In volo fino a Milano e poi comodamente in auto per pochi chilometri, puntando verso sud e verso la pianura padana. Ci vuole poco tempo per raggiungere Mantova e Sermoneta, ma costerà fatica lasciare queste due città. Sarà successo anche agli esperti dell'UNESCO, chiamati a decidere sulle due realtà italiane, che di certo saranno rimasti affascinati da luoghi che esprimono alla massima potenza possibile il gusto e la bellezza del Rinascimento italiano.
Siamo nella terra dei Gonzaga, una delle famiglie più celebri della storia "comunale" italiana, capace di rinvigorire attraverso le celebri casate, quell'alone di potenza ereditato dall'impero romano e sbriciolato attraverso secoli di occupazioni.
La città di Virgilio
In questa città simbolo del Rinascimento, tuttavia, la prima tappa bisogna dedicarla al poeta romano Publio Virgilio Marone, autore dell'Eneide e nato nel 70 a.C.. Fondata dagli Etruschi nel VI secolo a.C. (alcuni studiosi derivano il suo nome dalla divinità infernale chiamata Mantus), assurse al titolo di città libera dopo la promulgazione della Legge Giulia del 90 a.C. ma rimase sempre al margine della storia romana. Citata anche nel ventesimo canto dell'Inferno della Divina Commedia di Dante Alighieri (dove Virgilio, mantovano, descrive I dintorni della città), Mantova venne conquistata dal re dei Longobardi Agilulfo nel 603 e durante la dominazione dei Canossa, subì una trasformazione idraulica da parte dell'architetto Alberto Pitentino (nel 1198) il quale modificò il percorso del Mincio permettendo nuovi insediamenti abitativi. Il periodo comunale vide nascere il Palazzo del Podestà (1227) in Piazza Broletto e il Palazzo della Ragione (1250), mentre il governo guidato dalla famiglia Bonacolsi fece costruire il Palazzo dei Capitani sul lato destro del Duomo, la Domus Magna e altri edifici merlati con la celebre Torre che caratterizzano oggi il lato sinistro di Piazza Sordello.
I duchi illuminati

Palazzo Te a Mantova
Nel 1328, con l'aiuto del Signore di Verona Cangrande della Scala, Luigi Gonzaga prese il potere, legando indissolubilmente il proprio destino a quello della città. Capitani del Popolo , poi marchesi (1433) e infine duchi nel 1530 (nominati dall'Imperatore Carlo V), per tre secoli i Gonzaga guidarono e trasformano la città in una delle più belle realtà delle corti europee. A Mantova arrivarono artisti di fama internazionale quali Pisanello, Mantegna, Perugino, Correggio, Leon Battista Alberti, Luca Fancelli, Giulio Romano, G.B.Bertani, Viani, Rubens, Fetti e tutti lasciarono la loro impronta rinascimentale. Abbellita con nuove chiese (S.Andrea, San Sebastiano, Santa Barbara, Sant'Orsola, San Maurizio), palazzi (il Castello, la Domus Nova, la Torre dell'Orologio), la città si arricchì anche di dimore della famiglia Gonzaga (Palazzo Te, la Palazzina di Caccia, Villa della Favorita) e iniziò a espandere il suo influsso architettonico sui comuni vicini, trasformando l'intera area, prima di iniziare un lento declino culminato con il saccheggio da parte dei Lanzichenecchi nel 1630. Un saccheggio che non risparmiò nulla alla furia dei mercenari contadini.
Decimata nella popolazione e spogliata dei propri tesori, la città tentò di risorgere nel Settecento ma solo quando finì nei domini degli Austriaci potè ritrovare un minimo di stabilità. Sono questi gli anni in cui l'architetto Juvarra riprogettò l'attuale cupula di S.Andrea, anni in cui furono costruite l'attuale facciata del Duomo e in cui sorsero Palazzo Cavriani, Palazzo degli Studi, Palazzo Bianchi (oggi Palazzo Vescovile), il teatro Scientifico e palazzo dell'Accademia. Le guerre napoleoniche e la successiva restaurazione consegnarono alla storia una città permeata dallo spirito risorgimentale. Durante le guerre d'indipendenza la città fu fortificata diventando un pilastro del famoso Quadrilatero. Dal 1851 al 1855 i Martiri di Belfiore (dalla località ove per gran parte di loro fu eseguita la sentenza di morte), scrissero una pagina tragica ma epica del Risorgimento italiano e dopo la III guerra d'indipendenza, nel 1866, Mantova fu annessa al Regno d'Italia.

