Quello di dire il contrario di ciò che si pensa è ormai il vizio più diffuso nell’Italia di questo periodo. Ma non se ne sta da solo. A fargli compagnia c’è il vizio di pensare il contrario di ciò che si fa, quello di fare il contrario di ciò che si dice e quello di dire il contrario di ciò che si fa. Se tutto questo fosse la definizione di un cruciverba, la soluzione – di sette lettere – sarebbe: FINGERE. Si finge che è un piacere, dalle Alpi al Lilibeo. Si finge con tutti: con la moglie, il marito, gli amici, i vicini di casa; si finge con i compagni di viaggio occasionali, con il datore di lavoro se se ne ha uno, con i dipendenti se se ne hanno, ma soprattutto si finge con se stessi. All’inizio sembra difficile ma poi si impara, ci si adagia e ci si finge felici, lontani dalle proprie banali, povere, difficili verità.
Chi sia il re della finzione lo sappiamo perfettamente tutti. A suo tempo Indro Montanelli diceva di lui che "bara anche se sta facendo un solitario". Poi deve essersi stancato di darsi del bravo a fare i solitari ben sapendo di avere imbrogliato, quindi fingendo a se stesso, e ha cominciato a darsi dell’irresistibile seduttore di ragazze ben sapendo che non si tratta di "conquiste" ottenute da un suo supposto fascino ma di ragazze reclutate e pagate. Più finzione di così… Ma quello di Silvio Berlusconi è decisamente un caso clinico. "Va con le minorenni. E’ una persona malata. Ha bisogno di aiuto", disse a suo tempo la moglie Veronica sperando che il suo appello venisse raccolto da qualcuno dei tanti servi-sanguisughe che stanno attaccati al "miglior capo del governo italiano degli ultimi 150 anni". Ma forse per paura, forse per interesse, nessuno lo ha "aiutato" ed eccolo arrivare addirittura a creare una complessa macchina che sforna giovani donne per le "serate eleganti" del bunga bunga, siano esse "olgettine" parcheggiate a Milano 2 o aspiranti danzatrici televisive reperite dai vari Emilio Fede, Lele Mora, Tarantini, eccetera.
Non tutti i casi sfociano nella patologia come quello del Berlusca, ma anche gli altri non è che siano poi tanto lontani dalla finzione. Per esempio gli Agnelli, i padroni della Fiat considerati sempre i campioni del neocapitalismo italiano, i prìncipi dell’industria moderna, quelli che predicavano e praticavano la gloria dell’iniziativa privata italiana e che addirittura "faceva tendenza", come per esempio l’orologio che il leader della famiglia, Gianni Agnelli, portava sul polsino della camicia, una mania molto imitata. Si sentivano una potenza molto moderna, ma fingevano di ignorare che la loro fortuna venisse dal fatto che lo Stato provvedeva a tenere alla larga dal mercato italiano tutti i produttori di automobili europei e americani, le cui creazioni erano chiaramente di maggiore qualità ma di prezzo molto alto per via delle tasse doganali fissate.
Quando quella protezione venne meno, spazzata via dalle norme dell’Unione Europea, tutta la loro aristocraticità scomparve di colpo, e con essa la finzione che avevano cullato per tanti anni.
Ai nostri giorni il volto della Fiat è quello di Sergio Marchionne. Uno che si caratterizza col suo cosmopolitismo, con i grossi affari che ha fatto negli Stati Uniti, con il parlare aperto e senza tanti fronzoli. La sua modernità è stata "cantata" a suo tempo dal direttore del TG1 Gianni Riotta, uno che a sua volta fingeva di praticare un giornalismo di stile anglosassone mentre poneva domande fittizie alle frasi di un discorso pubblico pronunciato da George Bush, fingendo che si trattasse di un’intervista.
A convincere il successore di Augusto Minzolini che Marchionne rappresentasse il moderno che più moderno non si può, fu il fatto che lui aveva cancellato la giacca dal suo abbigliamento ed aveva adottato un golfino, molto più comodo e disinvolto.
Che tristezza che Giorgio Gaber non ci sia più. Alcuni versi di una sua canzone sembrano essere stati ispirati proprio da Marchionne e la sua modernità da "padrone delle ferriere". Secondo lui, la legge che proibì il lavoro minorile nelle fabbri tessili inglesi un paio di secoli fa non fu altro che una trovata demagogica di qualche politico che non aveva altro da fare e che sicuramente non aveva adottato il golfino. I versi di Gaber? Eccoli. "Aveva tante idee / era un uomo d’avanguardia / Si vestiva di nuova cultura / cambiava ogni momento / ma quand’era nudo / era un uomo dell’Ottocento".