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Inizia lo sciopero degli sceneggiatori e Hollywood si blocca

Gli autori televisivi e cinematografici si fermano per la prima volta in 15 anni

Giuseppe SacchibyGiuseppe Sacchi
Hollywood: gli sceneggiatori entrano in sciopero

A photo of the Hollywood sign- ANSA/EPA/ANDREW GOMBERT

Time: 3 mins read

“Le sceneggiature non crescono sugli alberi”, “E’ in gioco il futuro della scrittura”, “Niente pagine senza giusta retribuzione”: sono alcuni degli slogan degli 11.500 sceneggiatori americani in sciopero dopo sei settimane di trattative fallite tra la Writers Guild of America (WGA, il loro sindacato) e Netflix, Amazon, Apple, Disney, Discovery-Warner, Universal e Sony, rappresentati collettivamente dalla Alliance of Motion Picture and Television Producers (AMPTP). Si tratta del primo sciopero di questo tipo dal 2007, che durò 100 giorni con conseguenze disastrose sulla produzione.

Stavolta si fermeranno subito gli shows serali: “Jimmy Kimmel Live!” e “The Late Show With Stephen Colbert” inizieranno subito a mandare in onda repliche, mentre “Real Time With Bill Maher” e “Last Week Tonight With John Oliver” saranno sostituiti da altri programmi. Se poi lo sciopero dovesse continuare per mesi, come è successo 15 anni fa le conseguenze si farebbero sentire a lungo con il blocco di film e programmi televisivi già previsti per le prossime stagioni.

I picchetti sono iniziati a Los Angeles oggi davanti a 10 studios e domani inizieranno davanti alla sede Netflix a Manhattan.

La WGA, in un suo comunicato lamenta il tentativo degli studios di trasformare il lavoro degli sceneggiatori in una gig economy (un modello economico basato sul lavoro a chiamata in cui le aziende possono assumere autori freelance in affiancamento ai dipendenti a tempo pieno).

E prosegue affermando: “Il comitato negoziale della WGA ha iniziato questo processo con l’intento di stringere un accordo equo, ma il responso degli studios alle nostre proposte è stato nel complesso insufficiente….”

Gli sceneggiatori parlano di salari stagnanti, o addirittura in calo a causa dell’inflazione, mentre i loro datori di lavoro fanno profitti e aumentano gli stipendi dei dirigenti. Sostengono che il numero di persone che lavorano percependo il salario minimo stabilito dai sindacati non è mai stato così alto, mentre le stazioni televisive assumono meno persone per scrivere serie sempre più corte.

Che si tratti di una professione minacciata lo dicono i dati: se negli anni Ottanta il 95% delle sceneggiature erano firmate da autori del sindacato, adesso non si arriva neanche al 55% a causa della crescente tendenza dei produttori a ricorrere ad autori esterni oppure ad affidarsi ai popolari reality show.

Quali sono i punti al centro della vertenza? Uno dei principali disaccordi sta nel come calcolare i salari degli sceneggiatori per le serie in streaming, che, su piattaforme come Netflix, spesso rimangono visibili per anni dopo essere state scritte. Gli sceneggiatori da tempo percepiscono i cosiddetti “diritti residui” per il riutilizzo delle loro opere, tipo repliche televisive o vendite di DVD. Ma con lo streaming, gli autori ricevono un importo fisso ogni anno, anche se la loro opera è un successo globale, come le serie “Bridgerton” o “Stranger Things“, viste da centinaia di milioni di spettatori in tutto il mondo. La WGA chiede un aumento di questi importi, che attualmente sono “troppo bassi in considerazione del massiccio riutilizzo internazionale” di questi programmi.

L’AMPTP, in risposta, sottolinea che i “diritti residui” pagati agli sceneggiatori hanno raggiunto il livello record di 494 milioni di dollari nel 2021, rispetto ai 333 milioni di dollari del 2011, grazie soprattutto all’esplosione dei lavori di sceneggiatura legati all’aumento della domanda di streaming.

Dopo essere stati spendaccioni negli ultimi anni, mentre le emittenti rivali cercavano di aumentare il numero di abbonati a tutti i costi, i dirigenti affermano di essere ora sottoposti a forti pressioni da parte degli investitori per tagliare i costi e ottenere un profitto. E negano di aver usato le difficoltà economiche come motivo per rafforzare la loro posizione nelle trattative con gli sceneggiatori. “Pensate che Disney licenzierebbe 7000 persone per divertimento?”, ha dichiarato una fonte vicina all’AMPTP, secondo la quale l’unica piattaforma redditizia al momento è Netflix.

In più il boom dello streaming ha portato un aumento dei ritmi di produzione e un generale peggioramento delle condizioni lavorative. Secondo le indagini del sindacato, circa metà degli iscritti percepisce la paga minima e lo stipendio medio è sceso del 23%.

Si fa inoltre sempre più ricorso alle mini-room: gruppi di creativi assunti per scrivere una serie da 8-10 episodi in tempi brevissimi, senza sapere se sarà approvata né se saranno pagati per il proprio lavoro. Un approccio ben diverso rispetto al passato quando, dopo l’approvazione dell’episodio pilota, lo sceneggiatore veniva assunto per scrivere i restanti.

Sul tema della IA, la WGA chiede che venga regolato il suo uso in modo da non fargli “scrivere o riscrivere materiale letterario”, né nutrirlo di materiale scritto dagli sceneggiatori. L’AMPTP ha rigettato la proposta, proponendo a sua volta “incontri annuali per discutere avanzamenti nella tecnologia”.

Sarà uno sciopero duro che avrà un impatto su oltre 200 mila lavoratori dell’industria cinematografica, il cui valore annuale supera i 30 miliardi di dollari. E sugli spettatori che perderanno i loro show più amati.

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Giuseppe Sacchi

Giuseppe Sacchi

Sono marchigiano, ma non esattore delle tasse. Amo il cinema e le persone, perché le loro vite sono film di vario genere, dal comico al thriller. Ho vissuto a New York 16 anni lavorando per "America Oggi", "Paese Sera", riviste Moda e King. In Rai ho condotto per 7 anni il programma "La Notte dei Misteri" e poi il giornale radio notturno. L'età non è quella della carta di identità ma quella che volete darmi.

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