Verona minor Hierusalem, “Verona piccola Gerusalemme”: tra le peculiarità di questa splendida città, il cui centro storico è patrimonio Unesco dal 2000, c’è anche questa, ufficializzata dagli Statuti Veronesi del 1450, ma risalente, come tradizione, almeno all’epoca dell’arcidiacono Pacifico (VIII-IX sec.), che fu per quarantatré anni prefetto dello Scriptorium capitolare, officina libraria, luogo di trascrizione, sotto il Capitolo della Cattedrale di Verona (il collegio di sacerdoti assegnati alle funzioni liturgiche più solenni).
Il dizionario di Pacifico – Un manoscritto quattrocentesco del veronese Bartolomeo di Simone Bolzanino dal Muronovo, parte del codice Trivulziano 964 (conservato alla biblioteca Trivulziana di Milano), afferma che “Reperitur in dicionario condito per virum sublimen Pacificum archidiaconum et canonicum Veronensem huiusmodi scriptura, quam ponit in lettera V secundum ordinem alphabeti. Et tenor tallis est: verona nobillis urbs Ytaliae, quam Ebrey a Sem filio Noe post diluvium conditam ferunt, quam etiam vocant minorem Yerusalem”, ovvero “Si rinviene nel dizionario elaborato per opera di quell’illustre uomo che fu l’arcidiacono e canonico veronese Pacifico una scrittura di tal fatta, posta alla lettera V secondo l’ordine alfabetico. Ed il seguito è questo: Verona nobile città dell’Italia, che gli Ebrei dicono essere stata fondata da Sem figlio di Noè dopo il diluvio e che chiamano Gerusalemme minore”.
Che il testo dell’arcidiacono parli di Verona come “Gerusalemme minore” è riportato anche in altri due documenti (i suddetti Statuti del 1450 e uno poco posteriore, che si trova ora nella straordinaria Biblioteca Capitolare di Verona derivata da quello Scriptorium) e va a spiegarsi, pragmaticamente, col fatto che nel Medioevo non era semplice recarsi in pellegrinaggio in Terra Santa: deve essere dunque parso utile, e motivo di lustro, disporre di una piccola Gerusalemme in casa propria, un investimento urbanistico e spirituale realizzato anche da Bologna, Pisa e Lucca, marketing turistico ante litteram.
La storia nei documenti e l’attualità nei luoghi – Già prima del 1450 il sigillo cittadino raffigurava delle mura con tre torri e, sulla sommità, tre croci, chiaro riferimento al monte Calvario; nel 1474 venne introdotto un sigillo più piccolo con l’effige del patrono San Zeno, intondata dalla scritta Verona minor Hierusalem di Zenoni patrono. Nel Medioevo, infatti, alcune chiese veronesi furono parte di un piano urbanistico che si voleva sovrapporre ad alcuni luoghi della Terra Santa, come messo in luce dai paralleli topografici fra le due città eseguiti da Gian Paolo Marchi nello studio del 1961 “Verona minor Ierusalem: contributo alla storia dell’urbanistica carolingia”: il fiume Adige separa il monte Oliveto (su cui si erge oggi la chiesa della Santissima Trinità) dal monte Calvario (attuale monte Cavro ove si trova la chiesa di San Rocchetto) così come il torrente del Cedron separa il monte degli Ulivi dalla città Santa; entrambi i monti, ad Occidente e Oriente, si innalzano al di fuori delle mura cittadine.
Un altro esempio spunta presso la fontana del Ferro – poco distante dal romano ponte Pietra – dove, proprio come a Nazareth, sorgono una chiesa dedicata all’Annunciazione, la fontana della Vergine e una chiesa ortodossa dedicata all’arcangelo Gabriele. Le chiese veronesi di Santa Maria di Nazareth e Santa Maria di Betlemme (oggi San Zeno in monte) sono, inoltre, entrambe in collina e, all’epoca, anche extra moenia, quasi a ricordare la distanza tra Gerusalemme, Nazareth e Betlemme. Fuori dalle mura veronesi, era stata eretta anche la chiesa del Santo Sepolcro (ora chiesa di Santa Toscana), esattamente come il sepolcro di Cristo era situato fuori dalle mura della Gerusalemme del I secolo.
