E’ stata una delle prime lettrici de La Voce di New York. Già dalla primavera del 2013 sempre puntuale e discreta nei suoi suggerimenti. Ha continuato a scrivere le sue valutazioni sugli articoli e sui commenti fino a poche settimane fa, ogni mattina. Ma una brutale malattia ha preso il sopravvento e ieri Francesca Agneta Tommasoli se n’è andata mentre Manhattan era in una stupenda giornata di primavera.
Solare come lei, colta, informata, schietta nei giudizi, sempre cordialissima e disponibile con tutte le persone con le quali è venuta in contatto per quasi due decenni come funzionaria amministrativa del Consolato Italiano di New York. Per lei la “pensione” era diventata un super lavoro, una full immersion di cultura, arte, dibattiti accademici, seminari e concerti organizzati dall’Italia o da qualsiasi altro paese delle Nazioni Unite. Molti la consideravano una piccola enciclopedia culturale costantemente aggiornata, una straordinaria conoscitrice di Manhattan e delle sue novità. Le piaceva comunicare e trasmettere quello che sapeva senza farlo pesare. Quando attraverso i suoi numerosi contatti riceveva inviti per concerti e eventi li condivideva con straordinaria generosità anche perché sia lei che il marito Massimo Tommasoli, osservatore permanente presso l’Onu di Idea, non potevano essere dappertutto.
Nata in Umbria, a Terni, nel 1941, aveva vissuto molti anni a Roma. Studiosa della storia e cultura della Lucania, aveva recentemente partecipato al comitato per le celebrazioni di Matera come capitale della cultura. Inoltre, prima di venire a New York come funzionaria del ministero degli esteri, aveva trascorso un lungo periodo in Africa con i progetti per la cooperazione internazionale, dove aveva conosciuto il futuro marito Massimo Tommasoli.

Francesca era una “ambasciatrice onoraria” della cultura della musica e dell’arte italiana a New York sempre pronta ad incoraggiare giovani talenti. Era innamorata di New York e della sua vitalità. L’ha sfruttata fino all’ultimo senza risparmio. E’ stato un modo e un esempio anche questo di mostrare coraggio e grinta contro un male incurabile, pur sapendo lucidamente che sarebbe stata sconfitta. Francesca e le sue osservazioni che ogni settimana ci inviava su La Voce di New York, ci mancheranno e ne faremo per sempre tesoro.