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January 25, 2020
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Coronavirus è un pericolo per la Cina e il mondo? Tutto il potere a Xi Jinping!

Quel voler rafforzare la leadership centralizzata e unificata del Comitato Centrale del Partito in Cina mette i brividi. Più del Coronavirus…

Valter VecelliobyValter Vecellio
Coronavirus è un pericolo per la Cina e il mondo? Tutto il potere a Xi Jinping!

Cinesi con le mascherine in attesa agli arrivi dell'aereoporto internazionale di Shenzhen Bao'an (Photo UN News/Jing Zhang) People wear face masks as they wait at China's Shenzhen Bao'an International Airport arrivals.

Time: 5 mins read

Inquieta – e giustamente – l’epidemia del Coronavirus, che la Cina “regala”, in queste ore, al mondo: perché ci vorranno settimane, mesi, prima di disporre di un vaccino efficace; perché lo stesso presidente cinese Xi Jinping è costretto ad ammettere che la situazione è grave; perché l’epidemia accelera, e si diffonde. Per quanto le autorità sanitarie si prodighino a tranquillizzare, quello che incide è la “percezione” del fenomeno. In via subordinata (ma neppure tanto), il fatto che tutto questo “esplode” in un paese il cui sviluppo economico è tumultuoso, ma in una cornice che continua a essere quello di un regime totalitario.

Non c’è dubbio che in simili situazioni c’è poco da discutere: occorre che ci siano persone che si assumono la responsabilità decisionale e comandino; e altre persone che consapevolmente decidono di accettare quel “comando”, quell’autorità. Ma le parole dell’ormai presidente cinese a vita sono comunque inquietanti: “Di fronte alla grave situazione di una diffusione sempre più rapida del nuovo coronavirus… è necessario rafforzare la leadership centralizzata e unificata del Comitato Centrale del Partito“; quel voler rafforzare la leadership centralizzata e unificata del Comitato Centrale del Partito mette i brividi. Più del Coronavirus…

Anche perché al di là della muscolare efficienza che il regime mostra ed esibisce in queste ore, resta il fatto che in un paese non democratico circolano le informazioni che si vuole circolino: quelle autorizzate, e senza possibilità di controllo. Già in un regime di democrazia quando il Potere serra le fila è difficile; figuriamoci quando il paese è totalitario. In nome dell’emergenza si giustifica tutto; e tutto può accadere. Per inciso: il quotidiano “People’s Daily”, riferisce che il virus è apparso a Wuhan alla fine del 2019, e ha ucciso 41 persone, infettandone oltre 1.300 in tutto il mondo. L’attendibilità di quanto riferisce questo giornale, non è dato sapere. Però se fosse vero che l’epidemia è da almeno un mese in atto, e solo in questi giorni…E così ecco che casi sicuri di questo contagio si registrano in Thailandia, Australia, Malaysia, Giappone, in Europa…

Periodicamente le nostre certezze vengono minate, le nostre paure alimentate, da eventi di questo tipo: la cosiddetta “Mucca pazza”, il virus Ebola; sempre dalla Cina, la SARS e la MERS…

Ma ora un divagare, che solo fino a un certo punto è divagazione. Impressionati da queste “epidemie” comprensibilmente si è in attesa di soluzioni, di rimedi, di “vaccini” che neutralizzino il virus. E’ giusto. Sbagliato sarebbe se così non fosse. Poi ci sono epidemie che non si considerano vere emergenze: scivolano via, e non fanno “notizia”.

L’Organizzazione Mondiale per la Sanità avverte che oltre 288.000 persone sono state contagiate, e oltre 5.700 i morti, per il morbillo. Il 73 per cento dei decessi riguarda bambini al di sotto dei cinque anni. Una strage, vero? E neppure planetaria. E’ una strage circoscritta nella sola Repubblica Democratica del Congo. L’OMS, la definisce “la più grande epidemia di morbillo nel mondo, la più grave mai registrata in Congo da decenni”. 

L’epidemia si è diffusa in tutte le 26 province congolesi e non mostra segni di attenuazione: il tasso di mortalità, oltre il 2 per cento, è il doppio rispetto agli anni precedenti, il 73 per cento dei decessi sono bambini di età inferiore ai cinque anni. I casi di morbillo restano sottostimati in tutto il paese. A Viadana, nella provincia di Bas-Uélé, una piccola équipe è andata a valutare la situazione dopo aver riscontrato un rapido aumento dei casi. Hanno trovato che l’epidemia superava di gran lunga i dati ricevuti. In una scuola di circa trecento bambini, più di cento affetti da morbillo. 

