Da Roma a Milano, da Palermo a Genova passando per Reggio Calabria. In tutta Italia i magistrati hanno messo in atto la protesta annunciata alla vigilia dell’inaugurazione dell’anno giudiziario e hanno lasciato le aule nel momento in cui ha preso la parola il rappresentante del governo in segno di protesta contro la riforma della giustizia voluta dal ministro Nordio.
Toga addosso, coccarda tricolore al petto e copia della Costituzione in mano: un centinaio i magistrati del distretto giudiziario di Milano sulla scalinata principale del palazzo di Giustizia hanno dato vita a un flash mob per protestare in particolare contro il progetto di separazione delle carriere, che impedirà di passare dalla magistratura inquirente a quella giudicante e viceversa. Il tema sembrerà bizzarro a chi è abituato al sistema anglosassone e in particolare americano, dove giudici e inquirenti sono nominati dal potere o eletti dal popolo, ma in Italia il magistrato è una posizione di carriera e il terzo organo dello Stato difende strenuamente le sue prerogative di indipendenza.
A dettare le linee guida della protesta è stato il direttivo dell’Associazione Nazionale Magistrati. La riforma della giustizia così osteggiata dalle toghe è un progetto da anni propugnato dal centrodestra. Il 16 gennaio la Camera ha approvato il disegno di legge, presentato dal governo Meloni. A favore del testo hanno votato i partiti che sostengono il governo (Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e Noi Moderati), insieme a due partiti che sono all’opposizione: Azione e Più Europa. Italia Viva si è astenuta, mentre il Partito Democratico, il Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi-Sinistra hanno votato contro. Il percorso parlamentare della riforma è ancora lungo: essendo un disegno di legge di riforma costituzionale, deve essere approvato due volte sia dalla Camera sia dal Senato, e con tutta probabilità sarà poi sottoposto a referendum.
Proprio a Milano, la protesta, come da programma, è scattata non appena Monica Sarti, capo dell’Ispettorato generale del Ministero della Giustizia, è salita sul palco dell’Aula Magna per il suo intervento istituzionale. Le toghe hanno abbandonato l’aula, riversandosi nell’atrio centrale del Palazzo di Giustizia con una coccarda tricolore al petto e una copia della Costituzione in mano. Claudio Gittardi, procuratore di Monza: “L’unicità nella giurisdizione è un valore fondamentale e una garanzia per la stessa democrazia. Questo è il nostro impegno, perché quei valori della Costituzione determinano l’assetto del nostro Stato, la democraticità e la tutela dei diritti, anche dei soggetti più deboli”, ha spiegato. “La tutela che dobbiamo realizzare dobbiamo spiegarla alla collettività”, ha sottolineato.
A Genova oltre 100 magistrati hanno abbandonato l’aula quando ha preso la parola il rappresentante del governo e, sfilando con la Costituzione in mano e una coccarda tricolore attaccata sulla toga, si sono spostati sulla scalinata all’ingresso del palazzo di giustizia al grido di Viva la Costituzione. Il procuratore capo di Genova, Nicola Piacente, ha commentato: “Ritengo doveroso precisare che se avessi avuto un ruolo diverso da quello che ricopro attualmente avrei partecipato anch’io a questa manifestazione simbolica. Le esigenze di giustizia dei cittadini vanno al di là della separazione delle carriere, impongono interventi più urgenti, ad esempio la soluzione del problema della durata dei processi penali e anche dei processi civili, e il potenziamento delle risorse perché tutti noi possiamo compiere fino in fondo il nostro dovere”.
A Bologna la presidente dell’Associazione nazionale magistrati dell’Emilia-Romagna, Eleonora Pirillo, spiega “Si insiste sulla separazione delle carriere e poco sul fatto che i nostri disciplinari saranno affidati a un’altra corte, indebolendo l’autogoverno della magistratura. Avremo due Csm e saremo sorteggiati per gli organi di autogoverno, sottraendoci il diritto di elettorato attivo e passivo. E’ gravissimo. I processi non dureranno un giorno in meno. Abbiamo bisogno di risorse umane e strumenti”.
A Roma quasi tutti i magistrati presenti nell’Aula magna della corte d’appello hanno lasciato il salone appena dopo che il sottosegretario alla presidenza del consiglio, Alfredo Mantovano, ha preso la parola per il suo intervento in occasione della inaugurazione dell’anno giudiziario.”Il gesto degli esponenti della magistratura associata di lasciare l’aula al momento dell’intervento del rappresentante del governo è impegnativo, ed è carico di significato. Non è originale: è stata una forma di protesta sperimentata una ventina di anni fa in occasione di altre leggi, quella volta ordinarie, di riforma della giustizia. In più, quest’anno ci sono i cartelli. Benché ripetuta, però non può lasciare indifferenti”, ha poi commentato Mantovano nel corso del suo intervento. La magistrata Daniela Rinaldi, a margine delle proteste delle toghe, ha spiegato “vediamo questa riforma della separazione delle carriere come un vulnus all’unitarietà della magistratura e come il tentativo di sottrarre il pubblico ministero alla cultura della giurisdizione”.
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio era a Napoli, città che pure ha visto le vivaci proteste dei magistrati. Mentre da Milano invita al confronto il presidente del Senato, Ignazio La Russa: “Le posizioni possono anche essere diverse e divergenti ma devono trovare una sintesi in un confronto serio. E poi perché tutto sia nell’alveo della Costituzione nessuno può arrogarsi il diritto di cancellare quelle che sono le decisioni che prende il Parlamento ma deve prenderle avendo capacità di ascolto e di confronto”.