Piccole emblematiche storie aquilane. La prima ha addirittura a che vedere con il presidente degli Stati Uniti. Eh no, Mister Obama: le promesse si mantengono. Altrimenti, è meglio non farle. La protesta di Massimo Cialente, sindaco appena rieletto dell’Aquila, se si dimostrerà basata su fatti reali è di quelle che lasciano il segno. Con il pretesto della crisi, alcune nazioni che si erano impegnate ad aiutare la città abruzzese martoriata dal terribile terremoto del 2009 si stanno “defilando”.
E tra gli smemorati figurano due tra i governi dei paesi più ricchi. «Gli Stati Uniti alla fine non hanno dato nulla e neppure la Gran Bretagna». Tra i non molti che hanno tenuto fede alla parola data c’è … Putin: «Grazie alla Russia» assicura il primo cittadino «si sta lavorando alla ricostruzione di un edificio storico del centro cittadino, palazzo Ardinghelli».
Alla conta finale, invece, i finanziamenti promessi da Washington e da Londra «non sono mai arrivati». Eppure abbiamo tutti sotto gli occhi le fotografie di Barak Obama che girava tra le macerie aquilane in occasione del G8 che l’allora capo del governo italiano, Silvio Berlusconi, aveva in fretta e furia fatto spostare da La Maddalena proprio nella città abruzzese.
Certo, se ad Obama qualcuno ha fatto presente che persino molti dei fondi stanziati dall’Italia per il rilancio dell’Aquila sono tuttora fermi è probabile che il titolare della Casa Bianca abbia deciso per una pausa di… riflessione. Pare, infatti, sempre a stare a sentire Cialente, che anche i soldi di alcuni concerti organizzati con la finalità di raccogliere stanziamenti per la ricostruzione non siano arrivati: da quello di Jovanotti a quello di Laura Pausini.
Insomma, a L’Aquila la situazione è tragicamente ferma. Si muovono solo, e a vuoto, le polemiche roventi tra i politici. PER FORTUNA, però, ci sono gli uomini – ma soprattutto, si direbbe, le donne – di buona volontà. Così, dal basso e per
iniziativa per lo più dei privati, a L’Aquila la speranza non muore. Come spesso accade sono la cultura e l’arte a dare la sveglia a una classe dirigente riottosa e anemica. Prendete per esempio “I cantieri dell’immaginario”. È un festival, fortemente voluto da Stefania Pezzopane, grintosa assessore comunale ed ex presidente della Provincia (la ricordiamo in una divertente immagine proprio con Obama, durante un sopralluogo del presidente americano alle macerie del terremoto: lui altissimo, lei… decisamente no).
Bellissimo cartellone, ricco di eventi, questo dei “Cantieri”, non sarebbe giusto citare qualcuno facendo torto agli altri. E titolo azzeccato: a L’Aquila i cantieri che dovrebbero avviare la costruzione sono, appunto, fermi nell’immaginazione
dei politici. Questo appena avviato non è un festival estivo come i tanti che si snocciolano un po’ ovunque nei caldi mesi della Penisola. Altrimenti non sarebbe riuscito a centrare un obiettivo davvero straordinario: nella stagione di vacche magrissime che stiamo attraversando, con i cordoni della borsa sempre più tirati, è l’unico progetto presentato da un Comune che abbia ottenuto il finanziamento del ministero dei Beni e attività culturali. Neanche tanto poco: quasi 500mila euro.
Dal momento che i Comuni in Italia sono oltre 8000 vorrà dire che il cartellone merita davvero. E, forse, il primo merito sta nell’unione, che sappiamo fa la forza. La Pezzopane è riuscita in un mezzo miracolo: ha messo insieme un coordinamento con dentro le otto più importanti associazioni culturali e artistiche aquilane, che solitamente non eccellono nei buoni rapporti reciproci. Così facendo, presentandosi compatti “a Roma”, i soldi sono arrivati. Meditate politici, meditate.
COSÌ COME C’È DA IMPARARE da un’altra piccola lezione che viene sempre da L’Aquila, data da un gruppo di signore appassionate della loro città e decise a “lanciare un segnale”. Si sono costituite in un’associazione, Le Nicchie, nome scelto per il primo intervento effettuato alcuni mesi fa: il restauro delle nicchie della basilica di San Bernardino. Lo hanno fatto andando a bussare alle casse di banche, istituzioni, associazioni, privati cittadini.
Un segnale, appunto: una goccia nel mare se ci si guarda attorno e si vede ancora, dopo oltre tre anni, lo stesso centro cittadino devastato. Ma sono le piccole cose che possono avviare il cambiamento. Ora le signore ne hanno fatta un’altra: sono andate a bussare alle porte (chi le conosce sa che è difficile dire loro di no, se si mettono un’idea in testa) e si sono fatte finanziare l’acquisto di 34 splendide piante, dei prunus rossi che in primavera esplodono in una fioritura rosa. E, d’intesa con il sindaco, le hanno fatte collocare lungo tutto il corso principale della città, corso Federico. Tra un po’, quando (e se) cominceranno finalmente i lavori di restauro andranno temporaneamente rimosse.
Ma, intanto, il messaggio è chiaro: le signore rivogliono la loro città, bella com’era.