Giulio Romano, Sale dei Giganti (1532-35), Palazzo Te, Mantova
Straordinarie: parola di UNESCO
Il percorso storico che ha trasformato la piccola colonia romana nell'attuale capoluogo omonimo ha sedimentato straordinarie espressioni architettoniche ed artistiche. “Mantova e Sabbioneta offrono una testimonianza eccezionale di realizzazione urbana, architettonica e artistica del Rinascimento, collegate tra loro attraverso le idee e le ambizioni della famiglia regnante, i Gonzaga. Esse rappresentano gli esempi più eminenti delle due modalità più emblematiche della progettazione urbanistica del Rinascimento, rispettivamente quella evolutiva e quella fondativa. Come tali, esse sono servite di riferimento per gran parte delle successive esperienze di costruzione della città fino all’epoca moderna. Gli artisti che hanno concorso alla realizzazione delle due città hanno prodotto capolavori che hanno portato a compimento gli ideali del primo Rinascimento, contribuendo in maniera determinante alla diffusione internazionale di un movimento destinato ad influenzare e plasmare l’intera Europa”. Con questa dichiarazione l'UNESCO inserì le città di Mantova e Sabbioneta nel patrimonio culturale universale.
La gemella Sabbioneta

La Piazza Ducale di Sabbioneta
La città gemella del 42° sito italiano riconosciuto dall'UNESCO patrimonio dell'umanità fu fondata da Vespasiano Gonzaga Colonna tra il 1554 e il 1591, anno della sua morte, nel luogo in cui sorgevano una rocca e un antico insediamento. Per il Duca di Mantova, Sabbioneta era posta in posizione strategica e per tale motivo la munì di una formidabile cinta muraria. La cittadina divenne in poco tempo la capitale di un piccolo stato incastonato tra Ducato di Milano, Ducato di Mantova e Ducato di Parma e Piacenza e costituiva un crocevia obbligatorio per i traffici commerciali nel medio corso del Po. Divenuta residenza del principino Vespasiano Gonzaga Colonna, la cittadina fu edificata secondo i dettami umanistici della città ideale e accolse entro i propri confini straordinari monumenti quali il Palazzo Ducale, il Teatro all'Antica (progettato da Vincenzo Scamozzi e primo edificio teatrale dell'epoca moderna costruito appositamente per tale funzione), la Galleria degli Antichi, il Palazzo Giardino (riqualificato tra il 1582 e il 1587 da Bernardino Campi), le chiese dell'Assunta, Incoronata, del Carmine, la Sinagoga e lo storico quartiere ebraico, che accolse una comunità dedita alla stampa. La straordinaria fioritura architettonica toccò anche il territorio limitrofo e consegnò la chiesa di Sant'Antonio Abate alla frazione di Villa Pasquali (progettata da Ferdinando Galli da Bibbiena e costruita dal figlio Antonio Galli), il Santuario della Madonna delle Grazie a Vigoreto.
Il tutto fu costruito in poco più di trenta anni. E forse pochi più ne occorsero per disperdere lo straordinario patrimonio in seguito alle dispute ereditarie. Sabbioneta, dopo la morte di Vespasiano, iniziò un lento declino che la portò sotto la dominazione austriaca e napoleonica e alla perdita della rocca, delle mezzelune esterne al circuito murario, alla spoliazione della collezione antiquaria e all'incendio della Sala dei Cavalli di Palazzo Ducale. Un colpo durissimo allo stupendo scenario artistico della città, ma non abbastanza da decretarne l'oblio eterno.
