda critica di alcuni aspetti della modernità, i quali hanno profondamente trasformato le nostre abitudini sociali e il nostro rapporto con la memoria. “Oggi i circuiti della memoria si stanno interrompendo” – afferma Di Girolamo – “viviamo nel presentismo, in un’epoca in cui (soprattutto a causa di internet) la verità dei fatti è stata messa al bando dalla popolarità e la superficialità impera, mettendo in crisi noi giornalisti per primi”. I ritmi frenetici imposti dalla rivoluzione tecnologica “ci fanno pensare in T9”, ma al tempo stesso accorciano la nostra memoria privandoci della curiosità e della meraviglia, due elementi fondamentali per comprendere il passato e il presente. 

Ed è proprio qui che si trova la risposta alla domanda iniziale: i libri servono a correggere le storture della modernità attraverso l’approfondimento, riaffermando la lentezza della riflessione come base su cui costruire una comune memoria.

Pensieri e concetti che Di Girolamo ribadisce spesso al pubblico durante la presentazione, inframmezzandoli con aneddoti ed esempi ironici e divertenti, come nel suo stile. Insomma, il risultato dell’ambiziosa opera del giornalista-scrittore siciliano non è (né vuole essere) un libro di storia. Per dirla con l’autore è invece “un insieme di appunti sulla fine della storia in cui rimangono solo le voci, che riassumono vicende personali, piccoli fatti quotidiani e grandi eventi collettivi, glorie e miserie tutte italiane”. 

Non vi si trovano facili risposte e non potrebbe essere altrimenti. Tuttavia il coinvolgimento emotivo è talmente intenso da imprimere un segno indelebile nel lettore, spingendolo a fermarsi, a meditare anche solo per un attimo sul passato e il presente del nostro complicato paese. 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Massimo Manzo

Massimo Manzo

Di madre americana e padre siculo, nasco tra le bellezze della Sicilia greca e gli echi del sogno americano. Innamorato della Storia, che respiro fin da bambino, trasferisco me e la mia passione a Roma. Qui, folgorato lungo la via, mi converto al giornalismo storico e di analisi geopolitica, “tradendo” così la laurea in legge nel frattempo conseguita. Appassionato di viaggi archeologici, oltre che della musica dei Beatles e dei campi da tennis, collaboro come giornalista freelance con più riviste di divulgazione, tra cui InStoria e Focus. Oggi mi divido tra la natia Sicilia e la città eterna, sempre coltivando l’amore per gli States.

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