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June 7, 2018
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Giovanni Colavita, una passione per l’olio molisano più famoso d’America

Intervista al CEO di Colavita USA, primo brand italiano ad aver fatto conoscere l’olio extra vergine di oliva Made in Italy nel mercato americano

Liliana RosanobyLiliana Rosano
Giovanni Colavita, una passione per l’olio molisano più famoso d’America

Giovanni Colavita.

Time: 5 mins read
Giovanni Colavita.

Aveva solo quattro anni quando ha imparato a confezionare a mano le bottiglie di olio di oliva. Fu allora, che Giovanni Colavita capì che la passione di famiglia sarebbe diventato il suo futuro. Cresciuto in Molise, dove il nonno Giovanni ha fondato nel 1938 l’azienda olearia Colavita, Giovanni si laurea a Roma in legge e poi alla Bocconi di Milano in Management.

Poi la decisione di trasferirsi negli Stati Uniti dove nel 2008 viene nominato amministratore delegato di Colavita USA con l’obiettivo di continuare a conquistare il mercato del Nord America, dove Colavita è il primo brand online, il quinto nella vendita a dettaglio.

Qualità, attenzione al consumatore e all’offerta sono i punti chiave dell’azienda molisana, quelle che il nonno Giovanni ha sempre ritenuto importanti. “Mio nonno”, ci racconta, “diceva sempre: ‘se perdi un cliente per il prezzo del prodotto, avrai un’altra possibilità  di guadagnare la sua fiducia successivamente, ma se lo perdi per via della qualità che ha deluso le sue aspettative, perderai quel cliente per sempre’”.

Dal 2008 lei è il CEO di Colavita USA con l’obiettivo di espandere il brand nel mercato americano. Quali sono le strategie di marketing e comunicazione che ha adottato e continua ad adottare?
“Abbiamo iniziato con la ristorazione perché è il settore che più di ogni altro, grazie alla conoscenza e preparazione di alcuni chef, si è mostrato più sensibile e recettivo all’utilizzo dell’olio extra vergine di oliva in cucina. Dalla ristorazione al pubblico, il passaggio è avvenuto attraverso la nostra vendita al dettaglio, campagne di promozione e sensibilizzazione di uno stile di vita salutare, partnership con il Culinary Center, organizzazione di alcuni eventi sportivi in partnership con il noto marchio italiano Bialetti, dove abbiamo fatto leva sul messaggio di mangiare cibo sano e fare sport. Ancora oggi investiamo molto in comunicaizone attraverso i nostri social, il nostro sito, grazie al contributo e professionalità del nostro dipartimento di comunicazione in house dove lavorano grafici, videografi, altre risorse interne”.

Quali sono i risultati più importanti che la sua azienda ha  raggiunto ad oggi?
“Colavita è stato il primo brand italiano ad aver fatto conoscere l’olio extra vergine di oliva Made in Italy nel mercato americano. Era il 1978, e allora Colavita USA è stata fondata da John J. Profaci insieme a mio zio Enrico. Oggi, contiamo cinque stabilimenti negli Stati Uniti e siamo il primo olio extra vergine venduto on line, il quinto nelle vendite al dettaglio ma primo in termine di  qualità premium e il primo brand nella ristorazione. Siamo cresciuti on line del 20% solo nell’ultimo anno e contiamo di crescere ancora di più. Colavita è distribuito in oltre 80 paesi e riconosciuto in tutto il mondo come il top olio di oliva autentico italiano. Nel Nord America siamo i leader nella vendita dell’extra vergine premium, pasta italiana e aceto italiano. Il 50% del nostro fatturato è legato all’export: Stati Uniti in testa ma anche Asia, Oceania e in misura inferiore in Europa”.

Dal 1938 ad oggi, qual è la linea di continuità e quella di innovazione rispetto alla prima generazione della famiglia Colavita?
“La passione, il prendersi cura dell’azienda come una famiglia, l’attenzione alla qualità e quindi al consumatore. Avevo quattro anni quando già aiutavo in Molise mio nonno Giovanni a confezionare manualmente l’olio. Sono cresciuto con quella passione, quell’idea di gestire un’azienda di famiglia che è cresciuta moltissimo grazie all’impegno di sempre e soprattutto alla qualità”.

Olio Colavita.

