Sarà vero lo spirito olimpico. Saranno sinceri quegli atleti che si complimentano con chi li ha battuti? E quelli che fanno il tifo agitando le bandierine del loro Paese, se la sentiranno di dire sinceramente vinca il migliore? Comunque sia, è un fatto che mentre a Londra sta accadendo qualcosa sportivamente pulito, un bel po’ di chilometri a Sud, in Italia, c’è chi prende a calci lo sport, la giustizia sportiva e anche la sua vergogna. Autore di questo capolavoro è Andrea Agnelli (nella foto), presidente e proprietario della Juventus. La sua squadra ha vinto il campionato italiano, ma lui non ha mostrato nessuna signorilità che da un campione sarebbe lecito aspettarsi, anzi. Il problema è nato giovedì scorso, quando il tribunale sportivo ha condannato Antonio Conte e Angelo Alessio, l’allenatore e il vice della Juventus, a un anno e tre mesi di squalifica per ciò che era accaduto quando i due erano in forze alla squadra del Siena.
I risultati di due partite, Siena-Novara e Sieno-AlbinoLeffe, furono combinati e Conte e Alessio non denunciarono la cosa. Inizialmente la faccenda sembrava concludersi con una pena di tre mesi in seguito a un patteggiamento con il procuratore federale Stefano Palazzi, ma poi la Commissione Disciplinare ha deciso che quella pena era troppo mite ed ha comminato una squalifica di un anno e tre mesi. Il giovane Agnelli, che nella distribuzione famigliare degli incarichi gli è andata la Juventus (forse non proprio la cosa più importante), ha reagito da perfetta “lesa maestà”, accusando i giudici di comportamento “dittatoriale”, di “del tutto paradossale”, di “non adeguato” e di “operare fuori da ogni logica di diritto e di correttezza sostanziale”.
Niente di quelle sue frasi avevano un senso. Lui non aveva contestato nessun ragionamento concreto e non aveva ribattuto nessuna decisione argomentata. Le sue parole erano solo insulti, come se fosse andato a scuola dal peggiore Silvio Berlusconi, quello che spiegava i suoi processi con il fatto che quelli che diventano magistrati dovevano per forza avere qualcosa di strano nel loro cervello. Allo stesso modo, di fatto l’unica cosa che il giovane Agnelli aveva da rimarcare dell’operato dei giudici era il fatto che avevano preso una decisione che a lui non andava bene. Una cosa che potete definirla come vi pare ma non potrete mai definirla un argomento, a meno di essere degli stupidini. La risposta della Federcalcio è stata pacata e civile, cioè a dire in un modo del tutto opposto a quello scelto da Andrea Agnelli. La Federcalcio “opera con correttezza nel pieno rispetto delle norme statutarie che garantiscono l’indipendenza e l’autonomia della giustizia sportiva, così come è disciplinata dall’ordinamento sportivo nazionale”.
Il giovane Agnelli non è solo decisamente ed evidentemente lontano dallo spirito olimpico: è anche lontanissimo dalla logica pura e semplice. Quella secondo cui uno esprime un’idea, un altro gli fa eco, un altro aggiunge qualche particolare, un altro ancora arricchisce il concetto e insomma si mette all’opera la cosa più importante ed anche più piacevole di cui disponiamo: la capacità di pensare. Diamoci una botta di ottimismo: immaginiamo che quanto prima il giovane Agnelli esprima un’idea capace di essere presa in considerazione.