Pare di sentirli, bisbigli e preghiere, osservando la piccola camera segreta allestita nel mezzanino e celata da un divisorio di legno intagliato. È da questa postazione che Maria Luisa di Borbone – invisibile agli altri – spiava le confessioni della sua corte. In basso, davanti al piccolo altare, fra gli arredi della Cappella che il marito della granduchessa lorenese, Pietro Leopoldo di Asburgo Lorena, volle realizzare in quella che prima era un’alcova, oggi fa bella mostra di sé il prezioso inginocchiatoio in pietre dure realizzato su disegno dell’architetto e scultore Giovanni Battista Foggini, arrivato a Palazzo Pitti nel 1717 al seguito dell’Elettrice Palatina, quando Anna Maria Luisa de’ Medici, rimasta vedova, decise di fare ritorno nella sua Firenze.

Arricchiscono le pareti della Cappella dal parato in damasco di seta rosso cremisi, culla dei sonni del Gran Principe Ferdinando de’ Medici fino al 1713, la Madonna con Bambino di Carlo Dolci, la Madonna delle Rose di Botticelli, una copia seicentesca della Vergine delle Rocce di Leonardo e un secondo tondo di scuola botticelliana. Solo un assaggio, una piccola indiscrezione storica nel tentativo di dare un’idea della qualità dei tesori ritrovati, e ora visibili, negli Appartamenti Reali di Palazzo Pitti (www.uffizi.it/palazzo-pitti/appartamenti-reali), riaperti al pubblico dopo cinque anni di chiusura e un complesso lavoro di restauro.
Quattordici sale di rappresentanza del piano nobile della Reggia dei Medici, situate nell’ala destra dell’immenso edificio affacciato sul Giardino di Boboli. Un viaggio (partenze ogni ora dalle 10 alle 18, prenotazione obbligatoria nell’Anticamera degli staffieri, all’ingresso della Galleria Palatina) che è una cavalcata nel tempo e nella storia dell’arte, viste le sovrapposizioni stilistiche presenti nel mobilio, negli arredi, negli oggetti di uso quotidiano e nei pezzi da collezione che rispecchiano epoche e gusti delle personalità e delle famiglie che qui hanno abitati nel corso dei secoli.

All’inizio del Settecento gli Appartamenti Reali e Imperiali ospitarono il Gran Principe Ferdinando de’ Medici; in seguito, sullo scadere del Settecento e per la prima metà dell’Ottocento, rinnovati e trasformati accolsero i Granduchi di Lorena mentre, dal 1865, diedero dimora ai sovrani della Casa Reale Savoia durante il breve periodo in cui Firenze fu Capitale d’Italia. Una ″stratificazione″ di gusti attraverso tre secoli di storia, dal Seicento agli inizi del Novecento, capace di raccontare le vicende delle tre dinastie – Medici, Lorena e Savoia – che nelle loro stanze private hanno lasciato una firma indelebile.

“Negli Appartamenti dei regnanti coesistono armoniosamente reliquie del passato mediceo e della lunga parentesi lorenese, suggellate dal contributo definitivo dei Savoia che arricchirono la residenza di arredi fatti portare qui dalle regge di quasi tutti gli altri territori annessi”, spiega il direttore delle Gallerie degli Uffizi, Simone Verde, sottolineando come il riallestimento sia stato realizzato in base a quello degli anni Novanta, quando venne preso come riferimento l’inventario del 1911, l’ultimo che documentava l’assetto di quegli spazi, saltuariamente abitati dai Savoia.
L’operazione remise en forme degli appartamenti ha richiesto molto lavoro e cinque anni di chiusura: dai pavimenti sono stati rimossi tappeti e moquettes rivelando parquet perfettamente conservati, mentre affreschi, stucchi, parati di seta, tendaggi, dipinti, mobili e soprammobili sono stati puliti e sottoposti a manutenzioni e interventi di recupero. Risultato? Un trionfo di tavoli in commesso di pietre dure, consolle e specchiere, dormeuse, oggetti d’arte, scrigni con intagli di ebano e avorio, strumenti musicali che nascondono cassettini dai mille segreti, porcellane, oggetti sacri, lampadari imponenti, i primi esemplari di stufe, preziosi vasi cinesi.

Un’impresa titanica cercare di riassumere ciò che rende unico il viaggio negli Appartamenti Reali di Palazzo Pitti, che si snoda attraverso la sala verde, la sala del trono, il salotto celeste con la tappezzeria azzurra e il camino detto ‘delle aquile’ opera di Francis Harwood, la sala dei ‘pappagalli’ con le pareti rivestite utilizzando un parato della Manifattura di Lione importato da Vienna nel 1814 (in piena Restaurazione le aquile imperiali che decorano la stoffa vennero scambiate per semplici pappagalli e tutt’ora la sala ne porta il nome), il salotto e la camera della regina Margherita di Savoia che ai tempi dei Medici ospitava il ‘trucco’ (un gioco simile al biliardo) e poi divenne stanza da letto. Per passare al gabinetto ovale dal gusto rococò, al gabinetto rotondo di stile neoclassico, alla camera e lo studio del re, il salotto rosso, all’anticamera del re.
Per tornare dove siamo partiti: la Cappella con la scala a chiocciola che conduce al mezzanino chiuso dai pannelli dorati dell’intarsiatore francese Riccardo Lebrun, da cui – nascosta – la granduchessa origliava confessioni, sospiri e preghiere della corte lorenese.