Il progetto “Verona Minor Hierusalem, una città da valorizzare assieme” – La volontà di divulgare il pregio di tali beni religiosi e culturali, senza comunque ridimensionare l’aura spirituale e secondo uno stile di coinvolgimento cittadino, ha portato, il 25 novembre 2016, all’inaugurazione del progetto “Verona Minor Hierusalem, una città da valorizzare assieme”, basato sulla sinergia tra i membri della governance e tra i volontari – ad oggi 425 – impegnati ad accogliere i visitatori nelle sedici chiese dei tre itinerari e ad organizzare le varie attività proposte.
VMH: come si accende la scintilla, nel 2016? «L’idea – risponde don Martino Signoretto, biblista e presidente della attuale fondazione – era quella di proporre alla città veri e propri “pellegrinaggi urbani”, aprendo chiese minori, sconosciute e pure ricche di arte e storia, aprendole non più in modo saltuario o solo con il culto domenicale, ma riproponendole in un modo innovativo, collegandole l’una all’altra a partire dal contesto geografico e storico in cui sono ubicate. Ecco perché ho individuato tre itinerari, tre “rinascere” (acqua, terra e cielo), che percorrono tre traiettorie dentro la città, attraversandola al completo, svelando tesori altrimenti ignoti e offrendo una reale esperienza di città, una Verona affascinante, un’esperienza di in-urbanizzazione con la “piccola Gerusalemme”».
Un occhio di riguardo non solo per le grandi strutture, ma anche per i particolari: «Cerchiamo di valorizzare tutto ciò che attorno a queste chiese è degno di nota: un pozzo, un tratto d’acqua, un portale, un reperto, un ricordo, una lapide, un memoriale, una statua».
Don Martino ha concretizzato VMH sulla scorta di un lungo legame con la Terra Santa, guida da 12 anni di pellegrinaggi, partendo da una visione racchiusa profeticamente in quel sigillo del 1474 che « non solo presenta il patrono, San Zeno, ma anche le meravigliose mura, quelle scaligere, immaginando tutta Verona – e non solo le cinque chiese dedicate: Nazareth, Betlemme, monte degli Ulivi, Calvario e S. Sepolcro – come la città santa, una vera e propria meta di pellegrinaggi. Tale titolo così impegnativo viene dall’arcidiacono Pacifico, perché viene a lui attribuito un “dizionario” dove alla lettera V, e quindi alla parola Verona, ne dà una definizione curiosa, immaginandola come se fosse stata fondata da uno dei figli di Noè, Sem, con il nome di minor Hierusalem. Questa nascita per noi risulta affascinante, ma anche carica di profezia: i nostri predecessori, con questa dicitura, ci offrono una visione, perché Gerusalemme è la città della pace, immaginata come la città santa per eccellenza, meta delle tre grandi religioni rivelate e descritta negli ultimi due capitoli dell’Apocalisse come la città ideale, una sorta di paradiso descritto negli stessi termini dei primi capitoli di Genesi».
Un altro aspetto di VMH è approfondito da Paola Tessitore, direttore VMH: « Il progetto si basa totalmente sul volontariato e non contempla guadagno: è basato sull’economia del dono, 8 ore al mese offerte dal volontario, che riceve una formazione e partecipa periodicamente ad appuntamenti di approfondimento su tematiche culturali inerenti. Anche le aziende possono partecipare: non si chiede denaro, ma know how per fare gioco di squadra secondo il nostro pay-off: una città da valorizzare insieme».
