Cosa fatta, capo ha. Così recita il proverbio. E i detti popolari, sappiamo, hanno sempre un fondo di verità. Varrebbe quindi la pena far finta di nulla e guardare dall’altra parte. Ma non ci riesco. Anche passati un po’ di giorni e ragionando come si dice “a freddo”, mi continua a irritare il cedimento sui taxi da parte del peraltro ottimo governo Monti. Intendiamoci, siccome siamo in Italia paese che ama giocare con le parole e nascondersi dietro di esse, da Palazzo Chigi la decisione di lasciare ai singoli Comuni la questione delle tariffe e del numero delle auto pubbliche viene presentata come una scelta politica. Andrebbe persino in linea con il ruolo crescente che, nell’era della “glocalizzazione”, stanno reclamando i territori. In realtà, però, è chiaro a tutti che si tratta di quello che ha detto: un cedimento del governo di fronte alle minacce della casta delle auto bianche e dei loro, spesso non pacifici, sindacalisti. Il risultato sarà quello solito: la casta garantisce il posto (in questo caso: il sedile) ai propri membri e a pagare saranno come sempre i cittadini.
In questi giorni sono stata a New York: taxi a volontà (oddio: nelle ore di punta bisogna… lottare, ma alla fine si agguantano sempre) e soprattutto prezzo della corsa accessibile. Da noi, invece, il taxi resterà una roba per ricchi. E, con buona pace dell’inquinamento, le strade saranno sempre intasate dalle automobili dei privati. Ha ragione il quotidiano Il Giorno che ha titolato a tutta prima pagina: «Flop sui taxi». Questa partita Mario Monti l’ha persa.
«I PARAGONI CON L’AMERICA NON REGGONO».
La frase me la sento sempre ripetere dagli amici, alla fine o anche all’inizio delle interminabili discussioni sulle cose che non vanno da noi e di come invece funzionino a casa dello Zio Sam. Non mi ha mai convinto. Gli americani sono essere umani come noi, o no? Sbagliano anche loro, per carità, per esempio sulla sanità pubblica che in Italia – nonostante le proteste e alcune indubbie storture – è migliore e veramente aperta a tutti. Ma, ripeto, gli yankees sono uomini e donne come noi. E, alla fine, le cose buone che hanno diventano per forza un modello da seguire internazionalmente.
Prendete per esempio la questione dei farmaci monodose. Negli USA, non devo certo ricordarlo ai lettori che ci vivono, il medico prescrive l’esatto numero di pillole o di gocce di un medicinale che ci serve. E il farmacista le consegna nell’esatta dose. In Italia no. Con il risultato che, prese magari una o due pillole, il resto della confezione, solitamente costosa, rimane nei cassetti. In ogni casa il rituale è sempre lo stesso. Passati un po’ di anni, la padrona si innervosisce. Butta sul letto il contenuto del cassetto o dell’armadietto. E comincia la conta: «Questo è scaduto da due anni», «Questo da tre», «Ma questa a cosa serve?».
Quest’ultima domanda non ottiene quasi mai risposta, perché è difficile ricordarselo. Ora la situazione si dovrebbe americanizzare, meno male. Ma ci crederò solo quando lo vedrò. I farmacisti, altra casta, lamenteranno perdite economiche. Le case farmaceutiche, pure. Però, per ora, questa partita Mario Monti l’ha vinta.
IL CALCIO, QUESTO SCONOSCIUTO. Qualche giorno fa, mio marito finita la lettura dei giornali prima ha fatto un sospiro, poi gli è scappato un sorrisino. Incuriosita, avevo chiesto spiegazioni. Risposta sibillina, anche se si tratta di una frase stranota: «Mi sa che si stava meglio quando si stava peggio».
Mi sono allarmata. Parlava di politica? Aveva avuto un improvviso e per lui impensabile sussulto di nostalgia berlusconiana? No, si riferiva al mondo del pallone. I calciatori del Parma di alcuni anni fa, quando la squadra emiliana arrivata dalla B era esplosa ai vertici della serie A, adesso sono stati indagati e accusati di concorso in bancarotta. «Capisci, gente come Crespo, Asprilla, Veron, Chiesa». Il coniuge mi snocciolava con tono deferente questi nomi, che sono dovuta andare a leggermi sui giornali perché confesso che mi dicevano ben poco. E’ successo, voi lo saprete, che la magistratura che continua a indagare sul crac della Parmalat e del suo patron Callisto Tanzi ha puntato gli occhi anche su questi ex calciatori.
E allora? Spiegazione del coniuge, che quel giorno era in vena paziente: «Be’, anche la Lazio migliore, quella che ha vinto il campionato, era guidata da un signore, Sergio Cragnotti, il cui concetto della finanza è stato poi messo in discussione tanto che è finito in galera». Quindi, l’uomo con cui vivo ormai da quant’anni mi stava dicendo che per aggiudicarsi lo scudetto bisogna essere un po’ (un po’ tanto) disonesti. Qui la sua pazienza è finita. «Ma no! Che c’entra?!». Secondo me c’entra, eccome, il fatto che lui sia tifoso della Lazio.