Raccontano alcune fonti che Berlusconi, mentre discuteva con Umberto Bossi del bombardamento in Libia, aveva avuto un attimo di sfogo contro le esose ricompense che esigevano gli "eroi del 14 dicembre", cioè quelli che tradendo le loro parti politiche avevano fornito al Berlusconi medesimo i voti per mantenere in vita il suo governo. L’espressione esatta, precisavano le fonti, era stata "Quanto mi costano!". Ma non si riferiva, a quanto pare, alla "quantificazione" (dai 350mila euro al mezzo milione) che aveva fatto a suo tempo Massimo Calearo, l’imprenditore che era stato eletto nelle liste del Partito democratico ma poi se n’era andato dall’altra parte.
Il "costo" che aveva in mente Berlusconi era l’assillo che gli procuravano le continue richieste che i "responsabili" (dopo la rivoluzione lessicale avvenuta in Italia è questa, adesso, la parola da usare al posto della vecchia e desueta "traditori") gli rivolgevano continuamente. "Non sai, Umberto, quanto mi fanno penare questi qui", diceva disperato al leader dei leghisti. E a un certo punto, per spiegarsi meglio: "Ti faccio un esempio. Luca Barbareschi mi è costato tre fiction del costo di 14 milioni di euro". Barbareschi, noto attore nonché parlamentare, al momento della rottura fra Berlusconi e Gianfranco Fini aveva seguito quest’ultimo. Poi però aveva avuto una "crisi di coscienza" e aveva deciso di fare marcia indietro, viaggiando evidentemente sulle tre fiction per la tv di cui Berlusconi parlava con Bossi.
Ma se temete che di questo passo Berlusconi posa finire in miseria, tranquillizzatevi. Quei 14 milioni li pagherà la Rai, cioè i cittadini italiani che pagano obbligatoriamente il suo canone. Anche per il costo che hanno finito per avere i già citati "eroi del 14 dicembre", nessuna paura: i loro stipendi costituiranno una spesa di 171mila euro ogni mese, poco più di due milioni di euro l’anno, ma siccome quella somma andrà a far parte del "costo della democrazia" i soldi saranno sborsati da quei pochi "fessi" (fra cui sono anch’io, prima della rivoluzione lessicale ci chiamavamo "onesti") che pagano le tasse.
Dalla promessa della nomina a sottosegretario al suo mantenimento sono passati cinque mesi. A giudicare dai lamenti del Berlusconi assillato non pare proprio che abbiano pazientemente aspettato il maturare delle cose. Del resto loro sono i vessilliferi della rivoluzione italiana e sanno benissimo che la pazienza, un tempo glorificata come "virtù dei forti", oggi non vale più nulla: la virtù che conta – che loro hanno praticato con perizia proprio quel giorno che li trasformò in "eroi" – è la furbizia, che della pazienza è l’esatto contrario. I furbi, infatti, non aspettano perché i loro affari li fanno con altri furbi (anzi nel loro caso con IL furbo per eccellenza) e se non si conclude in fretta quello può ricorrere a una furbata e addio promesse. E’ per questo che nei cinque mesi trascorsi non hanno dato requie al loro "furbo di riferimento", senza nessuna considerazione per la sua età, per le tante cose che ha da fare fra guidare un governo, badare ai suoi affari, acquistare ville dovunque mette piede (ultima occasione: Lampedusa) e negandogli un occhio di riguardo neppure alla luce della scellerata vicenda in cui è andato a cacciarsi inseguendo le sue fregole senili.
Ora la cosa è fatta. Gli "eroi" faranno i sottosegretari, anche se non sanno bene che cosa esattamente dovranno fare; lavoreranno (scusate, ho esagerato) staranno dentro splendidi uffici dove potranno ricevere e incantare i loro amici e soprattutto avranno le tanto sospirate "auto blu" sulle quali sfileranno nel centro di Roma con i vigili che bloccheranno (nei limiti del possibile) il traffico per farli passare. Che goduria!
Ci sarà un po’ di pace per il furbo numero uno? Non pare, perché le nove nomine hanno comportato il risentimento di tanti altri "eroi". Perfino Domenico Scilipoti, che era diventato il prototipo del "risponsabile" (ricordatevi la modificazione lessicale) è rimasto fuori e tanti altri minacciano esplicitamente di ri-cambiare il loro voto. Berlusconi li ha tranquillizzati spiegando che nel governo c’è posto per almeno altro dieci sottosegretari e così si ricomincia daccapo.