Un network culturale, per il bene della città. «Prima ancora che fosse un progetto si è condivisa l’idea con istituzioni ed enti presenti sul territorio affinché, ciascuno nel proprio ambito, potesse cogliere potenzialità di sviluppo e possibili ricadute. Stiamo lavorando su questo modello, che potrebbe diventare un format esportabile anche in altre città, considerando la capillarità e la ricchezza di patrimonio da tutelare e valorizzare in tutta Italia». Finalità raccontate di recente anche ai microfoni di Radio Vaticana.
Fruibilità della storia: un fine reso possibile non solo dal contributo dei volontari nei luoghi di visita, ma anche della tecnologia contemporanea, come 3d o digitalizzazione: «I nostri volontari – aggiunge Tessitore – comprendono pensionati, professionisti, universitari e studenti per il programma di alternanza scuola/lavoro, in collaborazione con il Provveditorato agli studi di Verona: è una struttura intergenerazionale, unita da passione intellettuale e dalla lungimiranza: si opera per tramandare storie e persone».
Gli itinerari – “Rinascere dall’acqua”, “Rinascere dalla terra”, “Rinascere dal cielo”: esperienze di turismo spirituale, che prevedono visite alle chiese più antiche e suggestive di Verona, come San Zenetto (itinerario di terra), situata a mezza strada tra la sorella maggiore San Zeno, la basilica dedicata al patrono, e (il poi costruito) Castelvecchio: un tempo era lambita dall’Adige, che scorreva senza gli attuali muraglioni di contenimento, infatti conserva, curiosa reliquia, il sasso che si dice fosse usato dallo stesso vescovo Zeno per sedersi a pescare, indizio della semplicità della sua vita e simbolo del mandato evangelico come pescatore di anime.
San Zeno patrono – Zenone (poi Zeno), originario dell’Africa del nord, forse della Mauritania, giunse a Verona per ragioni non note, presumibilmente sulla scia di una tendenza dell’epoca al viaggio, da parte di personaggi di grande dottrina: archiviato lo spettro delle persecuzioni, i cristiani potevano finalmente godere della libertà di movimento e predicazione. A Verona Zeno condusse vita monastica fino al 362, quando fu eletto ottavo vescovo della città, mantenendo la carica per circa dieci anni, fino alla morte, il 12 aprile, probabilmente del 380, quasi certamente per cause naturali, non comunque martire. Il suo culto nel veronese è ancora oggi molto sentito, Zeno è nome assai diffuso e la sua ricorrenza celebrata con numerose iniziative pubbliche.
La prima basilica paleocristiana veronese nell’area occupata attualmente dalla chiesa di S. Elena fu voluta e consacrata da Zeno; quella che vediamo oggi si sviluppò sul suo sacello dal IV sec., subì distruzioni e riedificazioni, fino al restauro nel 1138. L’agiografia del “vescovo moro” conta decine di episodi miracolosi, tra cui l’aver fatto trasportare al demonio la pesantissima vasca di porfido visibile nella chiesa, segnata da diaboliche unghiate, e lo tramanda come uomo gioviale, immortalato col sorriso in un’anta dell’antico organo ora nella chiesa di San Procolo e nella grande statua in marmo colorato (metà XIII sec.) nella basilica: “San Zen che ride”. La festa liturgica cade il 12 aprile; nella diocesi di Verona, però, è stata spostata al 21 maggio, data della traslazione delle reliquie nella basilica, nell’anno del Signore 807.
Curiosando fra le tappe – Scorrendo le 16 tappe si compie uno straordinario, plurimillenario viaggio a ritroso: ecco, tra gli itinerari d’acqua, la chiesetta dei Santi Siro e Libera, abbarbicata alle gradinate del Teatro Romano, risalente ai primi decenni del X secolo; essa avrebbe ospitato la prima messa a Verona, celebrata da San Siro, il fanciullo che donò i cinque pani e i due pesci a Gesù nell’episodio della moltiplicazione dei pani (Gv 6,1-11), e che, adulto, sarebbe venuto in Italia. “Rinascere dalla terra” porta a San Lorenzo, unicum architettonico nel panorama europeo; con itinerario celeste si ammira la chiesa dei Santi Nazaro e Celso, che affonda la sua storia nel V secolo, allorché furono traslate in città le spoglie dei martiri, in un sacello presso cui sorse una comunità benedettina. L’attuale edificio risale al 1464.
