NOTIZIA clamorosa: in Italia trionfa il buon senso. Sia pure in ritardo (ma si sa: meglio tardi che mai) e sia pure ad opera non degli italiani ma dai francesi. I quali si sono dovuti arrendere all’evidenza: Malpensa non è un aeroporto funzionale, perduto com’è nella nebbia padana e lontano dalle due città importanti del Nord, Milano e Torino, alle quali oltretutto è mal collegato; altro che sogni di farlo diventare uno hub come per anni ci hanno continuato a ripetere i nostri dirigenti dell’aviazione commerciale. Per cui Air France ha deciso di traslocare a Linate che, frutto dell’intelligenza di quando noi italiani eravamo intelligenti e i milanesi si distinguevano per efficienza e inventiva, è al contrario forse uno degli scali più furbi del mondo. A pochissima distanza dal centro di Milano e, tutto sommato, abbastanza ben collegato (e comunque, vista la vicinanza, poco caro nel caso si opti per un taxi). La compagnia francese, quasi certamente la prossima proprietaria della ormai disastrata ed evanescente Alitalia, spostando i suoi voli su Linate ha di fatto confermato che il declino tricolore è ormai inarrestabile. Adesso è sicuro: l’hub per le rotte intercontinentali del Nord d’Italia diventa Parigi. A scapito sia di Milano sia di Roma. E’ inutile recriminare: la Storia non si fa con i “se” o con i “ma”. Però, “se” all’epoca si fossero ascoltati gli esperti e Linate fosse stata rinforzata anziché abbandonarla a favore di Malpensa e delle demagogie di alcuni politici in salsa leghista…
I FRANCESI CI BATTONO ANCHE IN POLITICA ESTERA. In Libia il capo di governo che è corso per raccogliere i frutti della guerra e rivendicare il ruolo di principale sostenitore della rivolta (e, quindi, mettere le mani sui contratti petroliferi) è il transalpino Nicholas Sarkozy. Non solo: a Tripoli è corso anche il britannico David Cameron. E l’Italia? In pratica, con buona pace delle dichiarazioni del nostro Ministro degli Esteri, noi che pure siamo – ancora per quanto? – i primi partner della Libia, non stiamo raccogliendo alcun frutto. Se continua così, dai francesi oltre all’energia elettrica delle loro centrali atomiche, compreremo anche la benzina?
GLI ITALIANI NON REAGISCONO PIÙ, rassegnati a tutto. Sono i piccoli segnali, spesso, a dare la misura del disastro. Sentite questa, autentica perché è capitata alla sottoscritta. Autobus di Roma. Arriva con enorme ritardo e pazienza, a questo non fa più caso nessuno da lungo tempo. Ma l’autobus, a metà percorso, si rompe, si ferma e non riparte più. L’autista non ci pensa proprio a dare una qualche spiegazione. Con forte accento romano tira fuori una sfilza di parolacce e protesta: “E io ora che faccio?” Non si pone proprio il problema di che cosa potranno fare, ora, i passeggeri di cui pure dovrebbe in un qualche modo sentirsi responsabile. Ma questi, me inclusa, non reagiscono nemmeno. Non chiedono spiegazioni. Scendono e si allontanano, cercando da soli una soluzione. Due soli – un ragazzo straniero e una signora anziana – provano gentilmente a chiedere se, per caso, l’autista sappia indicare l’autobus di un’altra linea. Risposta: “E chenne so?”.
Anche i due si allontanano, in silenzio. Ecco, questo silenzio, questa rassegnazione di fronte ai propri diritti – il trasporto pubblico è pagato dalle tasse dei cittadini, o no? E poi: magari un minimo di cortesia dovrebbe essere obbligatoria per tutti, non vi pare? Questa rassegnazione fa capire più di qualsiasi altra cosa quanto siamo messi male.