A un’ottantina d’anni dalla nascita, la “Cinquecento” della FIAT riceve quello che è in pratica il massimo crisma del “design” mondiale con l’annuncio, dato dal Museum of Modern Art di New York, che un esemplare della macchinetta è stato acquistato dal museo stesso per essere incluso tra gli oggetti offerti all’attenzione del pubblico come i più significativi e più belli nello sviluppo del disegno industriale. Nel suo comunicato il “MoMA” non precisa quale sia l’avvenimento che lo ha indotto ad includere la mini-FIAT nella sua collezione – accanto ad altre macchine “iconiche” come una Cisitalia, una Ferrari, una Jaguar, una Jeep e una Volkswagen – ma non è impossibile che il fatto che la Cinquecento si veda adesso sgattaiolare ogni tanto per le strade americane in seguito all’avvenuta fusione tra FIAT e Chrysler abbia rammemorato qualcuno dei suoi curatori dell’esistenza della intramontabile quanto simpatica, pratica e graziosa macchinetta.
Quello acquistato dal museo non è un esemplare corrente ma uno del 1968, fabbricato, ovviamente ancora a Torino, tre anni dopo che il disegno aveva subito una leggera modifica per l’inversione dei cardini delle porte; ufficialmente, una “500 F Berlina”, in condizioni originali. Come quasi tutti gli italiani ben sanno, e come alcuni ricordano ancora, anche quel modello tuttavia non era che una reincarnazione di altri modelli precedenti famosi, incominciati ben prima della seconda guerra mondiale con la famosa “Topolino”, che prendeva il posto della “Balilla” come macchina delle masse, e continuati poi con le varie “Topolino musetto”, “500 C”, “Nuova Cinquecento” e così via. Bene: in tutta questa lunga carriera, il creatore di ognuna di queste macchine è stato sempre lo stesso, il disegnatore e ingegnere romano Dante Giacosa, autore non solo del disegno ma anche di innovazioni tecniche adottate poi in tutto il resto del mondo, che nel dopoguerra continuò per la FIAT a creare modelli come la Millecento e poi la 128. A proposito: col permesso della FIAT, disegnò anche per un imprenditore italiano la Cisitalia Gran Turismo del 1946, per l’appunto quella che il MoMA ha già nella sua collezione (e io suppongo che sappia di questa identità). Giacosa, che era entrato alla FIAT nel 1927 a vendidue anni, si è spento a Torino nel 1996. Il MoMA, che ha cominciato a dedicare all’automobile mostre monografiche fin dal 1951, ne ha allestite finora otto (l’ultima nel 2002).

E’ ovviamente già arrivata l’ora di fare la nona, e l’illustre museo, considerato precursore e sinonimo dell’arte moderna e contemporanea in tutto il mondo, magari penserà bene di dedicarla all’indistruttibile “500”. Ricordando con essa al suo pubblico tutte quelle macchinette un tempo chiamate “utilitarie” e che gli Americani sfottevano perché nanerottoli in confronto ai loro colossali tracannatori di benzina; e delle quali solo adesso vedono la qualità, in tutti i sensi, di anticipatrici del futuro. E da cui potranno magari vedere come, per la magia di un Giacosa, la 500 potesse essere, come ha scritto un giornale, “più grande dentro che fuori”.
Ma intanto un altro grande riconoscimento del disegno italiano (scusatemi se non ripeto “design”, ma penso si capisca ugualmente) è arrivato da un’altra parte, sempre tuttavia dal mondo museale. Il Metropolitan Museum ha annunciato per il 21 luglio la prima retrospettiva americana dell’opera di Ettore Sottsass, l’architetto e disegnatore nato a Innsbruck ma di adozione e formazione milanese. Sarà allestita nella dépendence di arte moderna del Metropolitan, il cosiddetto Met Breuer, in quello che fu il vecchio edificio del Whitney su Madison Avenue. La mosra, che avviene nel decennale della scomparsa di Sottsass, comprenderà tutto, disegni architettonici, mobilio, gioielli, vetri, ceramiche, fotografie, dipinti. Rimarrà aperta tutta l’estate.