Sono previsti altri itinerari? Risponde Davide Adami, storico dell’arte e guida dei percorsi: «Non prevediamo a breve nuovi itinerari urbani dal timbro simbolico così marcato come Acqua, Terra e Aria. C’è, però – ed è già mèta di pellegrinaggi specifici e a primavera ne uscirà una mappa dedicata – il percorso della Verona Minor Hierusalem “storica”, che comprende le chiese di San Rocchetto presso Quinzano, di S. Maria di Nazareth e S. Maria di Betlemme (sulle colline delle Torricelle, di S. Toscana, della SS. Trinità sul monte Oliveto e di S. Elena accanto al Duomo. Inoltre, potrebbe esserci un potenziamento del collegamento in rete con le altre ”Gerusalemme d’Italia”, Lucca, Pisa, Bologna, e con le Gerusalemme d’Europa, di cui si sta cercando di realizzare un’inedita ricostruzione».
Verona è uno scrigno d’arte: un luogo del cuore? «Verona Minor Hierusalem mi ha portato anche a riscoprire il legame con la città, rileggendola con occhi diversi, legati sia alla memoria, che alla riscoperta. In questo senso, cito qualche luogo che mi è entrato più nell’animo. In spazi chiusi, la sacrestia di Santa Maria In Organo, gioiello che trasforma lo spazio interno e lo dilata con le tarsìe di fra’ Giovanni (e dove, bambino, seguivo, intendendo poco, le spiegazioni e i gruppi di mio padre, guida turistica) e la basilica di San Lorenzo (che ha rubato il posto a San Zeno nel mio immaginario romanico); in spazi aperti, i viottoli e i passaggi che salgono al colle di San Pietro – primo, antico insediamento della città NdA – e che danno ancora l’idea di una Verona legata sia alla storia, che alla natura, che a scorci improvvisi. E ancora l’affaccio sull’Adige dagli spalti di Castelvecchio, entrando nel cortile e nel museo – credo che il recupero del fiume sia necessario al recupero dell’identità della città – e la vista sull’ansa con ponte Pietra e la chiesa di San Giorgio, all’altezza del Teatro Romano, che mi ha sempre fatto sentire a casa al ritorno da viaggi».
La sede – Non poteva essere un ufficio qualunque, la sede della Fondazione, nonché infopoint: si tratta della chiesa di San Pietro martire, edificata sulle fondamenta della casa natale del santo, al secolo Pietro Rosini (1205-1252) e la cui prima pietra è datata 1656.
La Fondazione – Per volere della Diocesi, dal 16 gennaio 2019 al progetto è stata attribuita la forma giuridica di fondazione di diritto privato, con prospettiva di adeguamento alla riforma in essere del terzo settore. Ma come si sostiene? Il patrimonio è costituito da un fondo di dotazione iniziale conferito dalla Diocesi di Verona, eventuali lasciti, donazioni ed attività marginali ma commerciali e produttive. VMH: essenzialmente volontariato, che oggi (purtroppo) pare quasi unica formula vincente per far decollare e proseguire iniziative culturali e sociali. La rete intessuta dalla Fondazione è intelligente e concreta, per stimolare una mentalità ed una operatività comune a vantaggio di una città patrimonio Unesco, in un’Italia che – con la Cina – è il paese con il maggior numero di tali patrimoni, 55 beni nel 2019, con altri 41 candidati.
«Il progetto – conclude don Martino – è carico di suggestioni, di valori di cittadinanza responsabile con cui formare i nostri cittadini veronesi, i quali sono i primi interlocutori del progetto VMH, con lo scopo di regalarci un nuovo volto di città: la vision, la mission sono temerari… per questo ci piacciono!».