Il bello della comunicazione nell’era della globalizzazione digitale è che le belle notizie non possono più essere insabbiate: basta navigare un po’ in rete e, se ci sono, si trovano. Con buona pace dei grandi – e morenti – media tradizionalisti arroccati fino all’ultimo a logiche di appartenenze di partito o di altro. Tutta questa filippica iniziale, per annunciarvi che Telejato non morirà.
«Chi?» si domanderanno a questo punto in molti. Telejato è una minuscola emittente comunitaria, cioè senza fini di lucro, che trasmette a Partinico, provincia di Palermo. Ma la definizione più calzante è quella che si danno da soli: «La più piccola tv al mondo». Piccoli sì, ma tosti: Telejato si è sempre contraddistinta per la sua lotta alla mafia.
Pino Maniaci, conduttore e proprietario assieme alla moglie e alla figlia, non le è ha mai mandate a dire ai boss e ai loro protettori politici, finanziari e del mondo delle imprese e degli appalti. Il segaligno giornalista è diventato un mito e un simbolo, oggi si direbbe una “icona”, delle battaglie per la legalità. Insomma: ha sempre dato fastidio a parecchia gente e da tempo è sotto scorta per le minacce ricevute dalla criminalità organizzata.
Il fatto poi di avere ottenuto la solidarietà da intellettuali, giornalisti e protagonisti dello spettacolo etichettabili come “sinistrorsi e rompiscatole” – da Sabina Guzzanti a Michele Santoro, da Marco Travaglio a Roberto Saviano, da Lilli Gruber a Gad Lerner – e da associazioni antimafia come “Rita Atria”, “Peppino Impastato” e “Libera Palermo” poteva essere un handicap ulteriore. Era quindi concreto il rischio che la minitv chiudesse, vittima di una delle armi più potenti e subdole di cui si serve il malaffare: la burocrazia.
«Quello che la mafia non è riuscita a fare in tredici anni, adesso dobbiamo subirlo dallo Stato» temeva Maniaci. Lo switch off dall’analogico al digitale, in corso in questi giorni in Sicilia, rischiava infatti di far chiudere il telegiornale più antimafia d’Italia. Poche le frequenze a disposizione, chi le avrebbe ottenute? Difficile per le tv comunitarie avere tutti i requisiti per piazzarsi in graduatoria. Tra conteggi e bilanci, a essere a rischio era quindi la libertà di espressione, di cui Maniaci e il suo tg sono ormai portabandiera. E invece – sorpresa! – Telejato è riuscita a entrare nella graduatoria stilata a metà settimana dal Corecom Sicilia, l’organismo regionale dell’autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
Ci è riuscita con un meccanismo vecchio come il mondo, che funziona spesso ma a cui stranamente si ricorre poco: l’unità, il mettere insieme i piccoli in base al vecchio adagio “l’unione fa la forza”. Per sostenere gli alti costi del passaggio al digitale e aggiudicarsi un posto in graduatoria, diverse emittenti locali hanno deciso di creare un consorzio: 36 gruppi solo in Sicilia. Tra queste anche la grintosa emittente di Partinico. «Ci siamo messi insieme a televisioni di Sciacca, Messina, Catania e Palermo» spiega Maniaci. Sul digitale, infatti, a essere assegnati non sono più i singoli canali ma un multiplex, cioè un pacchetto di quattro o cinque canali. «Adesso non resta che attrezzarsi per trasmettere in digitale» spiega felice Nadia Furnari del comitato “Siamo tutti Pino Maniaci”. «È costoso, ma l’importante è avere ottenuto la possibilità di farlo».
La notizia della salvezza ha riportato l’allegria tra i membri del comitato. E ha fatto tornare lo stesso conduttore quello che gli amici conoscevano. Nei giorni scorsi, infatti, Maniaci che di solito è uno ironicamente graffiante appariva teso. Non si era mai arreso, ricorrendo sempre alle battute per rispondere a quanti tra gli esponenti della mafia locale volevano spegnere la sua voce. Ricordate? Una risata vi seppellirà. Stavolta, però, c’era poco da ridere. La piccola tv siciliana era sostenuta soltanto dalla società civile. Intorno: un silenzio assordante e subdolo. Oppure: amici che amici non sono, politici sia locali sia nazionali che pensavano di poter cavalcare per i propri elettorali fini l’immagine positiva di Maniaci e Telejato. Come Tommaso Dragotto, il candidato sindaco di Palermo alle scorse elezioni amministrative (vinte invece da Leoluca Orlando) che a gennaio annunciava ai mezzi di stampa: «Telejato non deve chiudere. Ecco perché ho deciso di finanziare personalmente l’acquisto delle apparecchiature per la trasmissione in digitale dell’emittente di Pino Maniaci». Promessa avanzata ma mai mantenuta. «Tutte minchiate» aveva subito preso le distanze Maniaci. «Noi non permettiamo a nessuno di fare campagna elettorale con Telejato». Sì, proprio una bella notizia. Che, ovviamente, non si trova sulle pagine dei cosiddetti grandi quotidiani.