Sarà per evitare l’effetto “tappo”? Oppure la scelta cela uno stratagemma studiato ad hoc per far cassa? Qualunque sia la motivazione, la proposta di trasferimento della Monna Lisa continua a far discutere, lasciando spazio a molte riflessioni. Attualmente “La Gioconda” di Leonardo da Vinci si trova nella grande sala del musée du Louvre, perennemente presa d’assalto dai visitatori, adiacente alla cosiddetta Grande Galerie o Galerie italienne, ricchissima di capolavori del Rinascimento. Ma il dipinto più famoso al mondo pare destinato ad essere spostato altrove, lontano dalla sezione italiana della galleria parigina, in un nuovo “spazio particolare” del museo, ricavato nei sotterranei sotto alla Cour Carrée, e “accessibile in modo autonomo rispetto al resto del museo, dotato per questo motivo di un titolo d’accesso a parte”, per dirla con le parole del presidente francese Emmanuel Macron, che ha annunciato in queste ore una grande campagna di riqualificazione del Louvre battezzata “Louvre, Nouvelle Renaissance”.
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Parlando sotto lo sguardo “indescrivibile” dell’enigmatica dama fiorentina, nel suo discorso il capo dello Stato ha riferito che l’ingresso della Piramide voluto a metà degli anni Ottanta dall’ex presidente, Francois Mitterrand, venne pensato “per 4 milioni di visitatori”. “Ma ora – ha aggiunto – i visitatori sono diventati 9 milioni all’anno e c’è bisogno di un nuovo accesso”.
In attesa del concorso internazionale per concepire questa nuova entrata – che verrà bandito entro fine 2025 con data di consegna prevista per il 2031 – Macron ha incaricato la ministra della Cultura, Rachida Dati, di “preparare tariffe differenziate, con biglietti più cari per i visitatori stranieri provenienti dai Paesi non membri dell’Unione europea”. Tariffe che dovrebbero entrare in vigore già dal primo gennaio 2026.
Che sia questa la soluzione per risolvere i problemi del Louvre elencati nel cahier de doléances stilato e reso noto dalla direttrice del museo, Laurence des Cars, nei giorni scorsi, lascia parecchi dubbi: spostare la Gioconda va bene (un po’ meno far pagare un biglietto a parte), ma è evidente che per risolvere gli altri guai della prima galleria parigina ci voglia ben altro. Nonostante la fama intergalattica, il Louvre versa infatti in cattive condizioni in quanto “molte sue strutture risultano vetuste e superate”, come ha sottolineato nella lettera inviata alla ministra della Cultura Dati la direttrice, lanciando l’allarme sulla “moltiplicazione dei malfunzionamenti e lo stato molto degradato” delle strutture, attrezzature tecniche in stato “preoccupante”, “variazioni di temperatura che mettono in pericolo lo stesso stato di conservazione delle opere”.
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Tra le tante lamentele e segnalazioni dei visitatori, la scarsità di bagni o il poco brillante decoro degli arredi. Un esempio? I nastri di contenimento dei visitatori in fila verso la Monna Lisa sono quelli che generalmente vengono utilizzati per disciplinare le code negli aeroporti. Tanto che sui social qualcuno ha ironizzato, parlando di “imbarco diretto per la Gioconda”.
Secondo il quotidiano Le Parisien, nella sua nota datata 13 gennaio des Cars descrive le visite al museo come un “calvario fisico”. “Accedere alle opere d’arte richiede tempo e non è sempre facile”, scrive la direttrice, “i visitatori non hanno spazio per fare una pausa. Le opzioni di ristorazione e i servizi igienici sono insufficienti, al di sotto degli standard internazionali. La segnaletica deve essere completamente ridisegnata”.
Ed eccoci al dunque… Tra le misure suggerite dalla direttrice c’è anche quella di sistemare la Monna Lisa in una stanza dedicata “per allentare la pressione della folla”. Lasciargli più spazio. “Non possiamo più accettare lo status quo”, tuona la direttrice, trascurando una questione di non secondaria importanza. Ovvero se eliminare la Gioconda dalla sua attuale collocazione, fra i tanti capolavori del genio italiano e del Rinascimento in dotazione al Louvre, mettendola sì a portata di visitatore, ma in una situazione di completo isolamento, sia la scelta migliore. O almeno lo sia da un punto di vista museografico. Nell’ambito di una corretta fruizione dell’opera d’arte, fior di esperti hanno sempre sottolineato l’importanza della contestualizzazione dell’opera nel percorso espositivo, puntando sul dialogo con quelle coeve, onde poterne apprezzare al meglio il significato artistico e storico. Ma cosa conta l’ABC di museologia e museografia davanti a una febbre in continua ascesa. Quale? Ma la febbre da selfie, ovvio.