Città d'acqua

Il lago di Mantova in autunno
Scelta come set di pellicole cinematografiche (Strategia del ragno di Bernardo Bertolucci, I Promessi Sposi e Marquise) Sabbioneta si presenta oggi come uno degli scrigni più belli del tessuto urbanistico italiano e mondiale cui fanno da contorno tre specchi d'acqua ricavati nell'ansa del fiume Mincio, capaci di dare all'area mantovana una connotazione “acquatica”. Anche per questa sua particolarità geografica, la città virgiliana ha stretto un gemellaggio con Madison (Michigan). I laghi di Mantova rappresentano un'ulteriore attrattiva per chi decide di visitare lo splendido sito protetto dall'UNESCO con crociere che permettono di vedere tutta la città dall'acqua. Fiori di loto, castagne d'acqua, ranuncoli d'acqua, ninfee bianche, salvinie tappezzano le superfici lacustri di splendidi colori mentre sulle sponde cresce il raro ibisco di palude, pianta autoctona della valle del Mincio: un'oasi naturale più unica che rara che si somma ai tesori artistici e urbanistici del sito patrimonio dell'umanità. E che conduce all'ultimo segmento di questo straordinario viaggio vissuto con i cinque sensi.
Mangiare in mantovano
La cucina mantovana affonda le proprie radici in alcuni piatti risalenti ai tempi dei Gonzaga , apprezzati fin dal Cinquecento fuori dal territorio. Quella mantovana è una cucina vincolata alla terra dalle tradizioni contadine, con varianti locali di uno stesso piatto.
Per chi decide di ristorarsi, dopo aver percorso le straordinarie direttrici delle due città tutelate dall'UNESCO, c'è davvero l'imbarazzo della scelta. A partire dagli antipasti. Salame mantovano, coppa, pancetta, gras pistà (lardo di maiale tritato al coltello e aglio), ciccioli (pezzi di carne e grasso di maiale cotti ed essiccati), chiscela (focaccia tipica salata), tirot (focaccia con cipolle, tipica della Bassa) trainano l'appetito verso un'altrettanta ampia scelta di minestre che sono le pietre miliari della cucina mantovana: agli agnolini (pasta all'uovo con ripieno di carne di manzo, salamella, pollo, pane grattugiato, grana padano, noce moscata), tagliatelline, quadretti e maltagliati, pasta trita (pasta all'uovo essiccata e tritata in grattugia in pezzi molto piccoli) panàda (composta da pane raffermo, olio e formaggio grana) e bevr'in vin (una minestra tradizionale preparata con vino rosso). E ancora tortelli di zucca, tortelli amari tipici di Castel Goffredo, bigoli con sardelle (conditi con sardine sotto sale e olio), gnocchi di zucca, capunsei, risotto alla pilota (condito con salamella di maiale) risotto con le rane, risotto con i saltaréi (condito con gamberetti di fiume fritti).
Stracotto o brasato, stracotto d'asino, bollito misto, cotechino e pisto accompagnati da polenta e lenticchie, luccio in salsa (pesce d'acqua dolce lessato accompagnato da una salsa a base di capperi, prezzemolo, acciughe sotto sale, aglio e cipolla), pesce gatto, faraona arrosto, e polenta rappresentano i secondi piatti caratteristici di Mantova e Sabbioneta, da accompagnare con i vini locali elogiati fin dall'epoca romana da personaggi come Virgilio. Tra tutti, il Garda e il Garda Colli Morenici, prodotti nell'areale appunto dei Colli morenici, e il Lambrusco Mantovano, prodotto nella pianura del Basso Mantovano, rappresentano i marchi DOC dell'offerta enologica locale e permettono di assaporare al meglio anche i dolci e la frutta caratteristici di questa terra.
A fine pasto, sbrisolona (torta friabile a base di mandorle), Elvezia, Bussolano, Anello di Monaco, chisol, zabaione e sugolo possono essere degustati con il nocino, liquore estratto dal mallo della noce. Mentre merita un'attenzione particolare la pera tipica mantovana IGP, già celebrata ai tempi dei Gonzaga tanto da essere immortalata attraverso i fregi a festoni di pere della Camera degli Sposi e del Palazzo Ducale di Sabbioneta.
Melone mantovano, riso Vialone Mantovano, burro, tartufo mantovano, cipolla di Sermide, miele, mostarda mantovana e il pane Ricciolino completano un'offerta gastronomica che permetterà di lasciare queste terre felici di aver saziato non solo la pancia, ma tutti i sensi.
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