Il mercato americano è minacciato dall’Italian sounding e per quanto riguardo l’olio dal fenomeno dell’adulterazione dell’olio di oliva che un’inchiesta del NY Times ha messo in evidenza. Come fronteggiate queste problematiche e sensibilizzate i consumatori al Made in Italy?
“Piuttosto che focalizzare le intere energie per combattere l’Italian sounding, Colavita promuove e si impegna a far conoscere il Made in Italy. Noi aziende non possiamo da sole contrastare il fenomeno dell’Italian sounding ma possiamo fare molto in termini di promozione del Made in Italy. Il consumatore americano è molto curioso e punta molto al rapporto qualità-prezzo piuttosto che solo all’italianità. Quest’ultimo fattore infatti, era solo ultimo nell’indagine che abbiamo condotto con i nostri consumatori dove è venuto fuori che la qualità-prezzo e la varietà dell’offerta sono gli elementi più importanti e non solo l’italianità in sè. Colavia oggi punta all’italianità come sinonimo di qualità ampliando la varietà dei prodotti per venire incontro alle varie esigenze del consumatore. L’inchiesta del NY Times è frutto di un’operazione marketing finanziato dall’industria californiana per boicottare l’olio italiano attraverso analisi e dati manipolati. Noi eravamo preoccupati quando l’inchiesta fu pubblicata ma abbiamo spiegato al nostro consumatore che si è fidato di noi”.

Insieme al commercio dell’olio di oliva Colavita si occupa da anni della diffusione e promozione della dieta Mediterranea. Qual è il feedback che avete ricevuto?
Il mercato del Nord America è grande e complesso. Se nella zona della east coast i consumatori sono più informati, nelle zone centrali ancora bisogna fare spesso un lavoro di conquista oltre che di educazione al consumo. E’ un lavoro complesso e sottile che noi portiamo avanti attraverso una rete capillare di agenzie locali che ci aiutano ad intercettare i bisogni del consumatore e ai responsabili delle vendite che hanno un rapporto diretto con i punti vendita”.

Sono molte le aziende italiane presenti nel Nord America. Questo rimane ancora il mercato principale e quello che garantisce il successo più immediato?
“Il mercato del Nord America è estremamente competitivo e bisogna studiarlo, capirlo per poterlo conquistare. Prima era molto più semplice per un’azienda italiana esportare negli Stati Uniti perchè la logistica era più snella mentre ora le grandi catene a volte preferiscono non comprare se non hanno una presenza locale. Con la crisi italiana del 2008, molte aziende hanno visto nell’export una via d’uscita e per molti è stato cosi. Per altri invece si è rivelato un fallimento perchè non basta dire che esportiamo Made in Italy per essere garazia di qualità, serietà e affidabilità. Molti sono i prodotti italiani disponibili sul mercato e bisogna essere competitivi nel rapporto qualità prezzo, avere un bel packaging, capire le esigenze del consumatore americano che non è sprovveduto ed ama la trasparenza”.

Colavita.

Lei rappresenta la terza generazione della famiglia Colavita, come sarà Colavita tra 20 anni?
“Il passaggio generazionale è già stato fatto e la prossima sarà la quarta generazione. Sono cresciuto con la passione per questo lavoro che mi è stata trasmessa da mio nonno e poi da mio padre. Oggi ai miei figli trasmetto la passione nel fare le cose e non solo la passione per questo lavoro. Qualunque cosa decideranno di fare, spero la facciano con passione anche se decideranno di seguire una strada diversa che non li porterà a lavorare nell’azienda di famiglia. Siamo preparati in maniera strutturata anche nell’eventualità che l’azienda in futuro debba essere gestita da manager esterni alla famiglia. L’importante è tenere fede ai principi e alla tradizione su cui si basa la filosofia e lo stile Colavita”.

Qual è l’insegnamento più importante che suo nonno Giovanni le ha trasmesso?
“Mio nonno diceva sempre: ‘Se perdi un cliente per il prezzo del prodotto, avrai un’altra possibilità  di guadagnare la sua fiducia successivamente, ma se lo perdi per via della qualità che ha deluso le sue aspettative, perderai quel cliente per sempre'”.

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Liliana Rosano

Liliana Rosano

Sono nata a Catania, dove sono sempre tornata dalle mie peregrinazioni che mi hanno portato prima in Grecia, poi a Parigi. Con la mia laurea in Scienze Politiche, sognavo di lavorare nella cooperazione internazionale, ma sono finita a fare la giornalista, prima nella redazione di Telecolor poi del Quotidiano di Sicilia. ll mio ponte con l’America è iniziato grazie a un tirocinio per le Nazioni Unite a New York. Sono una freelance e collaboro con diverse testate e magazine nazionali. Vivo a Fairfield, nelle praterie sperdute dell’Iowa, in una comunità alternativa ed eco friendly e sono sempre alla ricerca di storie di italiani all’estero da raccontare.

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