Nella provincia del Kongo Central, per sostenere le autorità sanitarie locali, Medici senza Frontiere ha aperto un centro di trattamento per casi complessi di morbillo nell’ospedale generale di Matadi, capitale provinciale e principale porto del paese. Una settimana prima, un’altra équipe aveva aperto una struttura simile nella città costiera di Muanda, a poche ore di auto verso ovest da Matadi. In pochi giorni i due centri erano già strapieni di pazienti; e i team di MSF si sono dovuti trasferire in strutture più grandi. Inascoltati i loro ripetuti, quotidiani appelli: “Troppi bambini muoiono per questa malattia facilmente prevenibile”.

Si parla del Congo, dell’Africa; ma anche in Asia minore la copertura vaccinale anti-morbillo è decisamente insufficiente: si registra circa il 70 per cento dei decessi per morbillo a livello mondiale; e in particolare in paesi come l’India e il Pakistan, ancora lontani dall’applicare le procedure di vaccinazione su larga scala.

Scienziati ed esperti ci dicono che il morbillo è una malattia virale altamente contagiosa, a trasmissione aerea; colpisce prevalentemente i bambini tra uno e tre anni ed è una delle principali cause di mortalità infantile nei paesi in via di sviluppo. 

Non esiste un trattamento specifico contro la malattia, ma una campagna di vaccinazione ben condotta è estremamente efficace per prevenire nuovi casi. Nelle aree dove la copertura vaccinale è insufficiente, le attività di vaccinazione possono ridurre la mortalità infantile del 50 per cento. 

Quando si dice vaccino si dice di una iniezione che procura un dolore simile a un pizzicotto, nulla più. Basta questo per sconfiggere il morbillo e salvare migliaia, milioni di bambini. Eppure delle stragi di questi innocenti non si parla; della necessità di vaccinare neppure a parlare. Anzi. Si tollerano campagne scellerate contro il morbillo, e si accetta di confrontare il “sapere” degli scienziati e degli esperti con il blaterare di personaggi senza arte e parte.

Si desse retta a questi anti-vaccinisti non avremmo sconfitto la poliomielite (sia sempre benedetto il nome di Albert B. Sabin, grazie ai suoi vaccini l’incidenza mondiale da circa 350mila casi registrati nel 1988 è scesa a 1.652 nel 2007 e infine al minimo storico di 223 nel 2012).

Siamo al punto che si vorrebbe fosse focalizzato: di alcune epidemie si fa il callo; sono evitabili, ma si fa poco o nulla per farlo. Altre, che certamente devono preoccupare, provocano ondate emotive con aspetti decisamente irrazionali. Alla scienza si chiede di intervenire, di aiutarci nella prevenzione e nella limitazione del contagio; al tempo stesso della stessa scienza si diffida quando ci invita a cautelarci con semplici vaccini da prendere una volta l’anno; di più: si immaginano e si evocano foschi internazionali complotti, si accusa il farmaco di essere dannoso; si organizzano campagne per boicottare il loro uso; ci si affida a stregoni e “fattucchiere” pensando siano dotati di taumaturgiche facoltà, e che spacciano intrugli che nel migliore dei casi sono innocui. Di più: i ricercatori vengono dipinti come dei sadici Mengele che torturano le cavie, e si fa di tutto per bloccare i fondi per le sperimentazioni e la ricerca. Ed è questo uno dei tanti paradossi dei tempi che ci tocca di vivere.

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Valter Vecellio

Valter Vecellio

Nato a Tripoli di Libia, di cui ho vago ricordo e nessun rimpianto, da sempre ho voluto cercare storie e sono stato fortunato: da quarant'anni mi pagano per incontrare persone, ascoltarle, raccontare quello che vedo e imparo. Doppiamente fortunato: in Rai (sono vice-caporedattore Tg2) e sui giornali, ho sempre detto e scritto quello che volevo dire e scrivere. Di molte cose sono orgoglioso: l'amicizia con Leonardo Sciascia, l'esser radicale da quando avevo i calzoni corti e aver qualche merito nella conquista di molti diritti civili; di amare il cinema al punto da sorbirmi indigeribili "polpettoni"; delle mie collezioni di fumetti; di aver diretto il settimanale satirico Il Male e per questo esser finito in galera... Avrò scritto diecimila articoli, una decina di libri, un migliaio di servizi TV. Non ne rinnego nessuno e ancora non mi sono stancato. Ve l'ho detto: sono fortunato.

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